Tutti i segreti del gelato artigianale: a fianco dei veri maestri, ci sono le buone gelaterie, le catene con decine di punti vendita e chi usa troppi semilavorati
Tutti i segreti del gelato artigianale: a fianco dei veri maestri, ci sono le buone gelaterie, le catene con decine di punti vendita e chi usa troppi semilavorati
Roberto La Pira 25 Luglio 2013In Italia non esiste una normativa sul gelato artigianale. Forse per questo negli ultimi anni l’immagine della produzione nazionale è stata affidata alla catena di negozi Grom, un’azienda che produce gelato industriale impiegando ingredienti artigianali, con risultati buoni ma non eccellenti.
La vicenda non è una contraddizione, visto che la definizione stabilita dalle associazioni di categoria, in riferimento al gelato, parla di “preparazione alimentare ottenuta con miscele di ingredienti, portate allo stato cremoso-pastoso pronto per il consumo, mediante congelamento rapido e contemporanea agitazione per incorporare una quantità di aria variabile dal 25 al 30%”.
Una situazione troppo vaga e per molti aspetti paradossale che non piace ai veri gelatieri alla ricerca di una certificazione e di regole precise per valorizzare la loro professionalità. Il laboratorio deve essere all’interno nel punto vendita e il gelato va preparato e consumato in giornata (nell’arco delle 24 ore). Un altro elemento importante riguarda l’uso di ingredienti che devono essere preferibilmente freschi (soprattutto la frutta). È anche possibile acquistare la frutta, prepararla e conservarla in freezer a -18°C e utilizzarla quando serve.
La realtà però non è così lineare e la figura dell’artigiano è molto diversificata. A fronte di un ristrettissimo numero di gelaterie che prepara tutto in casa, la maggior parte usa una base composta da addensanti ed emulsionanti. A questo punto c’è chi integra con frutta fresca e pasta di nocciole o di pistacchi di alta qualità e chi decide di scegliere prodotti meno pregiati. In coda troviamo un terzo gruppo abituato a impiegare semilavorati pronti, in cui basta aggiungere l’acqua e mantecare. Vediamo meglio la situazione.
I veri artigiani
In Italia esistono ancora pochissime gelaterie che preparano tutto all’interno del laboratorio. La scelta di non utilizzare addensanti, emulsionatati e aromi, e di preparare gli ingredienti da soli come si faceva una volta, è appassionante ma richiede molte conoscenze.
L’industriale che propone il gelato artigianale
Nel mondo del gelato artigianale esiste l’anomalia Grom, la famosa catena di gelaterie italiana presente in decine di città, con diramazioni a New York, Parigi e Tokio. Il centro di produzione a Mappano di Caselle (TO) prepara una miscela che viene distribuita ai punti vendita per essere mantecata e successivamente trasferita nelle vaschette del bancone. La scelta di non usare emulsionanti penalizza il prodotto che risulta meno soffice, ha meno aria e risulta difficile da spatolare sulla cialda.
I nuovi artigiani
La stragrande maggioranza delle piccole gelaterie utilizza un preparato chiamato “neutro” in quantità ridotta (3g per kg di gelato). Si tratta di addensanti (farine di semi di carrube, di guar, di tara, pectine, idrocolloidi…) e di emulsionanti come i mono e digliceridi degli acidi grassi alimentari, presenti anche nelle merendine e nei prodotti da forno. Il “neutro” è necessario per amalgamare la miscela e la materia grassa e conferire al prodotto la consistenza tipica. Puntare il dito contro questa miscela come fanno alcuni è sbagliato, perchè si tratta di ingredienti del tutto simili a quelli impiegati dagli artigiani “autentici”.
Il lavoro in gelateria consiste nell’aggiungere al “neutro” gli altri ingredienti. Non si tratta di un’operazione banale, perché è da questa scelta che scaturisce il gusto, la tipicità del cono e la bravura dell’artigiano. C’è chi utilizza latte fresco di alta qualità e chi latte parzialmente scremato Uht, chi aggiunge cioccolato pregiato e chi preferisce quello che costa la metà, chi impiega panna fresca e chi panna Uht, chi aggiunge caffè arabica e chi un robusta mediocre, chi seleziona pasta di pistacchi siciliani di Bronte e chi pasta di pistacchi turchi, chi sceglie pasta di nocciole piemontesi e chi quella di altri Paesi che costa la metà. Per gusti come cioccolato, vaniglia, torroncino… si possono usare le materie prime oppure scegliere i preparati in pasta proposti dalle aziende. Ci sono poi i maestri gelatieri che inventano gusti nuovi.
