foodora torino protesta
I fattorini di Foodora protestano a Torino per un salario più equo

Gli ingredienti sembrano tutti ottimi. Il nome accattivante: Foodora. L’immagine ecologica delle biciclette color rosa. I fattorini in bicicletta o motorino, giovani, come l’azienda, una start-up tedesca. Il funzionamento del servizio tecnologicamente avanzato, attraverso un’app. Eppure, la realtà di quest’azienda di consegne a domicilio del cibo ordinato al ristorante, presente per ora a Milano e Torino, è meno rosea di quel che sembra. A svelarla sono stati i trecento fattorini torinesi, dove Foodora opera in accordo con numerosi ristoranti. I fattorini, chiamati “rider”, sono scesi in sciopero e hanno promosso un boicottaggio dell’app, lanciando la campagna #foodoraETlabora. I lavoratori  denunciano le condizioni di lavoro e l’indisponibilità dell’azienda a discutere qualsiasi miglioramento. “Non ordinate da Foodora, non consigliatela e se potete chiamate il servizio clienti o fatevi sentire sulla loro pagina facebook”, è stato il loro invito.

I rider dell’app prima venivano pagati 5,00 euro all’ora, mentre da settembre lavorano a cottimo per 2,70 euro ad ogni consegna e sono a loro carico le spese per la bicicletta e quelle telefoniche. La richiesta è di una paga oraria di 7,50 euro netti, un bonus per le ordinazioni consegnate e un part-time orizzontale di almeno venti ore settimanali. Sino allo sciopero la risposta di Foodora era stata di chiusura e due ragazze che avevano aderito alla protesta non sono state più chiamate in servizio.

Sorbole Torino comunicato foodora
Dopo il Bistrot Laleo, anche Sorbole ha deciso di interrompere il servizio con Foodora (clicca per ingrandire)

Intanto, il bistrot Laleo è il primo locale ad aver abbandonato l’app di Foodora, in solidarietà con i suoi rider. “La precarietà fa purtroppo parte della nostra epoca ma non può giustificare lo sfruttamento”, si legge sulla pagina facebook di Laleo. “Soprattutto se si considera che la percentuale che viene chiesta al ristoratore dall’azienda è del 30% sul valore dell’ordine oltre al costo fisso di consegna di 2,90 euro. Fare impresa significa perseguire un profitto, ma non sulla pelle degli altri”.

Anche il ristorante Sorbole ha deciso di supportare la protesta dei rider di Foodora, rimanendo offline e quindi non facendo consegne attraverso di essa, “fino a quando il loro lavoro non avrà un compenso adeguato alle loro fatiche”.

© Riproduzione riservata

sostieni

Le donazioni si possono fare:

* Con Carta di credito (attraverso PayPal): clicca qui

* Con bonifico bancario: IBAN: IT 77 Q 02008 01622 000110003264

 indicando come causale: sostieni Ilfattoalimentare

0 0 voti
Vota
18 Commenti
Feedbacks
Vedi tutti i commenti
MAurizio
MAurizio
13 Ottobre 2016 19:21

Un po’ curiosa come storia. Prima guadagnavano 5 euro l’ora e andava “bene” ? Adesso con 2,7 a consegna dovrebbero guadagnare di piu’. O fanno meno di 2 consegne/ora ? In una citta’ “piccola” come Torino ?
Ma comunque e’ poco. Certo, ma e’ un tipo di business che non ha intrinsecamente dei margini alti. Quanto “vale” una consegna media ? 20-30 max 50 euro ? Ovvero una buona parte del reddito reale dei fattorini dovrebbe derivare dalle mance. Come del resto avviene negli USA per i servizi di ristorazione “base”. Magari i clienti, consapevoli della questione dovrebbero regolarsi direttamente o fa solo comodo starsene comodamente in casa, risparmiando tempo e fatica aspettando chi ti porta da mangiare e cavarsela con qualche spicciolo ?
I ristoratori sono solidali ? Magari se pagassero di piu’ il servizio che ricevono, versando direttamente una quota al fattorino, sarebbero solidali davvero. Se lo boicottano anche loro, il servizio chiude e poi sono tutti contenti ?

