La qualità dei prosciutti di Parma e San Daniele ottenuti da maiali che pesano oltre 200 kg? Il parere di Citterio sul nuovo disciplinare
La qualità dei prosciutti di Parma e San Daniele ottenuti da maiali che pesano oltre 200 kg? Il parere di Citterio sul nuovo disciplinare
Roberto La Pira 26 Novembre 2019Abbiamo espresso perplessità sulla scelta di incrementare a dismisura il peso dei maiali previsto nelle bozze dei nuovi disciplinari dei prosciutti di Parma e San Daniele. Se adesso il peso medio (vivo) delle partite di suini di nove mesi può variare da 144 a 176 kg, in futuro verrebbe valutato il peso della carcassa, che potrà variare da 120 a 168 kg. Considerando la perdita dal 15 al 22% dovuta agli scarti di macellazione, i maiali portati al macello potranno raggiungere da vivi il peso record di 210/215 kg. Vuol dire avviare alla stagionatura cosce di animali che dopo nove mesi possono pesare più di 30 kg rispetto ai limiti attuali. Questo risultato si ottiene allevando maiali di razze a crescita rapida, sino ad ora vietate perché la carne risulta troppo umida e il tenore muscolare è poco adatto alla stagionatura.
Abbiamo chiesto al salumificio Citterio un parere sulle bozze dei nuovi disciplinari. Ci siano elementi per dire che le cosce ottenute da suini a crescita rapida hanno più scarti in fase di stagionatura (la maggiore quantità di acqua e la minore maturazione della carne giocano un ruolo negativo sulla qualità finale), e se da questi animali si ottengono prosciutti migliori?
La modifica dei disciplinari dei prosciutti Dop era opportuna e urgente per adeguare alcune prescrizioni produttive rispetto alle obiettive evoluzioni che sono avvenute negli ultimi 25 anni. Prima di tutto il sistema della classificazione a peso morto delle carcasse introdotto per definire la conformità dei suini alle Dop costituisce un passo in avanti in termini di certezza del dato, tracciabilità della materia prima e qualità del prodotto che sarà, finalmente, valutato con criteri obiettivi e indipendenti. Anche per quanto riguarda il peso dei suini, il nostro parere è positivo: infatti con i nuovi Disciplinari si fissano due limiti estremi: il peso minimo e il peso massimo dei suini. In particolare, il peso massimo da Lei citato esprime a peso vivo un suino di circa 204 kg.
Già oggi molti suini superano abbondantemente questo peso, infatti lo stesso a cui lei si riferisce è attualmente il massimo medio a partita di suini vivi (che ricomprende diverse stazze degli animali da 140 kg a 220 kg). Diversi suini sono macellati con un peso superiore (come quello da Lei indicato), ma non sono la regola, in quanto, sono animali che all’interno del gruppo hanno una crescita maggiore rispetto agli altri dovuta al metabolismo e alla posizione dominante nel gruppo stesso.
Il suino pesante italiano a nove mesi raggiunge circa i 180 kg di peso, l’aver fissato un peso massimo degli animali superiore, ma tassativo e soprattutto per singolo capo, e non per partita di vivi sul camion, renderà in futuro più certezza e obiettività di valutazione.
È vero che Citterio per i suoi prosciutti seleziona cosce di razze di suino pesante che arrivano a dieci mesi perché le ritiene le migliori e più adatte alla stagionatura?
La nostra Azienda, seleziona da sempre le cosce provenienti da suini che abbiano raggiunto l’età minima imposta dai capitolati Dop Parma e San Daniele. Nel corso degli anni, abbiamo cercato di selezionare il più possibile gli allevamenti dai quali attingere la nostra materia prima, la stessa viene collaudata dal nostro personale specializzato al momento della rifilatura in partenza, subendo poi un ulteriore controllo con restituzione di quanto ritenuto non idoneo all’arrivo nei nostri stabilimenti di produzione. Durante la selezione alla rifilatura, se ci fossero delle cosce di suino allevato fino a 10 mesi che abbiano le caratteristiche dei nostri standard qualitativi, sicuramente le stesse vengono, se ritenute idonee, acquistate.