Per i sorbetti alla frutta, il “neutro” serve ad amalgamare gli ingredienti e il lavoro dell’artigiano consiste nell’aggiungere la frutta. Anche in questo caso l’operazione non è banale, bisogna valutare il grado di maturazione, scegliere se usare prodotti Dop, Igp o proveniente da agricoltura biologica. Molti preferiscono frutta surgelata già pronta, oppure puree simili alla marmellata da abbinare agli aromi per rafforzare il sapore.
Inutile sottolineare che anche in questo caso la frutta, le puree e gli aromi non sono uguali e il segreto del cono è proprio nella scelta degli ingredienti che risulta determinante sulla qualità del sorbetto e sui costi di produzione.
I nuovi artigiani con la “base” industriale
Ma il gelato si fa anche in un altro modo. Ci sono preparati chiamati “base” che contengono oltre ad addensanti ed emulsionanti, proteine, zucchero, latte in polvere e aromi. Con questi preparati si ottiene il fiordilatte a cui si aggiunge la pasta di cioccolato, nocciola, pistacchio… per ottenere i gusti alla crema, o le puree per i gusti frutta. I semilavorati sono suddivisi in tre categorie: a basso, medio o ad alto dosaggio e permettono, in funzione del dosaggio, di accelerare i tempi di lavorazione.
Le varianti a basso e medio dosaggio rappresentano una soluzione intermedia, dove l’artigiano interviene nella ricetta aggiungendo una parte di ingredienti più o meno importanti come: il cioccolato, la pasta di nocciole, la frutta congelata… Il risparmio di tempo è evidente perché non bisogna dosare gli ingredienti e il risultato è garantito anche se il sapore finale non è certo personalizzato.
I finti artigiani
Chi usa i semilavorati ad alto dosaggio riduce al minimo il lavoro perché basta aggiungere al prodotto l’acqua, trasferire nel mantecatore la miscela e ottenere un gelato pronto da esporre in vetrina. L’esito è assicurato, probabilmente i colori sono anche vivaci ma il cono non supera la prova del palato. Per gli artigiani i preparati industriali nella forma più semplice (emulsionanti e addensanti) sono un aiuto che non inficia la qualità del prodotto. Diverso è quando si usano preparati quasi completi che permettono di dare la patente di artigiano anche a persone che non hanno mai fatto questo mestiere.
Dopo avere inquadrato e suddiviso i vari gruppi di gelaterie presenti nel territorio, resta comunque il problema di capire a quale categoria appartiene la nostra gelateria di fiducia. La risposta non è facile, si può leggere la lista degli ingredienti, ma non basta. L’unico test si fa assaggiando un cono.
Roberto La Pira
Ingredienti | Integrazione |
|
Veri artigiani | Sono pochissimi: tutti gli ingredienti sono preparati in casa, non si usano aromi ed emulsionanti. Si impiega: frutta fresca, materie prime locali, prodotti Dop, IGP, filiera equo-solidale… | |
Grom, catena industriale che produce gelato “come quello di una volta “. Dice di non usare “additivi chimici” ma non è vero |
La miscela è preparata in un unico centro di produzione dove viene congelata. Non contiene aromi ed emulsionanti; alcune delle materie prime bio e Dop.La miscela contiene questi additivi: farina di semi di carrube, pectina e acido citrico | Nei punti vendita Grom arrriva la miscela congelata che viene scongelata e trasferita nel mantecatore e poi nelle vaschette |
Artigiani che usano il “neutro” (3g per kg di miscela) |
Miscela di addensanti ed emulsionanti (farina di semi di carrube, di guar, di tara, pectine, mono e digliceridi…) | Aggiunge tutti gli ingredienti: zucchero, latte, cioccolato, panna, caffè, nocciole, pistacchi, frutta fresca o congelata. Si usano anche puree e pasta di cioccolato, nocciola, pistacchio… |
Artigiani che usano la “base” | Miscela di addensanti, stabilizzanti arricchita con proteine, zucchero, latte in polvere, aromi… | Esistono tre livelli dosaggio: basso, medio o alto. A seconda del livello l’artigiano deve aggiungere gli ingredienti mancanti che possono essere prodotti freschi oppure semilavorati, concentrati di pasta di nocciole, pistacchi… o puree di frutta |
Artigiani che usano semilavorati completi |
Semilavorato che contiene tutti gli ingredienti ed è pronto da diluire | Basta aggiungere latte o acqua e mettere nel mantecatore |
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
“Il lavoro in gelateria consiste nell’aggiungere al ‘neutro’ gli altri ingredienti.”
