Continua lo studio dei comportamenti in seguito all’introduzione di etichette con i semafori nella caffetteria di un grande ospedale statunitense, il Massachusetts General Hospital (MGH) . I nuovi dati confermano che la giusta rappresentazione del valore nutrizionale degli alimenti, unita a un posizionamento intelligente dei cibi offerti, possa aiutare i clienti a compiere scelte più salutari e, nel tempo, ad acquisire abitudini virtuose.
La storia dell’MGH inizia nel 2010, quando i nutrizionisti dello stesso ospedale, guidati da Lillian Sonnenberg, del dipartimento Nutrition and Food Service dello stesso ospedale, introducono il progetto semafori. A ogni alimento viene attributo un colore: verde per quelli più sani quali le verdure, la frutta e le fonti magre di proteine, giallo per quelli da guardare con una certa diffidenza e consumare in maniera sporadica e rosso quelli che, potendo, sarebbe meglio evitare. Qualche settimana prima, intanto, era iniziata la registrazione sistematica degli acquisti del personale e dei clienti attraverso gli scontrini abbinata a una serie di interviste volte a verificare i cambiamenti di scelta.
La seconda fase dell’esperimento, avviata tre mesi dopo è stata incentrata sulle bevande, i panini confezionati e le patatine fritte, tutti riposizionati in modo da essere meno visibili e lasciare spazio a bibite edulcorate con dolcificanti a basso contenuto calorico e latte scremato. Queste ultime erano state messe all’altezza degli occhi, mentre le bevande dolci erano state spostate nei piani inferiori degli scaffali.
In seguito è stata fatta il monitoraggio dei consumi.
Nel marzo del 2012 i ricercatori hanno riportato sull’American Journal of Public Health i risultati dei primi sei mesi: il consumo di alimenti contrassegnati con un semaforo verde era notevolmente aumentato rispetto a prima e a scapito di quelli marchiati in rosso, e la tendenza era stata molto pronunciata anche per le bevande.
Nel settembre dello stesso anno un altro studio, questa volta pubblicato sull’American Journal of Preventive Medicine e incentrato sui soli dipendenti dell’ospedale, aveva messo in luce che la tendenza al miglioramento era presente in tutte le fasce sociali e in tutti i gruppi etnici, senza distinzioni.
Un anno dopo, un ulteriore approfondimento, attuato per verificare il livello di consapevolezza dei clienti, aveva fatto emergere l’efficacia degli interventi messi in atto. Come riferito su Preventive Medicine, infatti, e riportato su Il Fatto Alimentare, l’introduzione dei semafori e il riposizionamento delle merci offerte aveva fatto aumentare in maniera sostanziale il livello di attenzione di coloro che dovevano scegliere che cosa mangiare.
Una delle puntate più importanti di questa indagine è uscita sull’American Journal of Preventive Medicine: a due anni dall’inizio, confermano che le nuove abitudini sono state acquisiste grazie ai semafori. Per tutti i clienti, e in maniera stabile nel tempo, il consumo di alimenti con semaforo verde è aumentato del 12% rispetto a prima, mentre quello dei cibi “rossi” è diminuito del 20%; per le bibite è andata anche meglio: meno 39% per le rosse, più 10% per le verdi.
«Questi risultati – ha commentato una delle autrici, Anne Thorndike, docente ad Harvard di medicina preventiva – sono tra i più importanti ottenuti finora, poiché dimostrano che gli effetti di un’intelligente promozione di comportamenti salutari persiste nel tempo, senza traccia di “stanchezza da etichetta”. Il prossimo passaggio sarà quello di trovare metodi ancora più efficaci per aiutare i consumatori a fare scelte più razionali e, parallelamente, quello di promuovere l’adozione dei semafori e del corretto posizionamento di cibi e bevande in altri luoghi di lavoro».
Agnese Codignola
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Giornalista scientifica