Sugli scaffali dei supermercati occupa sempre più spazio la pasta di legumi, cioè un tipo di pasta dai formati simili a quelli classici (fusilli, penne, spaghetti) creata però a partire da farine di legumi invece che da farina di grano duro. Questo tipo di pasta, nata come alternativa per i celiaci, è riuscita in pochi anni ad ampliare il suo pubblico di consumatori: secondo ilSole 24 Ore, infatti, solo spaghetti e rigatoni a base di legumi rappresentano un mercato del valore di 38 milioni di euro e registrano una crescita annua del 5% nella grande distribuzione e del 17% nei discount. Anche secondo le elaborazioni dei dati Istat da parte di Barilla (tra i produttori di pasta di legumi), l’interesse verso quest’alimento aumenta anche grazie alla riscoperta della materia prima, le proteine vegetali, la cui domanda risulta cresciuta del 20% tra 2020 e 2021, mentre un italiano su due mangia legumi almeno una volta a settimana. Similmente Bonduelle, tramite elaborazione di dati ricavati da Nielsen ed Everli, sostiene che, dal 2020, le vendite dei legumi in italia siano aumentate complessivamente del 2,8%.
Tornando alla pasta di legumi, le varianti più diffuse sono quelle con farina di ceci, di lenticchie rosse, di piselli e, più raramente, di fagioli, ma ne esistono anche versioni preparate con un mix di farine di legumi e cereali, come mais e riso. Al di là delle persone celiache, a spingere verso il consumo di questi prodotti sono spesso motivazioni di tipo salutistico, ma quali sono i benefici effettivi per la salute di chi consuma questi alimenti? “Non ci sono studi definitivi eseguiti sull’uomo che dimostrino che la pasta di legumi abbia dei benefici diretti sulla salute – osserva Marco Silano, primo ricercatore e direttore del reparto di alimentazione, nutrizione e salute dell’Istituto superiore di sanità –, però la sua composizione nutrizionale ha delle caratteristiche favorevoli per alcune categorie di consumatori. Da una parte, la percentuale di carboidrati nella pasta di legumi è notevolmente inferiore (circa 50% contro 75%), inoltre è ricca di fibre che la pasta di frumento non integrale non ha. Può trarre vantaggio di queste caratteristiche chi ha problemi a controllare la glicemia perché, avendo più fibre e meno zuccheri, questa pasta presenta un indice glicemico più basso rispetto a quella classica. In secondo luogo, l’assenza di glutine (se certificata dal produttore) la rende un’alternativa valida per i celiaci”.
Una particolare attenzione va sempre posta quindi alla lettura delle etichette, soprattutto in caso di allergie importanti. “Mentre esiste un disciplinare per la pasta di frumento – prosegue Silano –, per cui sappiamo che, se c’è scritto pasta di semola, questa deve contenere solo frumento e acqua. Le paste di legumi sono una categoria molto vasta che può contenere anche dei mix di farine, perché non sempre con una singola farina di legumi si riesce a creare un prodotto palatabile e capace di tenere la cottura. Inoltre, queste nuove tipologie di pasta possono contenere anche altri ingredienti”.
Rispetto alle caratteristiche nutrizionali non si tratta necessariamente di un’alternativa migliore della pasta tradizionale. “Dal punto di vista delle vitamine e degli oligoelementi – prosegue il ricercatore – il contenuto è sovrapponibile a quello della pasta di semola, perché il grano riesce a concentrare gli elementi che trova nel suolo”. Per gli individui senza necessità specifiche, quindi, il consumo di pasta tradizionale non andrebbe sostituito completamente con quello di pasta di ceci o di lenticchie. “Si tratta di due gruppi alimentari diversi – prosegue –, da una parte i cereali e, dall’altra, i legumi. Sebbene questi ultimi vadano mangiati spesso, se si guarda la piramide alimentare, i cereali prevedono comunque una maggior frequenza di consumo”.
D’altra parte la pasta di legumi non si può considerare nemmeno come sostituivo di una corretta assunzione di proteine vegetali. “Si tratta comunque di prodotti derivati da una farina – sottolinea Silano –, mentre i legumi vanno preferibilmente mangiati interi. La pasta di legumi può insomma essere integrata nella dieta, ma non come un sostituto. Può essere un’alternativa saltuaria alla pasta di frumento, ma non va sostituita ai legumi come fonte proteica da alternare con carne, formaggio e pesce”. L’integrazione nella dieta della pasta di legumi in forma saltuaria, oltre che a ragioni di corretti bilanciamenti nutrizionali, risponde infine anche a ragioni economiche: il suo prezzo al chilo rimane infatti molto più alto di quello della pasta tradizionale e decisamente più alto rispetto a quello dei legumi secchi e la differenza è spesso mascherata dalla messa in commercio di pacchi più piccoli rispetto a quelli di pasta di semola.
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Per quale motivo non è possibile sostituirla come fonte proteica ai legumi interi? L’apporto in tabella nutrizionale risulta comparabile tra e due tipologie di prodotto.
Credo sia perche’ la pasta viene fatta con un semilavorato (legume cotto, ridotto in farina, stoccato e alla bisogna reidratato e lavorato con perdita nei vari passaggi di nutrienti che non si perdono se usi il legume tal quale da fresco). E’ una mia idea eh … sarebbe interessante che qualcuno “del mestiere” si esprimesse perche’ l’obiezione e ‘ interessante.
Vero , è identica ai legumi secchi, e può comporre ottimi piatti unici bilanciati se mescolata a quella di semola.