La Commissione europea ha presentato il programma 2011-2014 sulla responsabilità sociale d’impresa per favorire la  diffusione della “Corporate Social Responsibility” (CSR) . Vediamo quali sono le ragioni e i vantaggi per le imprese.

Nel settore alimentare siamo soliti associare l’idea di responsabilità sociale con quella di sostenibilità, delle filiere e dei consumi. A ben vedere però il concetto è più ampio, e va inteso come “la responsabilità delle imprese per il loro impatto sulla società”.[1]

Sono stati registrati apprezzabili progressi in questo ambito [2], ma la Commissione reputa necessario rafforzare la comunicazione. In particolare presso i governi nazionali [3] e le imprese, affinché tutti comprendano quanto è importante introdurre a pieno titolo la responsabilità sociale nelle strategie di business.

La  Commissione, DG Enterprise, ha perciò individuato otto aree su cui focalizzare l’intervento nel periodo 2011-2014:
1) visibilità delle iniziative di CSR e diffusione di apposite “good practices” sulle possibili interazioni delle imprese con le parti sociali interessate (gli “stakeholders”), nell’ottica di condividere i valori associati ai diritti umani, sociali e ambientali.
2) dibattiti pubblici, volti a sensibilizzare le imprese sui benefici di medio-lungo periodo che possono derivare dall’inserimento della CSR nelle priorità aziendali.
3) stretta collaborazione tra la Commissione europea e le rappresentanze imprenditoriali per lo sviluppo di apposite linee guida. Con l’obiettivo di mettere a punto meccanismi di auto-regolazione e di co-regolazione (“self-” e “co-regulation”).
4) definizione di meccanismi premiali a favore delle aziende maggiormente impegnate nella responsabilità sociale, facendo leva sulle politiche europee in tema di consumi, investimenti e appalti pubblici.
5) divulgazione e diffusione dell’informazione in merito agli impegni assunti dalle imprese in ambito sociale e ambientale.
6) sostegno alle aziende per l’inserimento della CSR nelle attività di formazione e ricerca.
7) coinvolgimento degli Stati membri, con richiesta di monitoraggi e relazioni periodiche su base annuale.
8) allineamento degli approcci europei a quelli internazionali.

Attuare questo programma – ad avviso del vicepresidente della Commissione europea Antonio Tajani – potrebbe contribuire a prevenire i rischi, ridurre alcune voci di costo in favore di innovazione e sviluppo, aumentare la fiducia dei consumatori.

La responsabilità sociale non è dunque dominio esclusivo di ONG, società civile e politica. Il “business” può assumere un ruolo cruciale nel destino del mondo, come ci spiega il vicepresidente del WWF Jason Clay nella sua conferenza “Come le grandi marche posso aiutare a salvare la biodiversità”, di cui raccomandiamo la visione su www.ted.com: «Convinciamo solo 100 aziende chiave a diventare sostenibili, e i mercati mondiali cominceranno a proteggere il pianeta già troppo sfruttato dai nostri consumi».

Senza dimenticare che è necessario portare avanti la ricerca e migliorare continuamente, poiché qualsiasi attività che risultava “sostenibile” per 6 miliardi di individui sulla terra potrebbe non esserlo più quando i miliardi saranno 9.


[1] Questa definizione, proposta dalla Commissione europea, è in linea con le “OECD Guidelines for Multinational Enterprises”, la “ISO 26000, Guidance Standard on Social Responsibility” e i “(United Nations) Guiding Principles on Business and Human Rights”

[2] Si segnala al proposito il recente articolo “Corporate responsibility improves” sul Financial Times, 6.11.11

[3] Fino a oggi solo 15 Stati membri su 27 hanno infatti adottato politiche nazionali rivolte alla promozione della CSR