Ci sono studi secondo cui scegliere razze di suini che dopo nove mesi pesano 20-30 kg in più, migliora la qualità del prosciutto? Basterebbe sapere quanti sono gli scarti a fine stagionatura di queste cosce per avere già una risposta?
Non abbiamo notato negli anni, forse anche in virtù del fatto che selezioniamo personalmente tutte le cosce, differenze significative durante e alla fine della stagionatura stessa sia nella qualità del prodotto che nel numero di cosce non idonee. Per quanto ci riguarda, alla marchiatura delle cosce Dop, fatta dagli ispettori dei Consorzi di Parma e San Daniele, lo scarto è inferiore all’1 (uno) per mille.
Commento
Citterio ritiene positivo che i nuovi disciplinari permettano di allevare suini a crescita rapida che possono arrivare dopo 9 mesi a 215 kg. L’ elemento interessante nella risposta riguarda l’ammissione che le partite di suino pesante quando arrivano al macello dopo nove mesi raggiungono 180 kg e non 160 come prevede il disciplinare. Secondo l’azienda si tratta di un dato realistico considerando il miglioramento negli ultimi 20 anni del benessere animale e dei mangimi. Questo incremento non può però giustificare i 215 kg che potrebbero raggiungere i singoli animali vivi, come previsto nella bozza del nuovo disciplinare. Per quanto riguarda la qualità dei prosciutti di Parma o di San Daniele che si otterrebbero inglobando nella filiera maiali dal peso record, Citterio dice che selezionando le singole cosce al macello non ha avvertito questo problema. Una cosa è certa, nessuno degli esperti da noi interpellati sostiene che i prosciutti ottenuti da razze di suini che dopo nove mesi pesano 20-30 kg in più, come prevede il nuovo disciplinare siano migliori, anzi in genere avviene proprio il contrario. Questo particolare dovrebbe favorire qualche riflessione da parte di tutta la filiera.
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[sostieni]
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Il Consorzio ha aggiornato il disciplinare autorizzando quello che prima era vietato; vien da chiedersi perchè fossero vietati certi suini che ora invece vanno bene. La risposta non la da la Qualità finale del prodotto, ma il volume di vendite ottenibile ovvero il fatturato. Mi sarei stupito se Citterio avesse fatto dichiarazioni contrarie al nuovo disciplinare, mettendosi di fatto in una posizione scomoda.
Citterio è una delle realtà produttive più importanti e legato a contenuti di qualità da sempre.
Il sostenere che i suini più performanti presentino caratteristiche organolettiche e qualitative inferiori ai suini più leggeri è una benemerita idiozia che dimostra come non si conosca la materia. Invito gli addetti ai lavori ad una più attenta valutazione dell’argomento trattato, abbandonando scandalismo, sensazionalismo e voglia di andare in prima pagina a scapito di tutta la filiera produttiva italiana. Ci sono luoghi preposti a questo come l’università, e le serie e qualificate aziende italiane che portano avanti con onestà ed abnegazione il made in itali esportando in tutto il mondo i nostri meravigliosi prodotti.
Tanti allevatori onesti e professionalmente preparati che producono una materia prima unica al mondo: il nostro suino pesante italiano.
Sintetizzo.
La domanda ricorrente che conclude tutti gli ultimi articoli sulla vicenda è :
“Da suini che hanno importanti accrescimenti giornalieri, pronti per il macello a 9 mesi e con elevati pesi finali, si ricavano comunque dei prosciutti DOP di qualità ?”.
La domanda è apparentemente semplice ma forse non lo è…
Infatti quasi nessuno risponde.
La filiera evita di prendere posizione.
L’unico rappresentante del mondo della ricerca che ha risposto dice che si debbono mettere dei paletti.
Alcune aziende dicono che selezionando la materia prima il risultato è sicuramente più che buono.
