Secondo un recente studio della Queen Mary University di Londra, basterebbe diminuire anche solo di un grammo l’assunzione giornaliera di sale per ridurre i rischi cardiovascolari. La ricerca è stata realizzata in Cina, dove il consumo giornaliero pro-capite di sale è il più alto del mondo e arriva a 11 grammi. I risultati sono stati presentati lo scorso agosto, in occasione del congresso dell’European Society of Cardiology (Esc). Anche l’Europa vanta una tradizione culinaria in cui il sale rappresenta un ingrediente essenziale. Il nostro continente è anche una delle aree del mondo in cui le patologie cardiovascolari rappresentano la prima causa di decesso e l’eccesso di sodio nella dieta è un fattore di rischio rispetto al quale gli esperti mettono in guardia da tempo.
La situazione è preoccupante anche in Italia. “Nel nostro Paese – spiega Giuliano Tocci, cardiologo presso il Centro ipertensione dell’azienda ospedaliero-universitaria Sant’Andrea di Roma e docente di Cardiologia presso il dipartimento di Medicina clinica molecolare, dell’Università la Sapienza – si stima che il consumo medio giornaliero di sale sia addirittura doppio rispetto alla quantità raccomandata dalle linee guida per la prevenzione del rischio cardiovascolare. In media assumiamo dai 7,2 grammi (per le donne) ai 9,5 grammi (per gli uomini), a fronte dei 5 grammi consigliati (pari a circa un cucchiaino)”.
Utile per il corretto svolgimento di molte funzioni biologiche (dalla trasmissione degli impulsi nervosi responsabili della contrazione muscolare, alla regolazione degli elettroliti, della pressione arteriosa e del passaggio di fluidi e nutrienti attraverso le membrane cellulari), il sodio è un metallo presente in una gran quantità di alimenti, soprattutto in quelli trasformati. L’organismo però ne ha bisogno solo in piccole quantità, molto inferiori rispetto alle dosi attualmente assunte nelle società sviluppate, dove negli anni si è affermato un crescente consumo di alimenti processati industrialmente, trasformati artigianalmente, conservati o precotti. “Il risultato di questo eccesso – prosegue l’esperto – è una maggiore incidenza di ipertensione, aterosclerosi, infarto e scompenso cardiaco”.
I risultati della ricerca inglese rivelano però che basterebbe anche solo una piccola riduzione nell’apporto quotidiano di sale per ottenere i primi benefici sulla salute cardiovascolare. Gli studiosi hanno infatti dimostrato che a ogni grammo di sale in meno corrisponde una riduzione media della pressione arteriosa sistolica di circa 1,2 mmHg. In Cina, dove si è svolto lo studio, mantenere fino al 2030 la riduzione di un grammo al giorno consentirebbe evitare circa 9 milioni di infarti e ictus e 4 milioni di morti collegati. Proseguire fino al 2040 farebbe aumentare a 13-17 milioni il numero delle diagnosi scongiurate e a 8 milioni le morti evitate. Anche in Italia, dove si verificano 150 mila infarti all’anno e avvengono 600 mila diagnosi di scompenso cardiaco, a cui si aggiungono altri 240 mila casi latenti, una riduzione dei consumi di sale porterebbe certamente importanti vantaggi. “Nel nostro Paese – continua Tocci – le patologie cardiovascolari sono oggi la prima causa di ospedalizzazione e la principale causa di morte, con 240 mila decessi ogni anno. Questi ultimi, almeno nel 50% dei casi, riguardano le complicanze, a distanza di 4-5 anni, di eventi come infarti e ictus”.
Alla luce dei risultati emersi dal nuovo studio, il messaggio su cui insistono gli esperti è chiaro: per riuscire a moderare l’assunzione quotidiana di sodio non serve stravolgere le abitudini a tavola, ma basta seguire alcune semplici raccomandazioni degli specialisti. La prima cosa è evitare l’aggiunta di sale nei piatti, sostituendolo con spezie ed erbe aromatiche, poi bisogna ridurre il consumo di alimenti conservati privilegiando quelli freschi e controllare le etichette dei prodotti confezionati per verificare il contenuto di sale ‘nascosto’. Qualora si raggiungesse l’obiettivo dell’Organizzazione mondiale della sanità di abbassare il consumo di sale di 3,2 grammi al giorno entro il 2025, si potrebbero prevenire circa 14 milioni di casi di ictus e di malattie cardiache in tutto il mondo.
Le donne in particolare dovrebbero fare attenzione al consumo giornaliero di sodio, perché sono più soggette agli effetti invalidanti o persino letali dell’ipertensione. Secondo Tocci: “Le ragioni di questa suscettibilità femminile, sono stress, stile di vita, disfunzioni ormonali legate alla menopausa, ma anche all’abuso di contraccettivi, al fumo o ad altre condizioni indipendenti dal fisiologico invecchiamento dell’organismo”. Anche in questo caso, una dieta iposodica, insieme alla correzione delle cattive abitudini nello stile di vita, è fondamentale per mantenere i valori di pressione al di sotto dei 140/90 mmHg (o, meglio ancora, entro il range ideale 120/80 mmHg) ed evitare gli ancora più pericolosi ‘picchi’ ipertensivi improvvisi, che possono danneggiare o persino rompere i vasi sanguigni.
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Certo, questi numeri se corretti sono rilevanti.
Ma a me sembra che, riducendo di 1g. il sale, che corrisponde a una “riduzione media della pressione arteriosa sistolica di circa 1,2 mmHg” si passa da 140/90 mmHg a 138,8/90 mmHg. E non mi sembra un guadagno significativo …