carla
carla
Reply to  MAurizio
14 Ottobre 2016 11:54

scusi MAurizio, lei si accontenterebbe di ricevere una mancia a fine mese al posto dello stipendio?
i ristoratori pagano già il servizio a Foodora, perchè dovrebbero “retribuire” direttamente anche con una quota aggiuntiva ai fattorini? e perchè poi se la prende con i clienti? (se lei va in un negozio e e compra un prodotto, la commessa a fine mese la paga lei o il commerciante? se fa un acquisto on line, l’addetto al magazzino che le spedisce il prodotto lo paga lei o l’azienda?))
ciome dire: io Foodora (o altro datore di lavoro) assumo ma poi la retribuzione chiedetela ad altri

Mario
Mario
Reply to  MAurizio
14 Ottobre 2016 12:16

Foodora è una multinazionale che macina milioni di euro di fatturato. I margini sono sufficienti per non pagare le persone a cottimo. Suvvia i soldi ci sono, basterebbe essere meno avidi.

Tiziana Moiola
Tiziana Moiola
Reply to  MAurizio
18 Ottobre 2016 11:56

ma che significa “lasciare una mancia”? la mancia è eventualmente un “plus” non obbligatorio…è tanto difficile capire che al lavoro va corrisposta un’equa retribuzione? ma che razza di contratto è questo? voglio vedere quanti “adepti” trovano in Germania, questi!

MAurizio
MAurizio
Reply to  MAurizio
18 Ottobre 2016 17:14

Tiziana. In Germanio un operaio addetto alle catene di montaggio automobilistiche guadagna anche il doppio di un collega italiano. In proporzione quando ordina la pizza standosene comodamente a casa paghera’ il doppio chi gliela viene a consegnare. Non si possono confrontare mercati del lavoro diversi.

Andrea
Andrea
Reply to  MAurizio
19 Ottobre 2016 22:59

ma cosa stai dicendo? incentiviamo le mance e quindi i guadagni in nero? non è giusto, devono dargli una paga, ma anche i contributi e le tasse pagate…

MAurizio
MAurizio
14 Ottobre 2016 12:52

Le multinazionali fanno business. Se il business e’ di tipo minore (non e’ che consegnano diamanti o Mercedes) con margini limitati (quanto possono guadagnarci se consegnano 20-30 euro di cibo ?) inevitabilmente non possono (vogliono/devono – se non vogliono chiudere) pagare “bene” un dipendente, che poi in un turno quante consegne riesce a fare ?
Considerato anche che gli slot di lavoro sono sostanzialmente limitati a quelli dei pasti (12-15 ; 19-23) i margini si riducono ancora. Se poi hai dei ristoratori “virtuosi” che “subaffittano” le consegne, invece di revocare il contratto (facendo di fatto licenziare i lavoratori) potrebbero provvedere loro, con i loro margini, ad integrare il compenso.
E se i clienti trovono comodo sfruttare il lavoro di qualcuno per farsi portare la cena a casa dovrebbero tenerne conto.

Mario
Mario
Reply to  MAurizio
14 Ottobre 2016 14:25

Nessuno di noi ha in mano i conti di foodora ma se fino al mese scorso l’azienda vantava un tasso di crescita impressionante vuol dire che il margine c’è ed anche ampio (con la paga fissa di 5 euro l’ora). Dei paletti vanno messi altrimenti il margine cercato dalle aziende tenderà sempre al massimo dell’esternalita’ possibile. Spetta alla politica e alla società (noi consumatori e i ragazzi di foodora che protestano) mediare tutto questo in modo ragionevole. Ad ogni modo, senza scomodare estremismi del tipo “lavorare meno per lavorare tutti” il lavoro a cottimo è qualcosa di aberrante.

