Il video sul pomodoro cinese che ilfattoalimentare.it ha proposto su You Tube ha scatenato molte reazione, e anche la fantasia dei lettori. Alcuni avanzano riserve sulla correttezza della scritta “Pomodoro italiano” presente sulle etichette, altri ritengono che il raccolto italiano non sia sufficiente a soddisfare il mercato e così via.
Per capire come stanno le cose bisogna fare un passo indietro e dire che l’Italia importa dalla Cina bidoni da 100-200 kg che contengono solo e unicamente triplo concentrato di pomodoro. E’ vero le importazioni sono cresciute molto negli ultimi anni (si è arrivati a 90 mila tonnellate), ma si tratta di quantitativi ridicoli se paragonati alla produzione di concentrato made in Italy che è tre volte superiore. L’altro elemento poco conosciuto è che importiamo concentrato di pomodoro anche da California, Grecia e altri paesi.
L’aspetto importante è però un altro. Gli italiani non amano il concentrato di pomodoro, tanto che il 98% di quello prodotto dalle nostre imprese viene esportato. Quello che si trova nei punti vendita è meno del 2% (*), ed è ottenuto da materia prima nazionale. Per correttezza va detto che il concentrato di pomodoro cinese viene acquistato e rilavorato da una decina di aziende conserviere italiane nel periodo invernale, per produrre tubetti e vasetti destinati ai paesi africani. Un parte viene utilizzata da alcune aziende europee come ingrediente nelle bottiglie di ketchup, nei sughi pronti e in altri prodotti dove il pomodoro risulta un ingrediente minore. Ma non si può generalizzare, perchè ci sono aziende italiane che per i sughi usano concentrato di pomodoro biologico made in Italy, come scritto in etichetta.
La favola del pomodoro cinese è una grande bolla di sapone inventata da Coldiretti e dai media, visto che praticamente non si trova nei supermercati italiani e che quello importato transita soltanto, per finire all’estero.
Un altro elemento da chiarire è che il triplo concentrato cinese, anche se può scatenare molte fantasie, è un prodotto alimentare in regola con le norme igienico-sanitarie europee, viene sottoposto a regolari controlli doganali e non si discosta molto dal prodotto italiano, salvo il prezzo inferiore.
Annibale Pancrazio presidente dell’Anicav (Associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali) è stato molto categorico su questo punto e in un’intervista rilasciata a Ilfattoalimentare.it precisa che «le confezioni di pomodori pelati, le bottiglie di passata e di polpa di pomodoro, come pure le confezioni di pomodori venduti in Italia contengono il 100% di materia prima italiana, come scritto in etichetta».
Qualche lettore ipotizza che il pomodoro non sia “made in Italy” perché la quantità raccolta non basta. Non è vero. «La raccolta del pomodoro fresco per la trasformazione è più che sufficiente a coprire la necessità produttiva delle nostre imprese che lavorano solo pomodoro italiano – precisa Pancrazio. In media si trasformano ogni anno circa 50 milioni di tonnellate di pomodoro fresco e il 60% viene esportato in altri paesi».
Questa è la verità sul concentrato di pomodoro cinese le altre sono favole.
Roberto La Pira
(*) rilevazione fatta valutando il consumo diretto sugli scaffali da Symphony IRI Group
a proposto di favole della coldiretti oggi il responsabile qualità , Manfredini, ha rilasciato un’intervista davvero sconcertante a Radio 24, nella quale sostiene la solita storiella del cibo degli altri peggiore del nostro; in questo caso diceva che i "tedeschi hanno abbassato la guardia"; ma non si ricorda/sa che le regole igieniche sono le stesse in tutta Europa? E che casi che implicano crisi di consumo sono accaduti, accadono (solo oggi ho visto analisi micro con salmonella su un alimento fresco) e accadranno anche in Italia? Che siamo importatori di MP ed esportatori di prodotti trasformati? Si aspetterà dunque solidarietà e difesa da parte dei parnter europei nel caso malaugurato che tocchi a noi o che altro? Chi la fa l’aspetti dice un vecchio proverbio ….
Ci sarebbe da suggerirgli, se cadesse su terreno fertile, che quando c’è un pericolo gli eserciti serrano i ranghi; evidentemente le "guardie" della coldiretti sono troppo sparse a presidiare le campagne dai pericoli che incombono sui propri prodotti ….
MM
agronomo, consulente alimentare