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Nel reparto ortofrutta dei supermercati si utilizzano sacchetti e guanti di plastica non biodegradabili

È passato molto tempo, ma alla fine la grande distribuzione si è adattata e, come stabilito per legge, ha sostituito le vecchie buste di plastica per la spesa con i nuovi shopper biodegradabili e compostabili che possono anche essere usati per la raccolta differenziata dell’umido. Nel reparto ortofrutta, però, la rivoluzione non c’è stata e i sacchetti sono ancora tutti di plastica, per quanto molto sottile e generalmente riciclata.

Come se non bastasse, nello stesso reparto, si continuano a usare guanti in plastica monouso per prelevare frutta e verdura. La prassi viene giustificata come necessaria dal punto di vista igienico, ma in realtà non c’è alcun obbligo normativo nazionale in proposito, tanto che nei mercati rionali i guanti non si usano, come del resto in altri paesi europei. Ma perché non utilizzare anche per frutta e verdura mini shopper biodegradabili e compostabili? O addirittura abbandonare l’usa e getta, passando a piccole sporte riutilizzabili?

 

In effetti qualcuno lo fa. Da anni i supermercati del gruppo EcorNaturaSì, che comprendono i marchi Cuorebio e NaturaSì, propongono anche al reparto ortofrutta buste di carta e shopper in Mater-Bi o in Biocartene, derivati rispettivamente dall’amido di mais e dall’amido di patata. Si tratta però di catene specializzate in prodotti biologici, che fanno dell’attenzione all’ambiente il loro tratto distintivo, e per questo costituiscono al momento un’eccezione nel panorama della grande distribuzione.

Alcuni si stanno ponendo il problema: Coop ha avviato in alcuni punti vendita una sperimentazione con sacchetti ortofrutta in materiale compostabile affiancati a quelli tradizionali. L’obiettivo è valutare l’atteggiamento del consumatore di fronte al nuovo shopper. I primi risultati dei test sono attesi tra un paio di mesi. In generale, però, la grande distribuzione rimane fedele alla plastica.

 

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Secondo dati riferiti da Simply ogni anno un piccolo supermercato distribuisce mediamente 220.000 buste di plastica per ortaggi e frutta

In base a quanto hanno raccontato a Il Fatto Alimentare catene come Esselunga, Auchan e Crai, gli ostacoli principali all’adozione delle buste compostabili anche per frutta e verdura sono tre. Il testa alla classifica troviamo il prezzo. I sacchetti biodegradabili possono costare fino a 4 volte in più di quelli in plastica: una spesa elevata, considerando gli ingenti volumi. Secondo dati riferiti da Simply nell’ambito della campagna “Mettila in rete” del progetto Porta la sporta per il 2011, ogni anno un piccolo supermercato (da 200 a 800 mq) distribuisce mediamente 220.000 pezzi, che salgono a 570.000 per i supermercati più grandi (da 2.500 ai 4.500 mq). In un momento di crisi come quello che stiamo vivendo è molto difficile pensare di far pagare ai consumatori i sacchetti per mele o insalata, e così la spesa rischia di risultare eccessiva anche per i supermercati.

 

La seconda preoccupazione degli operatori della grande distribuzione riguarda la resistenza e la tenuta dei materiali ecologici. In effetti ne abbiamo tutti esperienza: gli shopper bio della spesa tendono a rompersi più facilmente di quelli in plastica. Sicuri che una versione ridotta di questi shopper sia in grado di resistere alla scorta settimanale di arance, carciofi o gambi di sedano?

 

E infine c’è il tema ambientale. Qualcuno sostiene che se tutti i supermercati adottassero sacchetti compostabili anche per l’ortofrutta, si creerebbe un problema di approvvigionamento delle materie prime.

 

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Lo smaltimento dei sacchetti di plastica ha un costo che verrebbe abbattuto dall’utilizzo di contenitori  compostabili

Tutte obiezioni alle quali replica Andrea Di Stefano, responsabile progetti speciali di Novamont, azienda leader nei biodegradabili. «Il prezzo è una questione ineludibile: questi materiali continueranno a lungo a costare di più. La cifra più elevata dei sacchetti biodegradabili non comporta però costi ambientali correlati all’utilizzo delle buste tradizionali». Il sacchetto bio è più caro, ma non comporta spese indirette per lo smaltimento e poi bisogna considerare il carico ambientale che il cittadino paga sotto altre voci di spesa. Smaltire la plastica o i rifiuti indifferenziati attraverso gli impianti di incenerimento comporta alla collettività un costo molto elevato, che tutti paghiamo anche se non viene collegato al sacchetto dell’ortofrutta. Viceversa, compostare contenitori biodegradabili abbatte notevolmente queste voci di spesa.

