Se gli americani di mezza età oggi sono così in sovrappeso, la causa va ricercata non tanto o non solo nella loro alimentazione attuale, ma in quella di quando erano bambini, negli anni Settanta. Questa l’originale tesi sostenuta dai ricercatori dell’Università del Tennessee di Knoxville in uno studio pubblicato su Economics and Human Biology, nel quale sono stati confrontati i dati del consumo pro capite di zuccheri e, in particolare, di sciroppo di mais a elevato contenuto di fruttosio, e l’andamento del peso in base ai dati dei Centers for Disease Control di Atlanta tra il 1990 e il 2004.
L’idea nasce da una constatazione di fatto: oggi è obeso il 40% degli americani, ovvero non meno di 93 milioni di persone, e l’incremento dell’obesità è diventato esponenziale dopo il 2010. Ma il consumo di zuccheri è in diminuzione dagli anni Novanta. Così, per esempio, in Tennessee, nel 1990 il tasso di obesità era dell’11%, nel 2016 del 35%, ma nel frattempo l’assunzione di zucchero è calata, sia pure di poco. I due fatti, quindi, non procedono nella stessa direzione. E questo ha portato i ricercatori a credere che il contributo principale all’esplosione dei chili di troppo non sia tanto quello della dieta attuale ma quello di ciò che si è mangiato nell’infanzia, che avrebbe conseguenze di lunghissima durata.
Un fatto, poi, ha costituito uno spartiacque: l’introduzione quasi ubiquitaria dello sciroppo di mais, oggi componente della stragrande maggioranza degli alimenti industriali, non solo di quelli dolci. Il consumo massimo si è avuto nel 1999, quando ciascun americano ogni anno assumeva 27,7 chilogrammi di sciroppo di mais e 400 calorie al giorno di zuccheri in eccesso. Dopo questo picco il valore ha iniziato a scendere. L’obesità, invece, ha mostrato i primi segni di cedimento solo a partire dal 2016. I ricercatori stanno stanno cercando di capire il ruolo del consumo di massa delle bibite dolci, e approfondendo diversi aspetti, ma la loro tesi sembra avere un fondamento.
Nel frattempo un altro studio, pubblicato questa volta su JAMA, lascia intravvedere qualche timido segnale positivo. In esso infatti i nutrizionisti ed epidemiologi della Tufts University di Boston hanno verificato le abitudini di quasi 44 mila cittadini per il periodo 1999-2016 e hanno visto che il consumo di zuccheri raffinati semplici e di grassi è in diminuzione, mentre quello di carboidrati complessi derivanti, per esempio, da alimenti integrali, è in lievissima crescita. Comunque, il 42% dell’energia assunta ogni giorno arriva da alimenti di scarso valore nutrizionale, e il 10% da acidi grassi saturi. Resta quindi molto da fare, sia per migliorare la dieta attuale – anche a beneficio della salute futura di chi oggi è solo un bambino – sia per sconfiggere l’obesità che, qualunque sia l’origine, è oggi una vera piaga sociale dai costi umani e sanitari elevatissimi.
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Giornalista scientifica
in nord America comandano le multinazionali.