Me per uno che seleziona, naturalmente, ci sono molti che utilizzano la seconda e terza scelta.
Anche i prosciutti che derivano da queste cosce, evidentemente, soddisfano i requisiti di minima dei prosciutti DOP (altrimenti non riceverebbero il marchio finale).
Alla filiera e in primis ai Consorzi va bene così.
Con buona pace di tutti i consumatori con capacità di acquisto si adeguino e a questo punto più che al marchio (Prosciutto di Parma, ecc.,), guardino alla marca (Citterio, ecc). I consumatori con il portafoglio meno “capace” si accontentino di un prodotto DOP di “seconda” ovvero si rivolgano ad altri prodotti della salumeria italiana, magari meno costosi ma sicuramente altrettanto appaganti.
Non è tanto la diversa qualità il problema ( un prodotto di qualità inferiore si acquista una volta e mai più) quanto la cortina di fumo e dubbio che è stata alzata sulla vicenda.
Per quello che mi riguarda, questa sarà la prossima grande industria italiana che perirà sotto i colpi della furbizia, del profitto e, per ultimo, della ritrovata fase salutista sempre più dirompente ( parliamo pur sempre di carne conservata )
Luca, se l’industria italiana ha resistito alla schifezza che è diventato il prosciutto cotto resisterà a tutto!
Il cotto oramai da decenni è diventato una cosa viscida, bagnata e che presenta, guardando la singola fetta, un bell’arcobaleno lucido. Il gusto è diventato inaccettabile (per me).
Per il crudo invece nessuno si è accorto del cambiamento di razza dei maiali. A quanto pare siamo meno “buongustai” di quanto pensiamo. Io avevo notato negli anni uno spessore più ridotto della striscia di grasso attorno alla fetta ma non mi sembrava un difetto. Il crudo lo mangio ancora, il cotto non lo compro più
Gent.mo Roberto La Pira ho seguito con attenzione i suoi articoli sulla filiera dei prosciutti Parma e San Daniele. Le chiedo due cose. E’ certo che le modifiche previste ai disciplinari di produzione contemplino anche un ampliamento delle razze utilizzabili, ad esempio il Duroc danese? Seconda questione più banale: io ho memoria diretta del fatto che la macellazione dei suini a domicilio era fatta con capi che raggiungevano anche i 250 chilogrammi di peso con la motivazione ovvia che c’era più roba da mangiare e che il prosciutto sarebbe stato più buono. Io la penso ancora così, d’altra parte, mi scusi la battuta, parliamo di suino pesante italiano e un suino di 160 chili che pesante è !?
Il problema non è il peso ma l’età del suino, quello allevato in casa può anche arrivare a 250 kg ma magari ha già 12-13 mesi . Il Duroc itaiano alta resa che era ammesso fino a poco tempo fa si può considerare a tutti gli effetti un maiale a crescita rapida
perdonatemi ma Duroc ad alta resa non vuol dire che cresce più rapidamente ma che converte meglio l’alimento che ingerisce per cui è possibile somministrare meno mangime. In caso contrario sarebbe stato chiamato Duroc ad alto incremento.
all’interno di una partita o lotto di suini vi sono differenze di peso alla macellazione con stessa razza, stessa alimentazione e stesso ambiente e management , anche oltre i 30 kg
Saluti
Il problema è stabilire se da questi animali a crescita rapida si ottengono prosciutti di qualità. Nessuno lo dice e nessuno lo sa e allora perché cambiare i disciplinari includendo questi animali?
Il Duroc Alta Resa è un animale ammesso dai Disciplinari (è in tutto e per tutto un Duroc Italiana perciò un tipo genetico che và bene sempre e comunque, perchè citato in chiaro negli impianti normativi delle DOP come una delle razze tradizionali) che ha significative performance che si possono rintracciare anche in rete.
La domanda che non trova riposte è sempre la stessa. Le cosce di suini a crescita rapida come il Duroc italiano ad alta resa o il Duroc danese vanno bene per diventare prosciutti Dop? Come si comportano durante la stagionatura