MAurizio
MAurizio
14 Ottobre 2016 14:35

Carla. Non segue il ragionamento. Se ti assumono per fare un lavoro che NON richiede alcuna qualifica professionale se non saper guidare una bicicletta e trovare un indirizzo in citta’ per consegnare merce di valore limitato, quindi con scarsi margini di guadagno per tutti (a partire da chi la merce la produce e vende) e con un orario di lavoro minimo che viene condizionato dal tipo di business, quanto pensi che ti possano pagare ?
Paradossalmente leggevo che la questione e’ sorta passando da un pagamento orario di 5 euro (sic) e 2,70 a consegna (il famigerato cottimo). Ma in una citta “non enorme” come Torino fai meno di 2 consegne l’ora ? (di fatto guadagnando un poco di piu’, 5.4 euro invece di 5)
I ristoratori, alcuni dei quali utilizzano il servizio per il LORO business, se trovano inadeguata la retribuzione possono integrarla loro (visto che forse ci guadagnano di piu’, vendenzo Piatti “complessi” invece di panini o pizze). Ovvero se dimostrano la loro “solidarieta’ ” eliminando il servizio, a chi “fanno dispetto” ? Ai fattorini che verranno licenziati.
Non si campa di mance. Certo che no. Ma negli USA e’un modello consolidato nella retribuzione dei servizi di ristorazione base.
Ma forse il cliente che se ne sta al calduccio a giocare alla playstation aspettando il fattorino, a chiacchiere e’ solidale, ma se nel prezzo fosse aggiunto un +5-10% “mancia” per un’equa retribuzione sarebbe d’accordo ?
Ma in ogni caso non e’ una retribuzione dignitosa. Ma viviamo in un contesto in cui tanti vengono pagati con buoni e dove ci sono migliaia di “nuovi italiani” che possono trovare interessante quel lavoro.
Alimentando ulteriormente la spirale al ribasso e la presa in giro sui “lavori che gli italiani non vogliono fare”

Alessandro
Alessandro
14 Ottobre 2016 15:01

MAurizio, io prima di oggi nemmeno sapevo cosa fosse Foodora e di conseguenza non ho mai utilizzato tale servizio…comunque, da cittadino comune nel momento in cui mi viene messo a disposizione un servizio, se lo trovo utile, lo utilizzo. Non mi pongo il problema del se, come e quando gli operatori che svolgono effettivamente quel servizio siano pagati/non pagati, sfruttati/non sfruttati. Ma non perchè sia un insensibile egoista, ma perchè chi deve sorvegliare e controllare che tutto venga svolto secondo le regole non sono io, ma enti appositi. E ancora, non perchè io sia insensibile egoista, ma perchè non ho la competenza per stabilirlo. Quando mi portano la pizza a casa non chiedo al ragazzo se lo pagano regolarmente, se gli spettano le ferie, etc… Anche perchè giustamente mi potrebbe rispondere che sono pure affari suoi! Le multinazionali fanno business, se lo fanno secondo le regole bene, altrimenti è ben chiaro chi deve intervenire. Anche perchè finchè lo sciopero è degli operatori di Foodora che sono 300 è un conto, ma a chi è nelle stesse condizioni e non può permettersi uno sciopero (tipo il ragazzo della pizza) chi ci pensa? i clienti?! Non credo che lei MAurizio, ogni volta che usufruisce di un servizio chieda a chi quel servizio glielo presta se riceve un trattamento consono da parte dei datori di lavoro… E allora è un po’ comodo accusare gli utilizzatori di menefreghismo e spostare il problema sugli utilizzatori stessi. E’ lo stesso meccanismo che porta ad accusare chi va a fare la spesa al supermercato la domenica. E poi magari si scopre che chi muove questa polemica sono persone che la domenica vanno al ristorante, o in pizzeria, o al bar, o al parco divertimenti (come se quei lavoratori non avessero lo stesso diritto di stare con la propria famiglia di chi lavora al supermercato).

