Un lettore ci ha chiesto perché nei supermercati il prezzo del prosciutto cotto oscilla da 9 a 40 euro al kg e se ci sono elementi per capire le differenze. Stiamo parlando di un prodotto che una volta veniva comprato basandosi sulla fiducia del salumiere. Adesso però siamo nell’era delle vaschette e il prosciutto è spesso venduto come prodotto civetta, sottocosto, che confondono le idee sulla qualità. Osservando l’etichetta è però possibile individuare su ogni confezione una delle diciture previste dalla legge del 2005 per definire le tre categorie merceologiche.
I diversi tipi di prosciutto cotto
Nel banco frigorifero dei supermercati troviamo infatti confezioni con la scritta “prosciutto cotto”, affiancate da altre con la dicitura “prosciutto cotto scelto”, oppure “prosciutto cotto di alta qualità”. Apparentemente le vaschette sembrano uguali, ma le differenze ci sono e riguardano soprattutto la percentuale di acqua aggiunta durante la lavorazione. Maggiore è l’umidità del prosciutto minore è la qualità. Il prodotto più economico è denominato semplicemente “prosciutto cotto”, costa meno di 10 euro, ha un’umidità pari all’81% ed è ottenuto assemblando le parti meno nobili della coscia di maiale. Si riconosce perché le fette sono lucide e gelatinose. Nell’elenco degli ingredienti troviamo oltre all’acqua, i polifosfati e le proteine di soia o di latte, aggiunte per trattenere una maggiore quantità di liquidi.
In seconda posizione troviamo un prodotto di qualità di intermedia: il “prosciutto cotto scelto” ottenuto da cosce intere. L’umidità può arrivare al 78,5%, e tra gli ingredienti si trovano anche polifosfati e proteine del latte o della soia. Il prezzo raddoppia.
Il prodotto migliore ha sull’etichetta la scritta “alta qualità”. Ha tenore di acqua inferiore al 75,5%, non contiene polifosfati e nemmeno proteine. È preparato solo con cosce di animali maturi, le fette non si appiccano tra di loro e si distinguono bene le fasce muscolari. Il prezzo supera i 30 euro.
L’ultima nota riguarda la scadenza. La legge prevede un intervallo di 30 giorni, ma il frigorifero deve essere a +4° C e spesso gli elettrodomestici di casa sono molto più caldi.
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analisi di mercato
Quindi il miglior prosciutto cotto in commercio è quello Alta Qualità, quindi a prescindere dalla marca e dal supermarket dove prendo prendo bene? e per quanto riguarda il biologico invece?
no, il miglior prosciutto è quello di coscia nazionale, che GENERALMENTE viene chiamato “alta qualità” o “premium” o similari.
Se un cotto “bio”, ma bio veramente, esistesse dovrebbe costare 30-40€ al kg a mio parere. Da affettare, non affettato ed in vaschetta.
Bè aspetta però, al super bio vicino casa mia hanno affettati di tutti i tipi bio in vaschetta e addirittura anche senza nitriti e nitrati. Penso che già solo x questo a livello di qualità dovrebbero essere al top meglio dei cotti “alta qualità” o “premium”, sbaglio?
Gentile Valeria,
la ringrazio per l’articolo, sicuramente d’aiuto rispetto ai fini che si prefigge. Però mi stupisco molto di non veder menzionati, all’interno di un articolo che ha per oggetto la qualità del prosciutto, le questioni legate ai nitriti e nitrati, elementi assolutamente prioritari per capire la qualità di questo alimento.
Cosa ne pensa a riguardo?
Il pezzo aveva in effetti l’obiettivo di spiegare alcuni criteri che possono incidere sul prezzo del prosciutto. I nitrati e nitriti sono previsti nel Decreto 21 settembre 2005 che disciplina la produzione e vendita di alcuni prodotti di salumeria. Il decreto dice che “La denominazione «prosciutto cotto» e’ riservata al prodotto di
salumeria ottenuto dalla coscia del suino eventualmente sezionata, disossata, sgrassata, privata dei tendini e della cotenna, con impiego di acqua, sale, nitrito di sodio, nitrito di potassio eventualmente in combinazione fra loro o con nitrato di sodio e nitrato di potassio.”
La presenza dei nitriti e nitrati è quindi comune a tutti i tipi di prosciutto cotto. Il loro utilizzo serve soprattutto per evitare lo sviluppo del botulino, batterio responsabile della produzione di una tossina potenzialmente mortale.
Aggiungo anche che in realtà le % di nitriti e nitrati mediamente presenti in un prosciutto cotto di buona qualità non sono dannosi.
C’è invece chi, cavalcando la paura immotivata di nitriti e nitrati, propone fantomatici salumi “senza nitriti” dove però leggendo l’ingredientistica si può notare la presenza di aromi. Tali aromi quasi sempre vogliono indicare la presenza di bietole o sedano rapa, che contengono di natura alte percentuali di nitriti (=frode in commercio?).
Certo, siamo d’accordo che non c’è nulla di illegale e che conservanti quali nitriti e nitrati sono previsti per legge, tuttavia la qualità dei salumi dipende anche dalla quantità di questi ingredienti, oltre che dalla qualità. E’ un fatto che, a livello salutistico, un prosciutto conservato con nitrati e vitamina C è qualitativamente superiore a un prosciutto conservato con nitriti.
Visti gli impatti non trascurabili che queste componenti potenzialmente hanno sulla salute direi che tenerne conto in un’analisi qualitativa potrebbe essere interessante.
Mi sfugge la citata legge in articolo che definisce la scadenza del cotto a 30 gg
Per approfondire l’argomento legga anche un articolo publbicato due anni fa che può essere utile
http://www.ilfattoalimentare.it/prosciutto-cotto-di-alta-qualita-troppe-aziende-vantano-una-qualita-inesistente-guida-allacquisto.html
Acquisto abitualmente il prosciutto cotto di alta qualità in un punto vendita di Biassono (piazza Italia) ed è decisamente eccellente. La sua qualità giustifica il prezzo. Grazie al vostro articolo ho compreso quali sono le denominazioni corrette (e lecite) e quali sono le caratteristiche dei vari tipi di prosciutto cotto. Grazie.
Le faccio i complimenti per l’articolo, in quanto chiaro ed eloquente. Mi sembrava però doverosa una precisazione.
I valori soglia citati nell’articolo si riferiscono non al contenuto effettivo di acqua nel prodotto bensì alla “umidità su prodotto sgrassato e deadditivato (UPSD)” citando l’art. 4 del decreto legislativo 21 settembre 2005. Tale UPSD risulta quindi essere un valore calcolato sulla base della % di umidità che in un prosciutto cotto può variare mediamente tra il 70 ed il 75%.