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Dopo l’intervento di Giancarlo Belluzzi sulla peste suina pubblicato nei giorni scorsi su Il Fatto Alimentare, ospitiamo l’intervento Silvio Borrello della Food &Health Consulting, per anni direttore dei servizi veterinari al ministero delle Salute. L’esperto focalizza l’attenzione sul fatto che da qualche settimana il virus ha fatto un salto qualitativo perché se prima colpiva solo i cinghiali selvatici adesso sono arrivati i primi casi in alcuni allevamenti della Lombardia. La brutta notizia di questi giorni che appesantisce ulteriormente la situazione è che alla fine di agosto è stato segnalato il primo caso di peste suina in Svezia.

Non era difficile prevedere che prima o poi la peste suina africana avrebbe colpito anche i suini domestici in qualche allevamento intensivo! È del 25 agosto la conferma da parte dell’Istituto zooprofilattico della positività per Psa di campioni prelevati in un allevamento suino da ingrasso sito nel comune di Zinasco (PV) che allevava un migliaio di capi. Quello che è sconcertante apprendere che  nell’allevamento, dai primi di agosto, si era manifestata una mortalità anomala che ha portato al decesso, in modo progressivo, circa 400 animali e che, nonostante ciò l’allevatore avesse inviato, incurante della mortalità degli animali e della malattia in tre distinti macelli della Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna circa 600 animali.

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La peste suina è arrivata negli allevamenti di suini. Non è più un problema solo dei cinghiali selvatici

Dalle prime informazioni diramate dalla Regione si desume che né l’allevatore né il Veterinario libero professionista abbiano mai comunicato alle Autorità competenti il sospetto di questa ben nota e grave malattia infettiva, di fatto consentendo la possibile diffusione del virus attraverso animali, persone, mezzi di trasporto, lettiera, in allevamenti e macelli ecc. Solo la casualità di un intervento programmato dalla ATS di Pavia e la professionalità di una collega veterinaria  hanno permesso di conoscere l’esistenza di ‘una bomba biologica’. Qui non si vuole colpevolizzare  o anticipare processi o misure nei confronti degli uni o degli altri , ma una serie di domanda vorremmo fare all’‘allevatore’, lo chiamiamo così ma non merita questo nome, poiché con il suo comportamento ha messo a rischio la salute ed il benessere non solo dei suoi animali ma anche di tanti Allevatori rispettosi delle regole che hanno investito in biosicurezza e oggi si vedono costretti a sopportare delle limitazioni per colpe non loro.

Altrettante domande vorremmo farle al ‘veterinario libero professionista’ di cui non conosciamo né nome, né età ne esperienza: è possibile che tu non conosca l’ABC delle malattie infettive o, tradendo il giuramento d’Ippocrate, ti sei piegato agli interessi privati consapevole del danno che tale comportamento dissennato avrebbe provocato alla collettività locale, che ti offre il lavoro, ma all’intero Paese con il rischio di danni economici incalcolabili con la chiusura di mercati internazionali per i nostri prodotti. Vogliamo essere ottimisti, ma non è facile, siamo sicuri che le regioni interessate, le Aziende sanitarie locali o territoriali, il ministero della Salute sapranno energicamente intervenire sia con una tempestiva ed accurata indagine epidemiologica che permetta di individuare ogni possibile contatto di uomini e mezzi legati all’allevamento di Pavia sia per rafforzare le misure sanitarie nei confronti della peste suina. È necessario un patto di filiera: allevatori, macellatori e trasformatori, poiché con i soli indennizzi agli allevatori o con la costruzione delle reti con la caccia, con arco e frecce, non si eradica la peste suina. Occorre innanzitutto:

  1. la consapevolezza della gravità della malattia e del momento, con i mercati internazionali pronti ad occupare gli spazi vuoti lasciati dai prodotti italiani;
  2. l’adeguatezza delle risorse e il loro intelligente utilizzo dotando i servizi veterinari a livello centrale, regionale e locale di uomini e mezzi, per affrontare questa emergenza che è tale solo perché non si è dato ascolto a coloro che conoscono bene la gravità e le conseguenze della peste suina ma ci si è affidati a provvedimenti legislativi tampone ne risolutivi ne preventivi;
  3. verificare e potenziare la ‘linea di comando’ stabilita con il D.L. 136/2022 in materia di prevenzione e controllo delle malattie animali, poiché non ci possono essere comportamenti difformi tra Regioni e Regioni: le malattie infettive abbiamo visto che non hanno confini;
  4. informare e formare adeguatamente gli allevatori sui rischi delle malattie infettive, delle possibili conseguenze e dell’applicazione delle sanzioni in caso di mancato rispetto delle norme; aggiornare i veterinari pubblici e privati sulla reale situazione epidemiologica in Italia e in Europa e sulle caratteristiche della Psa e vie di diffusione e sulla necessità della verifica del rispetto delle condizioni di biosicurezza con formazione fatta da specialisti della materia;
  5. applicare sanzioni efficaci, che non possono essere solo le sanzioni amministrative di qualche migliaia di euro come previsto dal D.L 136 del 2022 ma si applichino, una volta accertate le responsabilità, le norme previste dal codice penale in materia di diffusione di malattie infettive e diffusive del bestiame, il mancato indennizzo ed il pagamento di spese e risarcimento dei danni alla collettività;
  6. rafforzare il sistema Classyfarm e verificando rapidamente i livelli di biosicurezza degli allevamenti e rendendo immediata la tracciabilità delle carni, non solo macello e laboratorio di sezionamento ma anche allevamento d’origine.