Diciamo che questa frase non vi è venuta molto bene, eh. Tra l’altro, i migliori gelatieri lavorano senza neutro, tutt’oggi.
Da quanto emerge dalla tabella riassuntiva oltre ai POCHI, VERI ARTIGIANI, si salva solo Grom. Inutile demonizzarlo, produrrà su scala industriale ma lo fa senza addensanti ed emulsionanti, il suo gelato è più naturale di coloro che si identificano in “artigiani” ed usano il “neutro” o le “basi”.
scusate ma perchè una volta tanto non mettete quali sono le vere gelaterie artigianali? ne parlate ne parlate ma alla fine non si sa chi siano. io non amo la grom anche perchè le poche volte che ho mangiato il loro gelato ho avuto difficoltà di digestione tanto era pesante. però vi sento nominare spesso loro ma mai le vere gelaterie artigianali, fatevi un giro per l’italia e vediamo se le trovate.
A Milano consiglio “La Bottega del Gelato” in via Pergolesi, quasi all’angolo con Buenos Aires. Per il momento, è l’unico posto dove il fiordilatte sa di fiordilatte e la crema sa di crema.
Dalla frequenza dei vostri articoli riferiti a Grom, è evidente che non apprezzate il suo lavoro. Emergono sempre i fattori negativi sui positivi.
l’informazione è fondamentale per i consumatori, ma portare gli stessi a fare delle scelte, è discutibile.
Rimane il fatto che ci permettete di riflettere e vi ringrazio.
Incomprensibile il polverone sollevato intorno a Grom, ma aggiungo le mie perplessità sul tema gelaterie al polverone.
E’ corretto definire gelatiere artigianale colui che diluisce con acqua e/o latte una miscela preparata da un’industria alimentare?
Come si può paragonare chi si limita a diluire una miscela pronta, a chi usa una piccola percentuale di ingredienti stabilizzanti nella propria ricetta di propri ingredienti?
Come non si può distinguere chi usa solo ingredienti di origine naturale, a quelli che non badano a nulla pur di realizzare una schiuma da barba perfetta, anche se poco commestibile?
Infine che c’entra Grom con il gelato artigianale, anche se è preferibile a tutte le altre catene industriali per la scelta naturale degli ingredienti?
Quando si fanno paragoni bisogna confrontare elementi coerenti tra loro, altrimenti è solo polvere negli occhi e confusione di massa.
Fosse così facile.
Iniziamo da Grom: il processo produttivo che ha adottato è il medesimo delle gelaterie artigianali, ma è “spezzato” in due. Mentre nel laboratorio di gelateria gli ingredienti (poi vedremo quali) vengono miscelati e mantecati in successione, Grom prepara centralmente le miscele, le surgela e le invia nei punti vendita, dove vengono riportate a temperature positive (scongelate) e mantecate (trasformate in una schiuma gelata). Il gelato industriale ha un processo produttivo del tutto diverso, che tra l’altro prevede l’insufflazione dell’aria nella miscela invece della sua mantecazione (in questo modo, tra l’altro, la quantità di aria immessa è superiore).
Veniamo agli ingredienti: a parte il fatto che anche il latte fresco è oggi il risultato di un processo “industriale”, è quasi impossibile porre una linea di demarcazione netta tra ingredienti “naturali” e “industriali”. Nel senso che alcuni additivi (emulsionanti, stabilizzanti, addensanti) sono di origine naturale ma lavorati industrialmente, come l’alginato di sodio. Forse si potrebbe pensare di considerare “naturale” solo ciò che è stato sottoposto a trasformazioni fisiche (es. macinazione) e non fisiche, ma ho qualche dubbio.
