Pasta e riso 100% italiani: la nuova legge sull’origine degli ingredienti superata dai fatti. L’indicazione è spesso già sull’etichetta
Pasta e riso 100% italiani: la nuova legge sull’origine degli ingredienti superata dai fatti. L’indicazione è spesso già sull’etichetta
Roberto La Pira 5 Febbraio 2018Tra due settimane le etichette della pasta e del riso dovranno indicare l’origine della materia prima, come prevede un decreto legge varato il 26 luglio 2017. In questo modo i consumatori potranno individuare quali sono i prodotti “made in Italy” che utilizzano grano duro e riso coltivato nel nostro paese.
La questione viene presentata da Coldiretti e dal Ministro delle politiche agricole con toni entusiastici, ma la nuova normativa è, nei fatti, superata perché chi fa la spesa al supermercato da anni compera pasta e riso 100% “made in Italy” senza sbagliare.
Tutti i prodotti esposti sugli scaffali ottenuti con materie prime nazionali, riportano sul frontespizio scritte a caratteri cubitali, spesso affiancate dalla bandiera tricolore e altre immagini del territorio che li rendono inconfondibili.
Le aziende evidenziano il più possibile il cibo Made in Italy, perché il prezzo è maggiore del 10-20% e i consumatori comprano volentieri, anche perché spesso convinti di acquistare alimenti di qualità superiore. Per rendersi conto della situazione basti dire che Il Fatto Alimentare ha pubblicato nel luglio 2016 un elenco composto dalle marche di pasta 100% italiana più diffuse.
Sulle nuove etichette viene specificato in modo generico se il prodotto contiene grano o riso proveniente da Paesi europei o extra europei grazie alla scritta: “Paese di coltivazione del grano UE”, oppure “Paese di coltivazione del grano Extra UE”. Ma in questo modo il consumatore riceve un’informazione parziale perché non può capire se la il grano è canadese o francese, o se il riso arriva dalla Cina o dal Vietnam. Ancora una volta il marketing è arrivato prima della legge e alcune aziende come Barilla da tempo hanno deciso di indicare in chiaro l’origine del grano o del riso. Basta andare sul sito dell’azienda di Parma per trovare filmati e grafici dove si dice che la pasta è fatta con grano italiano miscelato a quello importato da: Francia, Stati Uniti e Australia. Anche De Cecco ha anticipato la normativa scrivendo sulle etichette e sul sito che importa grano da vari Paesi per fare la pasta.
C’è un ultimo elemento da considerare, ci sono molte probabilità che le nuove indicazioni verranno proposte con caratteri tipografici minuscoli in un angolo della confezione, perché le aziende hanno poco interesse a evidenziare l’origine straniera della materia prima. Un discorso del tutto analogo riguarda il riso, visto che le aziende indicano sempre a caratteri cubitali l’origine italiana e in molti casi riportano la zona di provenienza. La nuova legge estende l’obbligo di dichiarare l’origine alla pasta e al riso dopo che analoghi provvedimenti sono stati presi per prodotti monoingrediente come pomodoro, olio, latte, miele… Ci sono altri alimenti che per motivi poco chiari rimangono fuori, come succhi di frutta, cereali, legumi in scatola o surgelati. Per fortuna anche in questo caso per comprare italiano basta leggere cosa scrivono i produttori sull’etichetta. Insomma la nuova normativa è arrivata già vecchia, e forse dovrà essere modificata tra un anno, quando entrerà in vigore una legge sulle etichette di origine di pasta e riso annunciata poche settimane fa dall’UE.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Adesso é necessario fare qualcosa di più serio per l’olio extravergine di oliva, arance e limone
Mah, già ora basta leggere le etichette. Normalmente se non è specificato a caratteri cubitali ‘da olive italiane’, l’olio è di provenienza nordafricana o greca o spagnola, quando compro agrumi in un supermercato riesco sempre a sapete da dove provengono, in negozio posso chiederlo… Comunque la provenienza italiana non è automatica garanzia di qualità: se voglio spendere poco per un olio di oliva preferisco evitare prodotti 100% italiani, alla fine trovo migliore un olio straniero commercializzato da una ditta italiana affidabile.
