In riferimento all’articolo pubblicato su Il Fatto AlimentareI prodotti arricchiti con Omega 3 sembrano inutili per le patologie cardiache. Meglio l’esercizio fisico e una dieta variegata” l’Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari precisa che:

 

Il citato studio pubblicato da JAMA riporta numerosi dati non corretti relativamente all’utilizzo degli omega 3. Nello studio gli autori cercano di combinare numerosi studi, aventi diversi obiettivi, differenti popolazioni di pazienti e diversi tipi di intervento, per verificare l’efficacia degli acidi grassi omega3. Trarre conclusioni significative da una serie di studi così ampia, nello sforzo di raggiungere una conclusione generale circa la loro efficacia, è molto difficile a causa delle diversità nei dati.

 

Gli autori dello studio hanno osservato che il trattamento di pazienti con farmaci quali statine, betabloccanti, antiipertensivi e antiaritmici può nascondere gli effetti meno potenti e più a lungo termine degli acidi grassi omega-3 a catena lunga utilizzati in forma di integratori, e non a dosaggi farmacologici.

Secondo Giovanni Scapagnini, biochimico clinico dell’Università del Molise e membro del Direttivo della SINUT: “Un consistente gruppo di studi scientifici, inclusi studi epidemiologici, osservazionali e di intervento, dimostrano  gli effetti positivi degli acidi grassi omega-3 sulle malattie cardiovascolari. In particolare si sottolinea che una mirata revisione sistematica pubblicata nel 2009 da Marik e Varon della Thomas Jefferson University di Philadelphia, uno dei migliori centri di eccellenza al mondo per la ricerca sul cuore, ha studiato l’effetto della supplementazione con EPA e DHA per la prevenzione secondaria di eventi cardiovascolari e ha evidenziato una riduzione significativa della mortalità cardiovascolare. In Europa, nell’ambito di un processo molto rigoroso per valutare le indicazioni sulla salute (i cosiddetti “health claims”), l’EFSA (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha espresso un parere positivo per due indicazioni sulla salute relative agli acidi grassi omega-3 e benefici per il cuore. Le due indicazioni sono relative al mantenimento della pressione sanguigna normale (con una dose di 3g/day), e per il mantenimento di concentrazioni ematiche di trigliceridi a digiuno (con un assunzione di 2-4g/day). Un’ulteriore e recente valutazione EFSA ha concluso che i livelli indicati di assunzione non destano preoccupazioni per la sicurezza per gli adulti. Inoltre, sulla scorta delle due valutazioni positive dell’EFSA, la Commissione Europea nel nuovo regolamento (REGOLAMENTO (UE) N. 432/2012 DELLA COMMISSIONE del 16 maggio 2012 ) sulle indicazioni sulla salute consentite ai cibi e integratori, per gli omega 3 ha stabilito che “Contribuiscono alla normale funzione cardiaca” (per EPA o DHA a un dosaggio di 250 mg die). Infine, negli USA nel 2004 la FDA ha approvato un’indicazione per la salute relativa agli effetti benefici dell’assunzione di acidi grassi omega3 nella riduzione delle malattie coronariche (*)”.

Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari (AIIPA)

(*)  www.fda.gov/Food/LabelingNutrition/LabelClaims/QualifiedHealthClaims/ucm072936.

 

Il fatto alimentare risponde

 Le metanalisi aggregano studi diversi con elementi comuni e comparabili: per questo la prima selezione individua centinaia di ricerche salvo poi considerarne solo poche decine realizzate in base a severi criteri statistici. In questo caso la revisione finale ne ha presi in esame 20, per un totale di oltre 68.000 partecipanti; gli eventuali bias sono gli stessi insiti in qualunque tipo di metanalisi.

Nonostante i limiti insiti nella natura della valutazione, è comunque la metanalisi (ricordiamolo, governata da criteri statistici molto rigidi) lo strumento scelto per le valutazioni Evidence-based, ossia per quelle grandi analisi della letteratura che consentono di arrivare a indicazioni scientificamente fondate, utili per medici e pazienti e solitamente adottate da autorità sanitarie e società scientifiche.

 

Nello specifico, va detto che il terreno è più che minato. Per tutti i supplementi alimentari (a partire dalle vitamine) vale infatti la medesima regola: dal momento che gli stessi componenti vengono assunti anche con la dieta, diventa difficile scindere le azioni dovute all’assunzione di un preparato in pillole da quelle che si hanno in base all’alimentazione quotidiana ( anche perché è il partecipante allo studio che indica che cosa ha mangiato), con tutti i rischi che questo comporta. In persone che assumono omega tre, c’è un fattore che complica ulteriormente il giudizio: la contemporanea assunzione di farmaci, quasi sempre presente, e l’età avanzata, frequente tra i partecipanti agli studi.

Tutto ciò determina e ha determinato negli ultimi anni conclusioni contraddittorie in merito alle supposte qualità terapeutiche dei supplementi, compresi quelli con omega tre. Dopo la revisione della settimana scorsa, per esempio, uno studio pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition , condotto su 20.000 medici e avente come scopo la dimostrazione un effetto positivo sullo scompenso cardiaco, è giunto ancora una volta a conclusioni poco chiare, che hanno condotto gli autori a sottolineare: meglio introdurre il pesce nella dieta e non affidarsi ai supplementi.

Infine, molti studi hanno messo in luce l’innocuità dei supplementi a base di omega tre, ma ciò non giustifica il fatto di raccomandarne l’uso a scopo preventivo se non in persone che hanno avuto un infarto o che hanno un eccesso di grassi nel sangue, come in effetti fanno tutte le principali società scientifiche del mondo. Aggiungendo però sempre una considerazione: sarebbe meglio assumerli con la dieta e non ricorrere agli integratori.

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Pino
Pino
5 Ottobre 2012 14:26

Qualcuno forse ricorderà che gli studi epidemiologici sulle popolazioni dell’Alaska, alcuni decenni fa, mostrarono in modo chiaro il legame tra l’assenza di patologie cardio-vascolari e una dieta basata su prodotti ittici. Perchè ostinarsi a negare la funzione dei grassi del pesce, anche sotto forma di integratori per chi non possa assumer salmone a pranzo e a cena?

Andrea Poli
Andrea Poli
11 Ottobre 2012 19:08

Un grosso problema della metanalisi è che mette insieme studi in media piuttosto "corti" (la metà era durata 2 anni o meno). Con studi così brevi è molto difficile rilevare effetti positivi su patologie come l’infarto o l’ictus. Ci vogliono in genere studi di 4-5 anni (come insegnano gli studi con statine o antipertensivi), altrimenti gli effetti protettivi possono non avere il tempo di manifestarsi.

gianko
gianko
16 Novembre 2012 00:36

mah.. a me le statistiche e gli studi (+/- interessati) non interessano più di tanto; io so che i trigliceridi che avevo alti da un sacco di tempo, sono andati a posto dopo un bel po’ di tempo con gli omega 3.. poi le ricerche "scientifiche" possono dire quello che vogliono..