Sarei invece favorevolissimo ad un’applicazione più rigida dell’obbligo del cartello ingredienti (assicurandone la visibilità e la chiarezza), magari obbligando i gelatieri ad indicare analiticamente gli ingredienti di ciascun gusto (anche se è la normativa europea a consentire il cartello “unico”).
Grom è stato un capolavoro di marketing, nulla da eccepire sugli ingredienti ma il gusto finale non è dei migliori , buono ma non ottimo. Questo si può affermare per qualsiasi catena nata negli ultimi anni (venchi, amorino, pretto) dove viene riprodotto lo stesso sapore in tutti i punti vendita; e d’altronde non si può pretendere che la ricetta venga data ai dipendenti altrimenti questi la copierebbero e si metterebbero in proprio. Fa eccezione la romana perché è un franchising dove il proprietario ha la ricetta e gli ingredienti della catena ma può apportare delle varianti , infatti il sapore è diverso da punto vendita a punto vendita. Per quanto riguarda l’artigianale mi fanno ridere gli italiani che ti domandano “‘ma lo fate voi?” Come se farlo in laboratorio fosse una garanzia di bontà e qualità. Forse le pizzerie sono tutte buone ? Più della metà fa schifo eppure l’ impasto lo fanno in loco…
Cosa pensate dei semilavorati per gelaterie artigianali prodotti dall’industria MEC3 di Rimini?
Sono dei semilavorati come tutti quelli delle altre aziende che li producono. Fanno “guadagnare” tempo all’ “artigiano” ma diminuiscono la qualità del prodotto finale.
Se la domanda è riferita alla qualità, tutto é dato dagli aromi contenuti nel semilavorato stesso
Non per dire che ci siano aromi di qualità, ma solamente per dire che il sapore/gusto lo fanno gli aromi
Mi lascia un po’ basita la commistione tra artigianalità della produzione e l’origine delle materie prime. Già stride nella lunga serie degli “e chi…” che si ripresenti sulle materie prime la solita arbitraria – peraltro stigmatizzata in altri vs. articoli – distinzione “italia ottimo, resto del mondo mediocre”; ma fatto salvo questo, francamente non vedo alcuna correlazione tra preparare tutto in casa e utilizzare un cioccolato equosolidale, o anche IGP. Anzi, in genere è più marketing che altro: vorrei davvero vedere al doppio cieco qualcuno distinguere al pari del resto se la pesca era un cultivar già nel disciplinare IGP piuttosto che una più gustosa evoluzione non ancora contemplata.
Quello che conta è la qualità del prodotto finito, e il buon artigiano si distingue dal sapere scegliere le materie prime appropriate: da dove queste provengano, e quali bollini abbiano, è sua scelta e parte della sua arte, su cui non v’è ragione di entrare se di gusto si parla. Se invece le valutazioni son altre – autarchia, sostenibilità, ecc… – il discorso cambia, ma non staremmo più parlando di qualità né tantomeno di tipologia di produzione.
Vi sono alcuni punti, trattati nell’articolo di Roberto La Pira, che vanno chiariti e che dovrebbero essere oggetto di un più ampio dibattito:
Dal titolo dell’articolo “… i veri maestri…” chi sono ?, ovvero quali sono i criteri per cui uno si può fregiare del titolo di maestro piuttosto che di “bravo, mediocre o pessimo allievo” ?
Il “vero maestro” scompare all’interno della discussione ed appare il “vero artigiano” che, secondo la definizione data sarebbe la gelateria che “… prepara tutto all’interno del laboratorio”
Poi compare “l’industriale che propone il gelato artigianale” e qui stranamente compare solo GROM (???) laddove vi sono centinaia di aziende in Italia che sono o “industriali che propongono il gelato artigianale” o “artigiani che propongono il gelato artigianale” (a seconda del numero di addetti).
Una visitina alla pagina internet di GROM rivela alcune particolarità interessanti fa cui il “claim”: nessun utilizzo di coloranti o additivi chimici … che sa più di marketing che di sostanza.
