Levata di scudi da parte delle istituzioni e delle associazioni di produttori e agricoltori italiani, in seguito alla notizia che sarà pubblicata in Gazzetta ufficiale Ue la domanda di registrazione della denominazione tradizionale croata Prošek. Il Commissario Europeo all’Agricoltura Janusz Wojciechowski ha valutato di poter procedere, vista la conformità ai requisiti di ammissibilità e la validità della domanda fatta dal paese balcanico, precisando che non vi è rischio di confusione da parte del consumatore. Il Prošek (un vino passito dolce) appartiene infatti a una categoria diversa dal Prosecco italiano ed è venduto in bottiglie nettamente distinguibili dalla Doc e dalla Docg venete.
L’Italia contro la denominazione Prošek
Nei due mesi successivi alla pubblicazione sarà possibile presentare ricorsi e obiezioni motivate, che potranno contribuire alla decisione finale della Commissione europea. Il ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, i consorzi del Prosecco Doc e del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg, la regione Veneto e le principali associazioni del mondo agricolo italiano, sono impegnate nel fare sistema per dire di no a quello che ritengono possa trasformarsi in un precedente pericoloso per il Made in Italy.
Nelle dichiarazioni ufficiali, si sottolinea la contraddizione tra la scelta di aprire la procedura per questa domanda di registrazione e la sentenza diffusa il 9 settembre scorso dalla Corte di Giustizia Europea sulla protezione dei prodotti a denominazione d’origine protetta e relativa allo Champagne. Il timore principale delle istituzioni e delle associazioni italiane è che il riconoscimento della specialità tipica croata dal nome molto simile al nostro Prosecco possa indurre in confusione i consumatori stranieri residenti fuori dai confini nazionali, danneggiando le esportazioni di un prodotto in grande ascesa, che rappresenta una delle voci più importanti dell’export, ormai leader davanti allo Champagne, con un record storico del +35% nel primo semestre del 2021 (dati diffusi da Coldiretti).
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[aiuto]
Mi sembra una battaglia inutile: è simile solo il nome ma, come dice l’articolo, il prodotto è compeltamente diverso!
Uno, il Prosecco, è uno spumante secco, l’altro è un vino passito dolce e sono venduti in bottiglie nettamente distinguibili.
Non vedo il problema…
Ben diverso, ad esempio, il Parmisan ed altri che sono prodotti simili con l’inganno del nome simile.
Giusta osservazione. Quindi possiamo tornare a chiamare Tocai il Friulano? Ricordo che Tocai e Tokaj sono prodotti diversi.
Coerenza. Ci vuole coerenza nelle decisioni che possono avere risvolti economici. Coerenza.
il prosecco italiano (e non solo veneto) e il prosek croato nascono storicamente entrambi a Prosek, paese in provincia di Trieste di lingua slava (sloveno).
La stessa zona da cui secondo Plinio il vecchio proveniva il leggendario vino Pucinum.
Quando nel 1382 Trieste fece atto di devozione alla casa d’Austria per ottenere protezione dai veneziani, una delle clausole per ottenere la protezione austriaca era inviare a Vienna vino triestino.
Da Prosek (Trieste), la repubblica di Venezia lo diffuse sia a nord che a sud.
In Italia nel corso dei secoli si è modificato nel vino frizzante che è oggi.
In Croazia è probabilmente rimasto più fedele a ciò che era mezzo millenio fa.
Oggi a Prosek-Prosecco (TS) si produce il vino Prosekar, oltre a Vitovska e Teran
Chissà se la Commissione UE sarebbe stata altrettanto permissiva se la denominazione fosse stata Champagnak? Comunque non c’è nessuna ragione per usare una denomizione che indiscutibilmente ne evoca un’altra, protetta dalla stessa UE, a prescindere dal fatto che il prodotto risulti diverso. Proprio perché è diverso lo si può chiamare in mille altri modi ed evocare la denominazione di un altro è indice di sola paraculaggine. Se una denominazione è definita come “protetta” poi la si deve proteggere per davvero!
Anche io ricordo il caso Tocai, 2007, del tutto simile e il Friuli se la rese in quel posto, veramente un fatto indisponente. Se vincessero non ci sarebbe da pensarci su e rispolverare il TOCAI.
Anche in quel caso si combattevano un vino secco e uno da dessert e giarda un vinse il vino da dessert.
Vediamo cosa si inventa Zaia.
Ma,se non c’è nessun rischio di confusione da parte del consumatore,perchè insistere nel volerlo chiamare
Prosek??? Non credo nella buona fede dei Croati.
Diverso è il caso del Tokaj – ungherese – quella è proprio una Regione magiara.