Silvio Borrello (Food & Health Consulting)

© Riproduzione riservata Foto: Fotolia, Depositphotos

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Laura
Laura
12 Settembre 2023 10:34

Sono molto d’accordo sul disappunto su professionisti che non hanno fatto quanto dovuto, sul crimine che hanno volontariamente causato o non limitato e danno arrecato all’intera filiera suino. Da radiare.
Ora si deve ricorrere ai ripari con interventi mirati e tempestivi, anche di supporto a chi subisce danni e non ne ha colpa.

giova
giova
12 Settembre 2023 19:52

“Quello che è sconcertante apprendere che nell’allevamento, dai primi di agosto, si era manifestata una mortalità anomala che ha portato al decesso, in modo progressivo, circa 400 animali e che, nonostante ciò l’allevatore avesse inviato, incurante della mortalità degli animali e della malattia in tre distinti macelli della Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna circa 600 animali.”: sì è sconcertante. Ma forse è anche un reato, e in tal caso andrebbe denunciato.

Stefano
Stefano
13 Settembre 2023 14:57

Sono un veterinario Usl in pensione, e fino a quando ero in servizio i suini morti venivano inviati alla distruzione con mezzi trasporto sottoprodotti e veniva coinvolto il vet Usl per l’emissione di un doc di trasporto e quindi se ne poteva forse accorgere dell’aumento del numero dei suini morti ?
Forse adesso non è più richiesto l’intervento del veterinario Usl per l’invio delle carcasse alla distruzione?
Un cordiale saluto.

Gina
Gina
21 Settembre 2023 07:50

Io invece voglio esprimere pubblicamente il mio totale disappunto per i veterinari Asl che sono giunti al rifugio ” Cuori Liberi” ,in provincia di Pavia dando il via ad un eutanasia di gruppo di 9 suini a causa di un focolaio di pandemia suina ,non dando ai i veterinari di fiducia del rifugio” Cuori liberi” di potersi accertare che tutto avvenisse seguendo procedure lecite che non arrecassero alcuna sofferenza ai suini .E no veterinari Asl ,,non si agisce così… Se qualsiasi veterinario dovesse relegare il proprietario di qualsiasi animale in sofferenza o che sta morendo o che e gravemente malato malato ,dicendogli che non può assistere all eutanasia e quindi di stare in un altra stanza ad aspettare ,prendete il vostro animale e cambiate immediatamente veterinario.Nessun veterinario ,neanche veterinari Asl possono permettersi ciò…

giova
giova
Reply to  Gina
3 Ottobre 2023 14:36

Gl’interventi istituzionali in genere seguono delle procedure lecite … non è che magari si sia creata una contrapposizione sul tipo e modalità d’intervento?

Mauro
Mauro
3 Ottobre 2023 08:40

Trovo molto grave che una personalità come Silvio Borrello scarichi tutta la colpa a un allevatore o a un collega libero professionista.
Le colpe sono be altre e sono a capo dell’Autorità Competente, a partire dal Ministero fino alle ASL (o ATS) che per mesi dopo i primi casi nei cinghiali non hanno fatto nulla. Anche nel caso dell’allevamento nel Pavese, la risposta se l’è data da solo… che la sorveglianza sia affidata alla “casualità di un intervento programmato dalla ATS di Pavia” è molto grave. Purtroppo, però, siamo a questi livelli.
La verità è che i controlli negli allevamenti sono programmati una o due volte l’anno.
Per non parlare di quello che non si è fatto dai primi casi nei selvatici in Piemonte e Liguria… Un disastro annunciato.
Io proporrei di applicare le sanzioni amministrative e penali anche ai vertici del Ministero della Salute, giù fino ai vari responsabili dei Servizi Veterinari. Perché giustizia dev’essere fatta a partire da chi ha le responsabilità di decidere se e cosa fare.

giova
giova
Reply to  Mauro
3 Ottobre 2023 15:26

@Mauro: La prevenzione ha un costo, anche per le risorse umane necessarie. Negli anni abbiamo assistito invece a un lento ed inesorabile “dissanguamento” del “corpo istituzionale”: le risorse umane e strumentali, ma soprattutto quelle finanziarie sono diminuite oltremisura. E gli effetti di questa politica scellerata si fanno sentire in tutti i settori della pubblica amministrazione, anche in settori cruciali come in quello degl’infortuni sul lavoro.

Mauro
Mauro
Reply to  giova
4 Ottobre 2023 08:26

sono d’accordo…. I veterinari ufficiali “in campo” (on-site…) sono sempre meno e le responsabilità aumentano. A maggior ragione, i vertici dovrebbero capire la situazione e non addossare le colpe a chi si sporca le mani quotidianamente

Patrizia
Patrizia
3 Ottobre 2023 11:52

Dopo aver visto le immagini a Presa Diretta su come sono allevati in maniera intensiva e “disdicevole” per non aggiungere di peggio i maiali non mi stupisce affatto che questi allevamenti siano stati colpiti. E non mi stupisce nemmeno la non curanza dell’allevatore, come pure del veterinario. Come sempre prevale il business su tutto il resto!!!