MAurizio
MAurizio
Reply to  Alessandro
14 Ottobre 2016 16:08

Alessandro. Non parliamo di sistemi e servizi in generale, che possono avere o meno costi e valori aggiunti maggiori, ma di un’attivita’ intrinsecamente con margini ridotti.
Se ordino una pizza e bevanda che costa 12-15 euro e un fattorino me la porta a casa, posso far finta di non sapere o non pensare a quanto guadagni quel fattorino, ma difficilmente piu’ del 10-15% di quella cifra puo’ finirgli nelle tasche. E il guadagno dipende da quante consegne fa in un’ora e da quante ore lavora (e, per il tipo di lavoro e’ difficile che siano piu’ di 4-5 al giorno).
Se, come detto, prima prendevano 5 euro e adesso ne chiedono 7,5 contro un’offerta aziendale di 2,7 a consegna che viene considerato poco vuol dire che NON fanno neanche 2 consegne/ ora ?
Nell’ottica del cliente o pago di piu’ merce e servizio oppure per me il servizio NON e’ piu’ conveniente e il lavoro finisce.
Ma con questi volumi di lavoro (globale) quali stipendi puoi aspettarti per l’ultima ruota del carro ?
Io faccio un lavoro (sanita’) in cui si lavora 365 giorni l’anno, 24 ore al giorno, con turni a rotazione e come indennita’ di lavoro notturno prendo ben 15 euro (lordi) per 12 se non 14 ore di turno, anche se e’ domenica, Natale o Ferragosto. Incerti del mestiere.

MAurizio
MAurizio
14 Ottobre 2016 16:14

MARIO. La crescita si fa sui volumi, moltiplicando il fatturato. Il servizio funziona, va bene, moltiplico i clienti, assumo piu’ gente. Ma se vario un parametro e aumentano i costi questi li devo ricaricare sul cliente, ma poi il cliente continuera’ ad usufruire dei miei servizi, ovvero ci sara’ ancora crescita ? Oppure taglio i margini di utile. Ma se sono un’impresa “pubblica” pazienza, tanto alla fine pagano i contribuenti anche se vado in perdita o fallisco. Ma se sono privato e il gioco non vale piu’ la candela chiudo e tanti saluti.

Alessandro
Alessandro
14 Ottobre 2016 17:07

Mi scusi MAurizio ma io non posso partire a priori dal presupposto che l’azienda specula e riduce alla fame “l’ultima ruota del carro”. Se il caso di Foodora è effettivamente così (anche se io sostengo sempre che sarebbe comunque più corretto sentire entrambe le campane per dare un giudizio) secondo i dati emersi, non posso dare per scontato che sia così per il ragazzo che porta le pizze (sempre per fare un esempio), prodotto peraltro la cui marginalità è tutt’altro che bassa…Inoltre nel caso del ragazzo della pizza non è nemmeno scontato (anzi) che la consegna a domicilio sia l’unica entrata economica della pizzeria. E allora che conti devo fare? E sulla base di quali dati oggettivi che non ho? Che poi io scelga di gratificare il ragazzo per il servizio che mi fa è un altro discorso. Ma che io mi debba sentire in obbligo di farlo per sopperire alle mancanze di chi dovrebbe garantire a lui uno stipendio dignitoso e di chi dovrebbe vigilare su questo, no, mi spiace. Anche perchè allora dovrei estendere lo stesso ragionamento ai camerieri delle pizzerie, dei bar. E perchè non ai lavapiatti o a chi fa le pulizie che magari sono sfruttati allo stesso modo ma non godendo del contatto col cliente non riceveranno nemmeno le mance?! Dare “la mancia” ai fattorini sottopagati di Foodora significa farli continuare a lavorare per Foodora che continuerà di conseguenza a speculare su di loro, “tanto ci pensa il cliente”!

MAurizio
MAurizio
Reply to  Alessandro
18 Ottobre 2016 17:26

Alessandro. Negli USA funziona cosi’. Il cliente del ristorante e’ “tenuto” a versare una mancia congrua ai servizi ricevuti (se adeguati) e al tipo di pasto consumato. Nel “sistema” le mance non vanno solo a chi serve ai tavoli ma rientrano in un fondo che retribuisce tutta la brigata. In un mondo “ideale” il lavoro andrebbe retribuito “a prescindere”, indipendentemente dal valore aggiunto che ci metto come lavoratore in termini di competenza tecnica, preparazione scolastica, abilita’ manuale, sforzo fisico esercitato e, non da ultimo rischio professionale implicito ? Per non parlare della complessita’ della struttura lavorativa e del valore aggiunto che essa determina ?
Se io aspirante docente, anche universitario, negli anni degli studi, consegnando pizze mi aspetterei di essere pagato piu’ o meno “uguale” di quanto ricevero’ da specializzando o dottorando ?
7,5 euro netti/ora (piu’ bonus vari) moltiplicati per le 38-40 ore settimanali (che sono l’orario di un lavoro vero) equivalgono a stipendi di professioni ben piu’ qualificate. O no ?

