Il mercato dei prodotti a base vegetale è in continua espansione, trainato dalla crescente attenzione per la sostenibilità. Nel tentativo di contribuire a ridurre l’inquinamento e il depauperamento di risorse naturali causati dagli allevamenti intensivi, sempre più persone optano per le alternative animal-free. L’ultima novità nel settore delle bevande vegetali è il potato milk, ovvero il ‘latte’ di patate, che va ad aggiungersi ai già noti prodotti a base soia, mandorle, riso e cocco, rispetto ai quali promette di essere più ecologico e adatto a essere consumato da un numero maggiore di persone. Nel maggio 2021 ha debuttato sul mercato svedese e da pochi mesi è approdato anche su quello del Regno Unito, venduto dalla catena di supermercati Waitrose, ma presto arriverà sugli scaffali (e forse nelle caffetterie) anche in Italia.
A lanciare il nuovo drink (battezzato DUG e proposto in tre versioni: normale, senza zucchero e per bar) è stata la start-up Veg of Lund che, grazie alla collaborazione con l’università di Lund, nel 2017 ha trovato il modo di ottenere un latte vegetale particolarmente cremoso partendo dal comune tubero, attraverso un processo di miscelazione a caldo che lo rende denso, oltre che ricco di proteine, fibre e vitamine (A, C, D, E, K e del gruppo B). Un prodotto adatto alle esigenze di una platea di consumatori più vasta rispetto ad altri sostituti vegetali del latte e più sostenibile dal punto di vista ambientale, visto che la carbon footprint attribuita al marchio è straordinariamente bassa (tra 0,27 e 0,31 kg CO2e/kg). Il merito di queste virtù sarebbe proprio dell’ingrediente distintivo del prodotto, ovvero le patate. Queste, naturalmente povere di grassi, non contengono né glutine né i più comuni allergeni alimentari e derivano da una produzione agricola che richiede poca acqua (fino a 56 volte in meno rispetto alle mandorle) e pochi ettari di terra (circa metà rispetto all’avena), non ha una cattiva reputazione legata alla deforestazione e non prevede Ogm per aumentare la resa.
Alcuni esperti, però, non condividono questi entusiasmi, né ritengono che il nuovo prodotto sia destinato a surclassare le alternative attualmente disponibili. “Come molte altre bevande vegetali – spiega Lucilla Titta, nutrizionista e ricercatrice dell’Istituto europeo di oncologia – quella a base di patate è in sostanza acqua, con aggiunta di vitamine, minerali, zuccheri, proteine e fibre. La percentuale di patate contenuta nella bevanda è del 6% ed è dunque chiaramente ininfluente sul contenuto nutrizionale, che dipende dall’aggiunta di nutrienti ricavati da altri alimenti, come le proteine dei piselli (1,3%) e le fibre della cicoria (1,1%), vari tipi di zuccheri (maltodestrine, fruttosio, saccarosio), grassi (olio di colza), emulsionanti (lecitina di girasole), aromi naturali e, infine, vitamine e sali minerali aggiunti (calcio, vitamine D, B12, B2,B9)”.
Per quanto riguarda la palatabilità, chi ha provato il ‘latte’ di patate riferisce di una consistenza cremosa e di un gusto neutro, “il merito – prosegue l’esperta – può essere attribuito all’equilibrio degli ingredienti della ricetta e al processo tecnologico utilizzato. Per ottenere una buona texture probabilmente si sono sfruttate le proprietà delle proteine vegetali e la consistenza data dagli amidi delle patate attraverso processi di riscaldamento”. Insomma, nonostante la salubrità delle patate in sé e la sostenibilità della loro coltivazione, che richiede un minore sfruttamento di risorse naturali rispetto ad altri tipi di verdure, difficilmente basterà sostituire il latte vero e proprio con il potato milk per ridurre del 75% l’impronta climatica, come indicato dall’azienda nel sito del prodotto.
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