Ci sono sostanze tossiche che, anche molti anni dopo la fine del loro impiego, continuano a dispiegare i loro effetti nocivi sulla popolazione, a volte irreversibili e drammatici; per questo sono genericamente definite persistenti. Tra di esse vi sono alcuni degli insetticidi protagonisti delle prime grandi campagne di eradicazione di malattie endemiche e dello sviluppo delle coltivazioni intensive del Novecento. Come il DDT, che è stato introdotto nel 1939 e vietato negli anni Settanta, decisivo nella lotta alla malaria, di cui ancora oggi si possono trovare tracce nell’organismo delle persone che abitano nelle zone più contaminate.
Un altro caso altamente simbolico è quello del dibromocloropropano (DBCP), nematocida estensivamente impiegato contro alcuni vermi nematodi parassiti delle banane e non solo, nonostante già molti anni prima della sua introduzione, avvenuta nella seconda metà degli anni Sessanta, ci fossero stati indizi preoccupanti di un suo effetto sulla fertilità maschile.
A ricostruire la vicenda di questa sostanza, spruzzata in enormi quantità nelle piantagioni di molti paesi del Centro America, è ora la BBC, che fa parlare alcune delle migliaia di uomini diventati irreversibilmente sterili per aver utilizzato il DBCP per anni senza protezioni, a parte – in alcuni casi – una visiera, mentre sarebbero stati necessari guanti, pantaloni impermeabili, calzature adatte e tutto ciò che può evitare un contatto diretto con il corpo. Decine di migliaia di lavoratori o ex lavoratori delle piantagioni di banane di Costa Rica, Ecuador, Guatemala, Honduras e Nicaragua diventati sterili in seguito hanno fatto causa o a chi produceva la sostanza, colossi della chimica e della lavorazione degli idrocarburi come Dow e Shell, o a chi imponeva loro di utilizzarla. Tuttavia, per vari motivi, quasi nessuno ha avuto alcuna compensazione, con l’eccezione di qualche piccolo risarcimento su cui qualcuno di loro si è accordato.
Le cause, spesso protrattesi per anni, sono basate tutte su un fatto iniziale: già negli anni Cinquanta alcuni test su mammiferi quali roditori e conigli avevano mostrato una diminuzione della conta spermatica e, in qualche caso, l’atrofia dei testicoli conseguente all’esposizione al DBCP. Nel 1961 uno degli autori degli esperimenti, Charles Hine, aveva mandato una segnalazione alle autorità sanitarie americane sui possibili rischi. Eppure nessuno aveva approfondito e anzi, la Shell aveva subito contrattaccato, dicendo che si trattava di speculazioni, e che non c’era alcun pericolo per l’uomo. Hine, diventato in seguito consulente della stessa Shell e della Dow, aveva consigliato di indicare la necessità di una protezione integrale, ma nessuno dei prodotti commercializzati ha mai recato prescrizioni specifiche sull’etichetta.
Ma tutti i principali produttori di banane, Standard Fruit, poi diventata Dole Fruit, Chiquita e Del Monte, hanno fatto grande ricorso al Fumazone (questo il nome commerciale del prodotto Dow), e hanno continuato a utilizzarlo anche dopo il primo bando negli Stati Uniti, del 1977, deciso dopo che 35 lavoratori erano diventati sterili in California. In quel momento la Environmental Protection Agency americana aveva sospeso in modo netto l’autorizzazione relativa a 19 colture e aveva applicato una sospensione condizionale a tutte le altre, permettendo di fatto un impiego molto limitato, e solo a coltivatori in grado di assicurare una totale protezione del personale. Nel 1979, poi, aveva optato per il bando totale sul suolo americano, con la sola eccezione delle piantagioni di ananas delle Hawaii, che hanno continuato a essere spruzzate con DBCP fino al 1985, nonostante Shell e Dow avessero interrotto la sintesi nel 1977 e, stando alle loro dichiarazioni, la vendita entro il 1979 (ma disponevano di enormi scorte, inviate in America centrale per molti anni).
Nei processi sono emerse le prove che almeno un paio di produttori, la Occidental Chemical e la AMVAC hanno continuato a vendere DBCP rispettivamente fino al 1979 e fino a metà degli anni Ottanta, ma questo non è bastato a ottenere alcuna condanna, perché la difesa ha sempre sostenuto che non fosse chiara la destinazione finale degli scambi commerciali dei mediatori, e neppure i dosaggi eventualmente utilizzati dagli agricoltori (elemento cruciale, visto che la tossicità dipende da essi); né Chiquita né Del Monte hanno mai risposto alle richieste di replica della BBC.
Al momento, ci sono soltanto due cause ancora in dibattimento, e secondo uno degli avvocati coinvolti, che difende lavoratori di Guatemala, Costa Rica, Ecuador e Panama, le parti citate continuano a opporre vizi procedurali, strategia non difficile da applicare, visto che si tratta di fatti di molti anni fa. Uno dei casi più clamorosi è stato quello di un processo annullato in California nel 2010: la causa intentata da 1.160 lavoratori di Panama, secondo il giudice, si erano rivolti al foro sbagliato.
Nel 2013 la European Environmental Agency ha pubblicato un rapporto di 700 pagine sulla vicenda, portata a esempio di una pessima scienza e di una se possibile anche peggiore attenzione delle autorità sanitarie, che hanno largamente sottovalutato i dati disponibili già dalla fine degli anni Cinquanta.
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Giornalista scientifica
Tutte sostanze che la produzione biologica esclude, per il rispetto della terra e dei lavoratori