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Che differenza c’è tra salsiccia e salsiccia fresca? Come spiega il CeIRSA – Centro interdipartimentale per la ricerca sulla sicurezza alimentare della Regione Piemonte – la confusione nasce dall’utilizzo del termine “salsiccia fresca” per indicare, appunto, la freschezza del prodotto venduto sfuso o confezionato per distinguerla dalle salsicce stagionate, riferendosi solo al suo aspetto. In realtà, contrariamente a quanto si possa pensare, si tratta di due prodotti diversi dalle caratteristiche tecnologiche ben regolamentate.
La “salsiccia fresca”, prodotto tipico di alcuni territori italiani in cui vi è l’abitudine di consumarla cruda, è una preparazione di carne in cui è vietata l’aggiunta di coloranti e conservanti, ma solamente di antiossidanti. Per queste ragioni, ha tipicamente una conservabilità di pochi giorni (48-72 ore), anche se grazie alla conservazione in confezioni con atmosfera modificata e in frigorifero può raggiungere i 15 giorni.
Invece, la “salsiccia” è un prodotto trasformato a base di carne, con un valore di acqua libera (aw) inferiore a 0,97 e che può contenere antiossidanti, coloranti e conservanti. Si tratta dello stesso prodotto che viene sottoposto alla stagionatura, ma venduto subito dopo la preparazione. In atmosfera modificata, la salsiccia può essere conservata fino a 30 giorni.
Come può, quindi, un consumatore distinguere una “salsiccia fresca” da una semplice “salsiccia”? L’aspetto è pressoché identico, quindi è necessario leggere l’etichetta per accertarsi dell’assenza di coloranti e conservanti. Inoltre, le salsicce fresche prodotte con ingredienti di buona qualità hanno generalmente un prezzo maggiore. Infine, una salsiccia fresca assume al momento della cottura un colore grigiastro: pur allarmando molti consumatori, questa è un’ulteriore prova dell’assenza di coloranti e conservanti, che invece consentono alle salsicce di mantenere il colore rosa anche dopo la cottura.
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Se l’acido acetico è un antiossidante la luna è quadrata.