La pasta secca di semola di grano duro è un alimento di uso quotidiano e gli italiani si considerano degli esperti nel giudicare questo prodotto. Saperlo fare però non è facile come sembra.
Sugli scaffali di supermercati e ipermercati tutta la pasta sembra uguale, ma possono esistere delle differenze sostanziali legate a diversi parametri: un’elevata quantità di proteine e di glutine conferisce alla pasta un buon valore nutrizionale e una buona consistenza.
Altro parametro fondamentale è la temperatura di essiccazione utilizzata nel processo produttivo: più è bassa, meno viene alterata la struttura del glutine, (responsabile della consistenza e della tenuta alla cottura). La maggior parte della pasta in commercio è prodotta con tecnologie moderne che utilizzano l’essiccazione ad alte temperature che accorciano la durata della lavorazione; anche con questo sistema la pasta tiene la cottura, ma può perdere le caratteristiche di elasticità e consistenza per il degrado del glutine.
Una cosa è certa, alla base di una buona pasta deve esserci una materia prima con caratteristiche qualitative elevate. Ma che strumenti ha il consumatore per valutare una prodotto rispetto a un altro? L’etichetta è importante perchè indica il contenuto proteico e in alcuni casi il tipo di lavorazione utilizzata (per esempio la dicitura “essiccazione lenta a basse temperature”).
Abbiamo messo a confronto la pasta secca Agnesi di Colussi e la pasta Esselunga prodotta dallo stesso gruppo nello stabilimento di Imperia. Le tabelle nutrizionali e le etichette sono praticamente uguali, e dal momento che l’etichetta non riporta indicazioni particolari sul processo di lavorazione, il consumatore potrebbe pensare di trovarsi di fronte lo stesso prodotto. Ma c’è un fattore che varia in modo considerevole: il prezzo.
La pasta firmata Esselunga prodotta da Agnesi viene venduta nel formato da 500 g a 0,48 €. La pasta Agnesi venduta sugli scaffali a fianco si trova solo nel formato da un chilo ma ad un prezzo quasi doppio 1,75 € (pari 0,87 € per 500 g).
Di fronte a una differenza di prezzi così vistosa il consumatore può pensare che pasta Agnesi utilizzi materie prime più ricche di glutine (che darebbe alla pasta più nerbo ed elasticità), o che il grano duro impiegato sia ottenuto da una particolare selezione o che ci siano altri fattori. Abbiamo interpellato l’azienda che però non ha rilasciato informazioni in proposito.
Ci siamo allora rivolti a Esselunga per cercare di capire quali sono le caratteristiche della loro pasta. La risposta è stata molto chiara: il fornitore deve rispettare il capitolato tecnico che stabilisce i parametri qualitativi relativi alla semola riguardanti il contenuto minimo di proteine (superiore al limite minimo di legge), il contenuto di glutine al fine di ottenere una pasta con un’ottima tenuta alla cottura e di colore giallo brillante. Nel capitolato sono inoltre stabiliti i parametri di processo e i controlli da effettuare sul prodotto finito prima del rilascio alla vendita. Esselunga inoltre, ha sottolineato un’altra peculiarità della pasta precisando che Agnesi produce internamente la semola, lavorando il grano con mulini di proprietà. Siamo di fronte a un prodotto firmato da Esselunga con un prezzo particolarmente conveniente
Claudio Troiani
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Foto: Photos.com, Esselunga, Agnesi
La risposta di Esselunga non mi convince.
Come può essere che dal solo rispetto di un capitolato, delle buone prassi produttive e dal controllo di processo (che in genere ogni produttore attua) possano scaturire differenze di prezzo così vistose ?
La verità è un’altra, chi produce private label, allettato da facili volumi, è costretto ad applicare prezzi estremamente bassi. In questi casi l’unica via per salvare il conto economico è abbassare la qualità.