 

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I materiali ecologici non resistono al peso di frutta e verdura così bene come quelli in plastica: è una delle obiezioni più diffuse

Sulla tenuta dei sacchetti bio, le esperienze di NaturaSì e Cuorebio parlano da sole, anche se in genere la quantità di frutta e verdura che si acquista in questi punti vendita è limitata. «La resistenza non dipende tanto dal materiale di base – precisa Di Stefano – quanto dal modo in cui viene trasformato e dallo spessore. Se è ben trasformato e ha uno spessore minimo il bio è in grado di garantire risultati paragonabili a quelli della plastica. Per quanto riguarda l’approvvigionamento non ci sono problemi. Abbiamo fatto delle simulazioni e anche ipotizzando di sostituire l’attuale produzione di plastica flessibile con derivati dell’amido di mais, servirebbe meno del 4% delle risorse disponibili di questa pianta. In ogni caso ci stiamo orientando verso l’utilizzo di scarti agricoli per ottenere questi materiali».

 

Alla fine il prezzo sembra l’unica barriera in grado di ostacolarel’ingresso delle buste di amido di mais o di patata nel settore ortofrutta dei supermercati. Forse però la grande distribuzione dovrebbe fare qualche tentativo, anche se la soluzione davvero ottimale resta il ricorso a borsine riutilizzabili. Negli anni scorsi, nell’ambito della campagna “Mettila in rete” di Porta la sporta, in alcuni punti vendita Simply, Leclerc Conad, Iper e Maxi Tigre sono state temporaneamente proposte ai clienti delle retine di cotone lavabili per mettere frutta e verdura. Ancora oggi, la soluzione riutilizzabile per l’ortofrutta è uno dei punti della campagna “Meno rifiuti più benessere in 10 mosse” promossa dall’Associazione comuni virtuosi.

 

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Il prezzo sembra l’unica barriera in grado di ostacolare l’ingresso delle buste di amido di mais o di patata nel settore ortofrutta dei supermercati

Queste iniziative sperimentali hanno avuto un discreto successo, però bisogna anche considerare alcune difficoltà logistiche importanti come il calcolo della tara delle bilance quando si pesa frutta e verdura. Quelle normalmente presenti nei reparti ortofrutta sono tarate per i sacchetti di plastica, che hanno un peso irrisorio, mentre una retina pesa circa 18-22 grammi. Bisognerebbe avere bilance dedicate, oppure tornare alla presenza di un operatore nel reparto.

E poi diciamo la verità: il riuso presuppone una coscienza ambientalista molto radicata nei consumatori e non è ancora così. «Eppure proprio su questo fronte la grande distribuzione potrebbe fare molto, non limitandosi a cambiare materiali, ma aiutando i clienti a cambiare abitudini» afferma Silvia Ricci, responsabile campagne per l’Associazione comuni virtuosi. Un esempio? «Pensare a punti premio per chi sceglie shopper riutilizzabili per frutta e verdura».

 

In attesa delle nuove iniziative, i singoli consumatori dovrebbero stare più attenti per ridurre lo spreco di contenitori. «A volte basta davvero poco – suggerisce Edoardo Freddi, direttore marketing di EcorNaturaSì – per certi frutti come i meloni o le banane non è necessario utilizzare un sacchetto, di qualunque materiale esso sia: basta apporre l’etichetta direttamente  sul frutto».