la quantità di olio spagnola è di gran lunga superiore a quella greca e soprattutto nord-africana
Grazie infinite per queste informazioni…finalmente qualcosa si muove..sto aspettando da anni…grazie ancora…buon lavoro ed un caro saluto
Rosy
Però ogni dichiarazione dev’essere sostenuta e avallata da un ente certificatore altrimenti chi può garantire quanto è scritto!
Non serve certificazione, tutto quanto scritto in etichetta deve essere veritiero e corretto , per cui la dicitura 100% italiano vale quanto l’elenco degli degli ingredienti
Quindi dovremmo affidarci al marketing per sapere l’origine delle materie prime? Stiamo molto ma molto freschi!
Mi pare una pessima idea, ben venga una legge che normalizza la faccenda.
Non si tratta di marketing, le informazioni sulle etichette devono rispondere a precisi obblighi legislativi
Per di più da qualche anno esiste il registro elettronico del Sian: se l’azienda dichiara di comprare olio spagnolo e lo imbottiglia come 100% italiano ad un controllo della repressione frodi l’inganno è presto scoperto.
infatti è la legislazione che ci indica chiaramente cosa scrivere. Purtroppo il “poter” scrivere provenienza UE ed EXTRA UE sembra essere una informazione/disinformazione, sarebbe stato lecito dover scrivere il preciso paese di provenienza.
Riflettendo sulle farine canadesi e americane! Queste farine mi domando il grano sara’ senza pesticidi??.
Le farine importate devono rispondere ai requisisti previsti dalla normativa italiana e europea
Abbondano di glifosato, se le preme saperlo, ma non credo che i nostri grani siano proprio intonsi, a dirla tutta.
“abbondano di glifosato”, uhm, quali sono le fonti? (magari evitando di considerare fra le fonti autorevoli e imparziali Coldiretti)
La meravigliosa, equilibrata, salutare, economica pasta perde terreno secondo il report della GDO…alla fine, a forza di ripeterle senza forte e diffusa smentita, queste balle a ritornello sul glifosate e i pesticidi qualche effetto intimidatorio riescono ad averlo.
Non meritiamo la meraviglia di Michelangelo e dell’agroalimentare.
La pasta italiana sta subendo la concorrenza internazionale della pasta turca ed egiziana più economiche, anche se di minor qualità.
Il prodotto italiano vende bene dove è apprezzata la maggior qualità e tradizione conosciuta e percepita in tutto il mondo, dove ci sono consumatori disposti a spendere qualche soldino in più per per un piatto Made in Italy.
Inseguire i prezzi al ribasso è poco o nulla remunerativo per tutta la filiera e non strategico per i nostri produttori, non solo per la pasta.
A proposito di pasta, se ho ben capito, sono sconcertato dall’obbligo di indicazione dello stabilimento “di produzione o confezionamento” che sono cose ben diverse. Inoltre trovo molte confezioni senza la parola “stabilimento”, ma col l’indicazione della sola società, il ché non dice nulla sul luogo di produzione molto importante per la provenienza dell’acqua utilizzata.
Leggo: “anche perché spesso convinti di acquistare alimenti di qualità superiore.” A questo punto è possibile sapere a COSA dobbiamo guardare o CoSA dobbiamo leggere x comprare un alimento che abbia una vera qualità superiore?
Consumo solo olio italiano, da tener presente che i primi produttori sono PUGLIA e CALABRIA, negli anni novantaa ho lavorato in Algeria ed in Marocco vi assicuro che sia l’olio che le olive erano di pessimo gusto, consumando prodotti italiani contribuiamo a migliorare anche la qualita’