Le paste con private label sono le stesse e della stessa qualità della pasta di marca. Il cambio dell’impasto è una cosa troppo costosa perché il pastificio si possa permettere di farlo. Questo non è un imbroglio all’origine, ma una tecnica marketing da parte della catena commerciale che espone la private label. Il prezzo del singolo prodotto sullo scaffale viene abbassato perché è spalmato su altri prodotti in offerta. Questa tecnica è in uso da più di 30 anni ed in tutto il mondo. Una volta la applicavano soltanto nai superalcoolici che nei supermercati erano molto più convenienti che nei negozi specifici. Il prodotto funziona da specchietto per le allodole. Il consumatore, attratto dal prezzo molto conveniente del prodotto pregiato entra nel supermercato e quando è lì compra anche molto altro. Oggi, in periodo di crisi, con la concorrenza dei discount, si applica la stessa tecnica ai prodotti di prima necessità come la pasta. Una cosa è sicura: il prezzo esposto è soltanto una parte del prezzo ed il resto è distribuito su una gran parte degli altri prodotti sugli scaffali, quelli più gettonati e magari veramente di minore qualità. Se il cliente sa fare la spesa, potrebbe risparmiare comprando soltanto i prodotti ribassati e senza che ne vada di mezzo la qualità, ma non succede mai così.
non è come dice lei. La qualità della pasta dipende moltissimo dalla qualità della materia prima (molte specifiche di prodotto a marchio della grande distribuzione, lo indicano molto chiaramente e lo verificano con apposite analisi) oltre che dai diagrammi di essiccazione (che possono essere variati senza incidere più di tanto sui costi).
fare una banalissima prova di cottura (una con i tempi indicati in etichetta e una con i tempi reali richiesti dal prodotto fino a scomparsa dell’anima) risultava complesso?? un altro suggerimento e verificare il contenuto di amido che rimane nell’acqua di cottura.
Non mi sembrano prove particolarmente impegnative e non richiededono chissà quali strumenti complessi o complicati di utilizzarsi, basta una pentola e uno scolapasta.
l’articolo così com’è scritto non evidenzia nulla.
Infine, per quanto concerne la tabella nutrizionale non si rileva nulla di particolare: i valori sul contenuto proteico sono molto vicini ai valori di legge (una buona/ottima pasta deve avere almeno un contenuto di proteine vicino al 14%)
Tutta la struttura delle Private Labels, in tutti i Settori Merceologici ed in tutto il Mondo funziona così.
Prima di scrivere articoli su Prezzi e Qualità, pensate alle conseguenze sull’occupazione che alcune superficialità messe nero su bianco possono produrre.
Grazie
Bisogna anche tener presente che per la private label i costi di pubblicità sono nulli !
Sinceramente mi pare che questo articolo non dia assolutamente nessuna informazione utile. Tutti i produttori devono rispettare dei capitolati. Anche se Agnesi produce interamente la semola potrebbe comunque averne di diverse qualità da usare a seconda del marchio prodotto nel pieno rispetto dei capitolati quindi questo articolo cosa vorrebbe concludere?
Non vi sa di concorrenza sleale delle private labels nei confronti del prodotto di marca? A costi di pubblicità, ricerca e sviluppo nulli (rubati) perché tirati dai prodotti migliori, i prodotti delle private lables , accanto ai primi esposti in vendita, fanno una concorrenza spietata, togliendo ai prodotti di marca i margini necessari a fare azienda, e in definitiva allo sviluppo, comprimendo l’utile aziendale del copacker e riducendolo piano piano sul lastrico, e con lui chi ci lavora. Globalmente a tempi medio-lunghi un vantaggio negativo. Ognuno faccia onestamente, bene, e con entusiasmo il PROPRIO MESTIERE !!!!
Io personalmente guardo sempre il contenuto delle proteine in rapporto a 100 gr. di prodotto,ormai conosco a memoria i contenuti di tutte le marche e vi dico spassionatamente che a gusto mio la miglior pasta e quella di Rummo pastificio di Benevento.Inoltre il pastificio Rummo confeziona per selex supermercati galassia la pasta con un contenuto percentuale di proteine diverso (13 gr./100 gr. di pasta),quindi non tutti i pastifici e catene adottano la stessa politica.In seconda fila troviamo con 14 gr. Garofalo, Voiello,Biancone