lucataff
lucataff
18 Ottobre 2016 19:45

Questo articolo non cita altri aspetti che ho trovato in altri media: in Francia il contratto è diverso e in meglio. Secondo voi perché non viene fatto questo paragone dato che in eurozona è facile in teoria farsi un opinione a riguardo.
Di qualità degli alimenti e di qualità del trasporto non ho sentito parlare da nessuno…c’è qualche cliente torinese o milanese ?

Andrea Ricci
Andrea Ricci
18 Ottobre 2016 19:58

L’eterna chimera tutta italica, anzi italiota, del lavoro fisso e garantito, magari co’ mamma’ …

Alessandro
Alessandro
20 Ottobre 2016 10:21

MAurizio so come funziona negli USA. L’equivoco sta nel chiamarla “mancia”. Si tratta semplicemente di un costo ulteriore a fronte di un servizio ricevuto. E non sto ora a discutere se sia giusto o meno. Non era quello che volevo evidenziare col mio intervento. Quello che è evidente è che se di fatto è una prassi consolidata negli USA non lo è certo qui dove il sistema è differente. Trapiantare un sistema differente in un paese differente lo trovo un tantino complicato. Quello che non condivido del suo ragionamento deriva proprio dal fatto che qui il sistema è differente e le mance sono effettivamente mance, ossia un qualcosa “in più” che volontariamente si decide di dare per i motivi più vari ed in effetti, come ha ricordato qualcuno sono in nero… Poi ripeto, si può anche rivedere e regolamentare in modo differente tutto il sistema, la vedo complessa come soluzione, ma non ho la competenza per andare oltre. Poi su una cosa forse ci siamo fraintesi: è evidente che il profilo professionale richiesto per quel tipo di lavoro è basso e come tale è giusto che venga remunerato di conseguenza. La tipologia di lavoro fa pensare che i principali candidati siano perlopiù studenti o comunque certamente persone che in Foodora non svolgono il lavoro della loro vita e che quindi ci sia un elevato turn over dato dal fatto che appena una trova qualcosa di meglio se ne va. Detto questo ci sono delle leggi che regolano il lavoro: se il contratto proposto da Foodora è conforme a queste non c’è discussione. Se non lo è, l’autorità competente deve intervenire. Tutto qui. Poi, parere del tutto personale se è vero che la remunerazione deve essere (dovrebbe essere) commisurata al curriculum, al tipo di lavoro, etc…è anche vero che un minimo di dignità dovrebbe essere garantita (anche se la legge magari non lo garantirebbe, visto che le leggi si possono cambiare). Poi anche io faccio fatica a pensare che facciano meno di 2 consegne l’ora…probabilmente il cambio di contratto è stata semplicemente l’occasione da sfruttare per ottenere la visibilità rispetto ad una situazione che già prima non andava bene agli operatori.

luigi
luigi
21 Ottobre 2016 11:43

secondo me, i rider di Foodora fanno bene a rivendicare qualche diritto in più, perché, anche se è un lavoro “di passaggio”, rappresenta pur sempre una prestazione lavorativa di cui l’azienda ha bisogno per vedere realizzati i propri obiettivi sul mercato. se all’azienda converrà, tratterà sulla richiesta, altrimenti chiuderà per riaprire altrove, ma sarà salvaguardato un minimo di dignità per ogni lavoratore. anche se dovesse perdere il lavoro, non sarà trattato come un moderno schiavo. lasciamo stare le abitudini americane lì dove si trovano, con noi non c’entrano nulla. tanti parametri nel mondo italiano del lavoro devono certamente essere riposizionati, ma chi crea lavoro precario (moderno schiavismo) o lavoro nero, non può essere sostenuto in alcun modo.