Lo scorso giugno il Consiglio dei ministri europei dell’Agricoltura e della pesca (Agrifish) e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo preliminare sulle nuove regole per l’etichettatura degli alimenti biologici per gli animali da compagnia: è stato accolto quanto proposto dalla Commissione europea nel novembre 2022 per uniformare il settore del bio e allineare la produzione del pet food alla normativa UE e agli standard già applicati agli alimenti destinati al consumo umano, offrendo maggiori certezze tanto ai produttori quanto ai proprietari-acquirenti di cibo biologico per animali.
Il nuovo regolamento prevede che un alimento per animali confezionato potrà esporre il logo europeo di produzione biologica soltanto se il 95% (in termini di peso) degli ingredienti agricoli utilizzati per produrlo sarà ‘bio’. In presenza di una percentuale inferiore, la dicitura ‘biologico’ potrà essere utilizzata soltanto nell’elenco degli ingredienti, ma non per classificare il prodotto nel suo complesso.
L’accordo raggiunto risolve l’ostacolo normativo suscitato dall’entrata in vigore, nel 2022, del regolamento (UE) 2018/848 secondo il quale, per conquistare l’etichetta bio, gli alimenti trasformati per animali avrebbero dovuto contenere ingredienti biologici al 100%. Un requisito spesso impossibile da soddisfare a causa della mancanza di disponibilità di ingredienti biologici appropriati per migliorare l’appetibilità per garantire il valore nutrizionale degli alimenti per animali domestici.
Nel prossimo futuro, il nuovo regolamento aumenterà il numero dei produttori che potranno entrare in questo particolare segmento del mercato del pet food, aumentando la disponibilità e contribuendo agli obiettivi dell’agricoltura biologica dell’UE previsti dalla strategia Farm to Fork. In più renderà più facile per i consumatori identificare gli ingredienti biologici, inclusi quelli provenienti dalle attività di caccia e pesca e quindi scegliere in modo più consapevole gli alimenti con cui nutrire il proprio pet.
Ora tocca ai Paesi membri esprimersi sulla proposta di regolamento, il cui testo – dopo una revisione giuridica e linguistica da parte del Consiglio Agrifish – potrà essere definitivamente adottato dai singoli Stati, aggiungendosi alle norme già introdotte in fatto di etichettatura di pet food e mangimi. Il particolare questi prodotti devono riportare in etichetta una serie di informazioni relative alla denominazione del prodotto e della specie cui è destinato, all’elenco degli ingredienti e dei valori nutrizionali (contenuto in umidità, proteine, grassi, fibre, vitamine e oligoelementi, presenza di additivi) ma anche alla cosiddetta ‘procedura di rintracciabilità’ (stabilita dal Regolamento Ue 178/2002), uno strumento pensato per poter seguire e ricostruire il percorso – attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione – di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime, nonché a renderli tracciabili e rintracciabili in caso di allerta.
Particolare attenzione è posta poi agli obblighi di trasparenza per gli organismi geneticamente modificati (Ogm) autorizzati dall’Ue che, in base a quanto stabilito dal Regolamento europeo 1830/2003 devono essere esplicitamente riportati in etichetta attraverso la dicitura di uno specifico codice alfanumerico univoco, assegnato allo scopo di sorvegliare i loro potenziali effetti sulla salute umana, animale e ambientale. Ma questa norma non si applica se la presenza di materiale geneticamente modificato è inferiore allo 0,9% o se può esserne dimostrato il carattere accidentale e tecnicamente inevitabile. Per questo motivo la strada verso un’etichettatura trasparente fino in fondo non si è ancora conclusa.
Un passo avanti nell’autenticazione degli alimenti, a tutela degli animali domestici e dei loro proprietari è stato rappresentato dall’introduzione nel 2023 della tecnica ‘DNA barcoding’. Un nuovo studio condotto in Corea del Sud, finanziato dalla National Research Foundation of Korea (NRF) e pubblicato lo scorso marzo, ha infatti dimostrato come questo metodo sia in grado di rilevare errori (intenzionali e accidentali) nell’etichettatura degli alimenti per animali domestici, che possono avere un impatto dannoso sulla loro salute o che semplicemente possono indurre in errore l’acquirente-proprietario (è il caso di quei prodotti che contengono alimenti non dichiarati o che, viceversa, dichiarano ingredienti non effettivamente presenti nella loro formulazione).
Questa è solo la più recente di una serie di indagini condotte in precedenza in diversi Paesi, i cui risultati suggeriscono un tasso relativamente elevato di etichettatura errata degli alimenti per animali domestici, derivante da una sostituzione intenzionale o non intenzionale degli ingredienti da parte dei produttori o dalla contaminazione che può avvenire negli impianti che utilizzano le stesse attrezzature per lavorare prodotti diversi.
Per evitare che il problema dell’etichettatura errata dei prodotti per animali domestici peggiori per effetto della diversificazione gli ingredienti che i produttori utilizzano per espandere i loro mercati, i ricercatori suggeriscono un’espansione della raccolta e dell’analisi dei campioni di pet food, nonché l’introduzione di codici (a barre o alfanumerici) pensati per promuovere ulteriormente l’autenticazione degli alimenti per animali domestici disponibili in commercio.
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