 

Valentina Murelli

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Foto: Photos.com

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sergio nestori
sergio nestori
10 Gennaio 2014 08:54

Buongiorno . A prescindere dalle convinzioni personali e della effettiva validità della soluzione ( qualcuno ha calcolato quanto è aumentata la produzione di sacchetti per la spazzatura riferendola alla diminuzione della produzione di shopper ?) , la problematica prezzo di partenza non è l’unica .
Basta essere addentro professionalmente nel settore shopper e ricordare cosa accadde quando fu imposto per decreto il divieto di utilizzare shopper non compostabili .
Ci fu un periodo di caos totale , aziende produttrici che furono costrette a mettere in cassa integrazione il personale , crisi finanziarie , fallimenti .
La causa è facilmente identificabile : la fornitura di alcuni materiali è nelle mani di pochi giocatori e dire pochi è già eufemistico .
Cosa è successo quando decisero di emettere quel decreto ? I produttori di materia prima non furono in grado di coprire le esigenze del mercato e quindi decisero di fornire il materiale principalmente ad alcuni soggetti e non ad altri . Inoltre i prezzi delle materie prime coinvolte non furono trattabili . Se non volevi chiudere la tua attività e lasciare a casa tutti i tuoi dipendenti , dovevi sottostare ai prezzi imposti .
Attività illecite ? Assolutamente no , è la legge del mercato . Forse semplicemente sarebbe opportuno avere più fornitori di materia prima di poter gestire un simile vincolo a livello cogente .
Ciò non toglie che imporre una scelta di questo tipo porterebbe , a mio parere , ad un ulteriore impoverimento delle nostre aziende . Per le aziende vorrebbe dire aumentare i costi di approvvigionamento , quindi aumento dell’esposizione finanziaria , avendo poi a valle clienti appartenenti alla GDO che tendono invece a ridurre i prezzi ed allungare i tempi di pagamento.
Qualcuno potrebbe obiettare che non sono le aziende italiane che entrano in crisi perché tutti gli shopper sono prodotti in Vietnam e Cina . Può essere , però esiste una notevole quantità di piccole e medie imprese in Italia che coprono le produzioni non dedicate alla GDO più diffusa .

Cecilia
Cecilia
10 Gennaio 2014 11:36

Personalmente riutilizzo il guanto in plastica più volte, tenendolo in auto. Riutilizzo rovesciandoli anche i sacchetti che contengono frutta e verdura. Se tutti facessimo così qualcosa risparmieremmo a livello di spesa e di salute

Michele
Michele
Reply to  Cecilia
10 Gennaio 2014 20:41

Tempo addietro comperai ad un negozio NaturaSì 2 di buste a retina per frutta e verdura (se ricordo costavano 2 o 2,50 euro l’una). Ancor oggi li uso quando compero al mercato rionale o da contadini e TUTTI i venditori – oltre che ricordarmi che sono tra i pochi clienti che usano questi sacchetti, – al pagamento – TUTTI arrotondano per difetto facendomi risparmiare qualcosa. Nel giro di un anno ho ammortizzato abbondantemente l’acquisto dei sacchetti.
Per inciso, prima di ciò, quando erano loro a fornirmi le buste di plastica, non mi toglievano nulla dal totale.
L’unica cosa negativa è quando, per mancanza di tempo, sono costretto a fare compere al supermercato, dove sì mi consentono di imbustare nei miei sacchetti ma non mi scontano nulla, anzi pago anche il peso della retina come fosse frutta. Perciò mi sono autoimposto la regola della spesa al mercato.

Claudia
Claudia
Reply to  Cecilia
10 Gennaio 2014 23:09

Brava, anch’io riutilizzo i sacchetti di frutta e verdura, quando acquisto soprattutto negli hard discount non è neanche necessario attaccare sopra l’etichetta perchè la merce viene pesata in cassa quindi ancora più semplici da riusare

Rita Incerti
Rita Incerti
17 Gennaio 2014 12:56

Salve a tutti,
vorrei portare il mio contributo. Sono titolare di un negozio di abbigliamento donna a Correggio ( Reggio Emilia ). Da marzo a ottobre 2013, insieme a diversi colleghi, abbiamo proposto una campagna di sensibilizzazione ” IL COMMERCIO SI DIFFERENZIA ” . Ognuno di noi si impegnava a personalizzare le operazioni di sensibilizzazione.
La mia, che continua ancora, perchè l’ ho adottata come formula scontistica ( l’ho sospesa ora per i saldi ), si tratta di dare un tagliando alle clienti, un araccolta punti. Ogni volta che vengono in centeo a fare gli acquisti in bicicletta o mettono la merce nella loro shopper personale vengono premiate con un timbro. Dopo tre timbri ricevono uno sconto del 5% cumulabile sulle iniziative ed altre promozioni del negozio, ma non su merce già in sconto.
un saluto rita incerti