Il cibo è un diritto fondamentale, menzionato nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948. Questo diritto, però, è tuttora disatteso, non solo nei paesi più fragili, che vivono situazioni di guerra e carestia ma, sempre di più, anche in Italia. Lo conferma la seconda edizione del Rapporto sulla povertà alimentare di ActionAid, diramato in ottobre, in occasione della giornata mondiale dell’alimentazione. Il rapporto evidenzia come, rispetto a questo problema, la pandemia abbia avuto un ruolo decisivo. A un anno e mezzo di distanza dal suo esordio, infatti, i dati Istat registrano un aumento di un milione di poveri assoluti e, come ricorda anche ActionAid, la povertà economica è un fattore fondamentale nel determinare la mancanza di accesso a un cibo adeguato. “Nella nostra prima pubblicazione – spiega Roberto Sensi, responsabile del programma povertà alimentare dell’associazione – avevamo lanciato l’allarme relativo all’acuirsi del problema a causa del Covid. Ora abbiamo visto che si tratta di un problema che sembra destinato a perdurare”.
In primo luogo occorre però chiarire il particolare approccio al tema proposto da ActionAid, la questione della povertà alimentare presa in considerazione dal rapporto non riguarda semplicemente il diritto a non morire di fame, ma il più ampio diritto umano ad alimentarsi con dignità, cioè garantendo anche la scelta e la qualità (intesa anche sotto il profilo dell’adeguatezza nutrizionale). “C’è una semplificazione eccessiva nel modo in cui si racconta la povertà alimentare – chiarisce Sensi –, i dati considerati sono generalmente quelli raccolti dagli enti di assistenza che forniscono il cibo, ma questi costituiscono solo la punta di un iceberg ben più ampio e complesso”.
È comunque utile partire dai numeri. Nel 2020 le persone che in Italia hanno usufruito degli aiuti alimentari nell’ambito del programma Fondo di aiuti europei agli indigenti (Fead) sono state 2.645.064 (+27,3% rispetto al 2019). Il rapporto segnala inoltre che andrebbero aggiunti a queste persone, seppure con probabili sovrapposizioni, anche coloro che durante il 2020 hanno avuto accesso ad altre forme di sostegno, sia attraverso buoni acquisto sia, direttamente, con generi alimentari. Considerando chi ha ricevuto i primi 400 milioni di euro in buoni spesa previsti dalle misure urgenti di solidarietà alimentare adottate dal governo durante il lockdown, per esempio, l’Associazione nazionale comuni italiani (Anci) stima che siano stati 4,3 milioni di persone (7% della popolazione). A questi dati vanno poi aggiunte molte iniziative di solidarietà nate dal basso e non censite ufficialmente. ActionAid mira però ad andare oltre tali dati, comprendendo il fenomeno della povertà alimentare in maniera più articolata.
Lo studio indaga la povertà alimentare i tutti i suoi aspetti, tramite un questionario sottoposto alle famiglie che si sono rivolte ad alcune realtà di assistenza di quattro comuni dell’hinterland milanese. “Abbiamo analizzato questo territorio – spiega Sensi –, perché si tratta di una provincia particolarmente colpita dal Covid anche dal punto di vista socioeconomico. Inoltre, questi comuni decentrati non godono dei vantaggi offerti dalle iniziative messe in campo dal comune di Milano, ma possono contare su una fitta rete di enti di assistenza alimentare. L’analisi considera le diverse dimensioni della povertà alimentare, raccogliendo le sfide e le difficoltà che le famiglie affrontano per accedere a un cibo sufficiente, nel contesto di una pandemia che ha ulteriormente precarizzato le loro esistenze. Riteniamo particolarmente utile valutare la questione da un punto di vista qualitativo. Un approccio esclusivamente quantitativo, infatti, non permette attivare sistemi di contrasto efficaci, perché non considera che la domanda di aiuti alimentari è l’espressione visibile di un problema più profondo, che tocca aspetti fondamentali del benessere psicofisico”.
Il quadro che emerge dalle interviste realizzate da ActionAid, che con ogni probabilità sarebbe confermato anche se venissero indagati molti altri contesti della provincia italiana, è quello di una situazione nella quale sono le donne i soggetti più esposti. Queste, infatti, si fanno generalmente carico di garantire l’approvvigionamento alimentare per le famiglie, rinunciando se necessario a nutrirsi in maniera adeguata a beneficio, in particolare, dei figli. Il problema comunque, è bene ricordarlo, non riguarda esclusivamente la quantità del cibo, ma anche la sua adeguatezza alle esigenze nutrizionali, spesso ampiamente disattese anche quando si riesce a raggiungere un apporto calorico sufficiente.
“Le politiche di contrasto messe in campo finora – spiega Sensi –, hanno avuto prevalentemente un carattere emergenziale. Con la pandemia, però, la povertà alimentare è diventata una questione sociale come non era da almeno 30 anni e i limiti delle iniziative attuate risultano oggi più evidenti. Il sistema della redistribuzione delle eccedenze, sviluppatosi negli ultimi anni, è senza dubbio utile, il privato sociale e gli enti no profit fanno tanto, ma queste non possono essere le risposte delle istituzioni. Occorre in primo luogo che queste ultime si facciano carico di un’indagine statistica completa per valutare le dimensioni del problema e prendere contromisure adeguate”.
La distribuzione di cibo affidata alle associazioni non è quindi secondo ActionAid la risposta in grado di risolvere la questione in modo strutturale. Sarebbero piuttosto necessari un reale sostegno al reddito e un accesso gratuito e universale alle mense scolastiche, che andrebbero intese come servizio essenziale per tutelare una fascia fragile come quella dei bambini. “I buoni spesa erogati in occasione della pandemia hanno rappresentato un punto di partenza – sottolinea Sensi –, ma hanno anche tanti aspetti critici, a partire dai criteri di distribuzione e dal carattere emergenziale. Per valutare l’entità di un sostegno al reddito adeguato ai diritti della persona, bisogna che il governo consideri correttamente il costo medio di una dieta sana e dignitosa. Un costo che, per una famiglia di quattro persone, supera i 700 euro al mese”.
© Riproduzione riservata; Foto: Fotolia, AdobeStock, Martin/ActionAid
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