Infatti una breve occhiata sia al D. Lgs. 109/92 e/o a regolamento 1169/2011 immediatamente rivela che gli “additivi chimici” così come i”coloranti naturali” sono una INVENZIONE da marketing e pure scorretta, o quantomeno fuorviante per il consumatore. Vi sono solo delle categorie:…coloranti, addensanti, emulsionanti, acidi, correttori di acidità, etc… e “verbatim”:
“…gli ingredienti, che appartengono ad una delle categorie elencate nell’allegato II devono
essere designati con il nome della loro categoria seguito dal loro nome specifico o dal
relativo numero CEE….”
Quindi non è lecito inserire in etichetta COLORANTI NATURALI o ADDITIVI NON CHIMICI e/o ADDITIVI CHIMICI, e qui compare tutto il bizantinismo della specie “homo sapiens italicus” dato che nella pagina di GROM, sezione INGREDIENTI compaiono “correttamente” alla voce ADDENSANTI farina di semi di carruba e pectina.
Questa è una maniera del tutto lecita di presentare gli INGREDIENTI ADDITIVI, ma cosa sarebbe stato se il povero consumatore avesse trovato ADDENSANTI: E 410 ed E 440. Orrore! La chimica pervade tutti i nostri prodotti NATURALI.
Segue il capolavoro della risposta data da Guido Martinetti al Fatto Alimentare:
“Poiché ritengo di essere una persona onesta e precisa, stamane provvederò a porre un’interrogazione presso il Ministero della Salute per verificare immediatamente se la distinzione che facciamo tra additivi naturali ed additivi chimici è corretta: così non fosse, sarà mia premura precisare che non utilizziamo “emulsionanti” al posto che “additivi chimici”, come scritto in alcuni dei nostri negozi e da lei fotografato.”
Non si tratta di onestà ne di precisione (forse sarebbe più appropriato usare accuratezza), che non è in dubbio, ma piuttosto di competenza professionale, fra cui rientra anche la normativa in vigore (vedi quanto ho rilevato in precedenza) bastava dare una rapida occhiata ai due provvedimenti citati prima di uscire con la trovata degli additivi chimici senza scomodare il Ministero della Salute.
Mi viene un dubbio…ma questi sanno di che cosa stanno parlando oppure no? Eppure, una azienda come GROM dovrebbe essere dotata di professionisti in grado di aggiungere una parola di “caveat”. GROM non è tuttavia l’unica, nel nostro paese vi sono tantissime aziende che scrivono delle cose in etichetta e non sanno di che cosa parlano (vedi: glucosio al posto di sciroppo di glucosio disidratato, convinti che il glucosio non sia sinonimo di destrosio!).
Proseguendo, appare la categoria: NUOVO ARTIGIANO
Se si procede con la lettura del testo ad un certo punto appare il criterio con cui un artigiano (del gelato) “è/non è” autentico:
[…Puntare il dito contro questa miscela (si parla del neutro) come fanno alcuni è sbagliato, perché si tratta di ingredienti del tutto simili a quelli impiegati dagli artigiani “autentici”….]
Si giunge infine alla definizione di FINTO ARTIGIANO:
[…Chi usa i semilavorati ad alto dosaggio riduce al minimo il lavoro perché basta aggiungere al prodotto l’acqua, trasferire nel mantecatore la miscela e ottenere un gelato pronto da esporre in vetrina…]
A parte il fatto che la stragrande maggioranza di chi usa semilavorati o basi tende ad usarle a basso dosaggio per una mera questione di costi, la differenza fra un neutro e una base è principalmente (non unicamente) dovuta al fatto che la base contiene zuccheri, proteine e/o carboidrati funzionali (sciroppi di glucosio e/o maltodestrine).
Qui, sembra che i colpevoli siano gli aromi ed i coloranti. Questi “criminali” sono responsabili della “denaturazione” del prodotto?
In definitiva: chi è il MAESTRO?
Beh, gli aromi per quel che mi riguarda, se sono presenti in un alimento non sono buona cosa e neppure i coloranti, quelli chimici in primis, ahem… “di natura sintetica” in primis.