Si chiama The Lost Apple Project (il progetto mele perdute), e anche se i volontari hanno dovuto temporaneamente interrompere le attività sul campo a causa del lockdown, negli ultimi mesi del 2019 ha portato la scoperta di dieci specie di mele selvatiche che si credevano ormai irrimediabilmente estinte. La storia, raccontata dall’Associated Press, unisce la passione di un gruppo di pensionati americani all’idea, del Temperate Orchard Conservancy dello stato dell’Oregon, attivo dal 2012, di far rivivere antichi cultivar, con lo scopo di aumentare la biodiversità e dare nuova vita a specie resistenti ai cambiamenti climatici.
Ogni anno, gli aderenti al progetto intraprendono lunghi viaggi negli stati del Nord quali l’Idaho e lo stato di Washington, muniti di antiche piantine e documenti catastali e comunali dove sono registrati frutteti abbandonati, giornali dell’epoca dei pionieri e di qualunque documentazione possa sembrare utile. Grazie al gps, una volta trovati gli alberi, spesso in canyon o foreste che oggi non ricordano affatto un frutteto, raccolgono i frutti, laddove presenti e, nella stagione fredda, campioni dai quali poter ricavare eventuali talee. Quindi portano tutto (di solito centinaia di mele) alla conservatory che, dopo aver effettuato minuziose indagini genetiche, cerca di identificare le specie con la collaborazione di storici della botanica, antropologi ed esperti di vario tipo, grazie a testimonianze, resoconti e soprattutto erbari e disegni delle mele antiche. Poi le ripianta in un frutteto dedicato, che contiene già un centinaio di varietà e che potrebbe arrivare a ospitarne 300. Tra queste vi sono Sary Sinap, arrivata dalla Turchia, Streaked Pippin, di cui è stata dimostrata la presenza a New York nel 1744 e la Butter Sweet of Pennsylvania, le cui prime tracce sono in Illinois nel 1901.
Nel frattempo i volontari rintracciano, per quanto possibile, la storia del proprietario dell’antico frutteto e della sua famiglia, per associarla ai frutti e recuperare così anche gli aspetti storico-culturali dei frutti che si pensavano estinti.
Secondo le stime, durante la colonizzazione erano state introdotte circa 17.000 varietà di mele dai coloni dei diversi paesi, che le avevano portate con sé per tutti gli Stati Uniti; oggi ce ne sarebbero 4.500, e quelle più popolari sarebbero tutte clonate e non ottenute dai semi, con grave impoverimento del patrimonio genetico e rischi in caso di malattie o crisi climatiche. Anche per questo si pensa che recuperare specie con patrimoni genetici più forti costituisca un ottimo investimento per il futuro.
Il progetto è totalmente no profit, e risente della carenza di fondi finora raccolti in manifestazioni nelle quali si vendevano talee dei meli perduti e iniziative in cui insegnava a coltivarli, tutte bloccate o cancellate, ma le donazioni sono aperte su facebook.
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Giornalista scientifica
Wow!!! Che storia meravigliosa!!!
Partirei volentieri anch’io alla ricerca di questi tesori perduti…
https://comunivirtuosi.org/giardino-delle-mele-antiche/ Dal Molise
http://natura.provincia.cuneo.it/prodotti-tipici/ortofrutta/mele-antiche-varieta-locali/
https://www.ortimanenti.it/antichi-meli.html da Biella
https://www.ilgiornaledelcibo.it/frutti-siciliani-antichi-da-salvare/
Questi sono solo alcuni esempi delle numerosissime iniziative , in Italia, di recupero di frutti che presenti in passato sono poi stati abbandonati
dalle popolazioni per motivi diversi tra cui magari la minore produttività , ma soprattutto per la concorrenza di prodotti standard più commerciali.
Il mancato riconoscimento del valore della biodiversità da una parte del mondo agricolo moderno molto interessato al denaro ( chi non lo è direte voi) è un pericolo in tempi di modifiche climatiche e migrazioni di parassiti , spero che sia l’iniziativa citata dall’articolo che quelle italiane creino una onda lunga di recupero di specie diverse dalle solite note ” mele di Biancaneve” tante volte troppo artefatte,trattate e sterili.