Gli scarti della frutta, e in particolar modo quelli dei mirtilli e dei cachi, possono essere riutilizzati per realizzare una polvere ricca di antiossidanti e altre sostanze che, aggiunta agli alimenti, esercita un effetto benefico sul microbiota intestinale. L’idea di dare una seconda vita ai sottoprodotti delle lavorazioni alimentari più pregiate, come le bucce e le parti non direttamente commestibili, non è nuova, ma i ricercatori dell’Università Politecnica di Valencia e dell’Università di Valencia, in Spagna, autori di uno studio pubblicato sul Journal of Agricultural and Food Chemistry, hanno effettuato un passo ulteriore, rispetto a ricerche simili condotte negli ultimi anni.
Gli scienziati, infatti, hanno sottoposto gli scarti della lavorazione dei cachi e dei mirtilli, noti per avere concentrazioni di polifenoli e carotenoidi particolarmente elevate, a diversi tipi di processi come la disidratazione, e dimostrato che a ogni cambiamento delle condizioni di reazione e del materiale di partenza corrispondono quantità diverse di antiossidanti; per il risultato finale contano il tipo di polvere che si vuole ottenere, il metodo di lavorazione, il contenuto e il tipo di fibre, che può variare molto (per esempio se si lavorano le parti legnose o le infiorescenze).
I ricercatori spagnoli, poi, hanno controllato in vitro l’effetto delle loro polveri sul microbiota intestinale, aggiungendole a campioni di batteri, lasciando che avvenissero le normali fermentazioni e sequenziando il genoma delle specie presenti prima e dopo. Almeno in vitro, la miscela di polifenoli e carotenoidi si è mostrata capace di modificare le concentrazioni di diverse specie, con un incremento di quelle considerate positive e una diminuzione delle altre.
Le bucce e le altre parti scartate dei frutti, concludono gli autori, possono rappresentare una valida materia prima per produrre elementi preziosi, da utilizzare anche nei paesi dove il loro apporto è insufficiente.
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Giornalista scientifica
Bucce del caki, che è ha una pellicola sottile quanto quella del pomodoro, ma che, soprattutto, a differenza di quest’ultimo viene consumato crudo e non viene praticamente usato in alcun prodotto trasformato?
O magari sbaglio, ed esistono prodotti derivati dal caki, quali composte, succhi, marmellate?
Diverso discorso per il mirtillo, che viene usato per succhi e marmellate e quindi ha senso che di questo residuino bucce riutilizzabili in quantitativi significativi tra gli scarti di lavorazione.
Buona giornata Sig. Mario. Concordo con la sua considerazione. Il frutto di alcune di alcune varietà di cachi è utilizzato in Giappone per la preparazione di bevande con basso grado alcolico, ed in Corea per la produzione di “vino” di cachi, ma suppongo che, in entrambi i casi, questo uso sia marginale in riferimento alla produzione totale delle due nazioni e quindi con quantità irrilevanti di residui di lavorazione riutilizzabili.