Bread, flour bag, wheat and measuring cup on black

ripresa economica, Spighe di granoI problemi della guerra tra Russia e Ucraina non riguardano solo la fornitura di gas e di energia, ma coinvolgono anche l’approvvigionamento di materie prime alimentari molto importanti come: grano, girasole, soia, mais e altri cereali. La situazione si fa sempre più critica e i prezzi, che già erano cresciuti nell’ultimo trimestre del 2021, continuano a salire in modo preoccupante e a volte vertiginoso. Per rendersi conto basta ricordare che Ucraina e Russia erano considerate il granaio d’Europa, e ancora oggi sono responsabili di circa un quarto della produzione mondiale di frumento tenero e di metà dei prodotti ricavati dal girasole, come l’olio.

Le conseguenze di questa situazione cominciano a farsi sentire quando andiamo a fare la spesa a causa del caro carburante, delle bollette di gas e luce e dei prezzi di alcuni prodotti che cominciano a lievitare. Da ciò deriva la decisione di Unicoop Firenze di limitare l’acquisto di alcuni beni. “Al momento – spiega Unicoop Firenze – non emerge alcun rischio relativo alla mancanza di prodotti nei supermercati a causa della guerra in corso in Ucraina. Tuttavia, alla luce di diversi episodi di accaparramento che si sono verificati nei nostri punti vendita da parte di alcuni operatori commerciali, la Cooperativa ha deciso di mettere un limite all’acquisto di quattro pezzi per socio per olio di semi di girasole, farina e zucchero. Una decisione che vuole tutelare da eventuali rischi speculativi”.

pasta grano prezzi

Che la situazione sia tesa è evidente basta dire che il 5 marzo scorso, l’Ungheria ha deciso di bloccare le esportazioni di grano per via del conflitto tra Russia e Ucraina. La cosa potrebbe causare carenze significative nell’approvvigionamento nazionale, e una conseguente impennata dei prezzi. “La decisione dell’Ungheria – evidenzia Emilio Ferrari, presidente di Italmopa – non deriva in alcun modo dall’interruzione dei flussi di importazione di grano dalla Russia e dall’Ucraina, complessivamente marginali, ma dalla decisione autonoma di  muoversi al di fuori delle regole europee alle quali il Paese ha volontariamente accettato di sottoporsi.” La buona notizia è che l’Ungheria sta tornando sui suoi passi per cui  rincari e  blocchi all’esportazione non dovrebbero riguardare i contratti già siglati.

Per capire la situazione attuale dei prezzi bastano quattro dati. L’Italia importa il 64% del grano tenero necessario per preparare pane, biscotti, pizza, dolci. Il fabbisogno totale di frumento tenero dell’industria molitoria è pari a 5,5 milioni di tonnellate, ed è  garantito per il 64% dalle importazioni e oltre il 30% proviene dall’Ungheria. Questa situazione di incertezza si riflette sul prezzo  che ha raggiunto la cifra record di 400 euro/tonnellata alla Borsa di Parigi. Rispetto alle rilevazioni del 17 febbraio, ultima settimana prima dell’inizio della guerra, il grano tenero ha subito una impennata del 31,4%.

Tornando alle importazioni noi acquistiamo il 47% del mais e il 73% della soia (due prodotti fondamentali per l’alimentazione animale). I rincari dal 17 febbraio per il  mais sono stati del 41% e per la soia del 9,5% . Il grano duro necessario per la pasta (ne importiamo il 44%) resta fermo tra 510 e 515 euro a tonnellata e dopo gli aumenti registrati nel 2021 è stabile da qualche settimana, anche perché non proviene dalle zone di guerra.

Pur avendo a disposizione tutti i dati prevedere di quanto rincareranno i listini dei prodotti che finiscono nel carrello della spesa è complicato. “È vero  – precisa Consorzi Agrari d’Italia – che il costo delle materie prime agricole incide solo sul 10% del prezzo pagato dal consumatore al supermercato per i prodotti alimentari a base di grano tenero, ma bisogna calcolare anche il caro energia e i rincari di trasporti, imballaggi e carburante. A questo punto il calcolo diventa complicato. Un elemento confortante riferita dagli addetti ai lavori, è che di fronte ad eventuali carenze di materie prime alimentari in Europa a causa della guerra, ci si ripuò rivolgere ad altri mercati nel mondo e non bisogna temere di restare a secco. Più complicato il discorso per gas ed energia.

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