I Nas di Parma hanno sequestrato oltre 18.000 forme di Parmigiano Reggiano per un valore commerciale di circa 10 milioni di euro, presso due caseifici della medesima società agricola, uno a Suzzara in provincia di Mantova e l’altro a Luzzara in provincia di Reggio Emilia, per sospetta frode in commercio. Il presidente del caseificio sotto accusa è Paolo Carra, un personaggio molto noto nel settore, perché ricopre la carica di presidente di Coldiretti di Mantova, oltre a essere presidente di un’altra grande cooperativa la Virgilio di Mantova (70 caseifici e 2.000 produttori associati). Si tratta di un nome famoso nel settore del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano.
La situazione crea qualche imbarazzo a Coldiretti, che da anni conduce battaglie contro le contraffazioni straniere, e adesso si trova con i Nas che ipotizzano la frode in commercio a carico di un’azienda italiana. L’imbarazzo traspare anche per l’assenza di un comunicato stampa da parte di Coldiretti su un evento così grave, visto che l’associazione è solita inviarne 3-4 al giorno.
I Nas, insieme ai vigilatori del Consorzio di tutela, ipotizzano che presso lo stabilimento mantovano siano state utilizzate fasce marchianti assegnate allo stabilimento situato in provincia di Reggio Emilia. Le fasce marchianti, sono date dal Consorzio per imprimere sulla superficie esterna di ogni forma la scritta a puntini “parmigiano-reggiano”, la matricola, l’annata e il mese di produzione. Si tratta quindi di uno strumento essenziale per l’identificazione e la tracciabilità del formaggio e per evitare che vengano marchiate forme che non possono essere classificate come Parmigiano Reggiano.
Questo scambio è assolutamente vietato dai regolamenti del consorzio e viene considerato alla stregua di una frode. Gli accertamenti eseguiti dai Carabinieri, hanno permesso di appurare che dal 1 gennaio 2018, le sei le forme prodotte giornalmente dallo stabilimento di Suzzara riportavano fraudolentemente un numero identificativo riferito all’unità produttiva emiliana. Si è inoltre accertato che la produzione del 2017 e 2018 risultava superiore rispetto alle quote assegnate. Per queste violazioni il legale rappresentante del consorzio agricolo e il casaro della latteria mantovana sono stati denunciati all’Autorità giudiziaria.
© Riproduzione riservata. Foto di copertina e foto in alto tratte dal sito del Consorzio del formaggio Parmigiano Reggiano
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giornalista redazione Il Fatto Alimentare
ormai non bisogna stupirsi più di nulla. E’ la solita storia…parlano bene e razzolano molto male.
Come potete leggere in altri miei commenti, io sono pro OGM, aborro la agricoltura biodinamica ecc, quindi potete capire come mi stiano simpatici ‘loro’.
Però, a parte che bisogna vedere se poi l’accusa è vera, comunque se giuridicamente è definibile frode in commercio, nella sostanza sarebbe più una furbata. Le frodi ‘vere sono altre. Pericoli per la salute non ne vedo. Forse il Parmigiano prodotto nella zona viene valutato di maggior pregio e qui può stare il motivo della questione. Saluti
Osvaldo, concordo. I Coldiretti non mi sono affatto simpatici e li considero tra coloro che con le loro politiche stanno rovinando l’agricoltura italiana.
Questo caso però dovrebbe farci riflettere sul significato di “Frode”. Argomento ancora molto dibattuto anche a livello europeo.
Se la frode ha come finalità l’illecito vantaggio economico deve avere un suo preciso percorso giudiziario, e se le cose stanno così non è solo un illecito amministrativo.
Il caso inoltre dimostra che spesse volte i disciplinari di produzione sono anacronistici…
Se la frode mette a repentaglio la salute dei consumatori per uso di sostanze vietate o processi produttivi specificatamente vietati è necessario essere più severi e sono assolutamente necessari provvedimenti giudiziari molto rigorosi.
Saluti
Hai ragione Osvaldo la penso come te!
se le accuse dovessero essere confermate, che si tratti di frode in commercio piuttosto che di questioni amministrative da chiarire (illecito amministrativo?) ritengo comunque grave l’accaduto. Non stiamo parlando di un semplice produttore che rischia del “suo” compiendo azioni furbesche, ma di un rappresentate di una importante associazione agricola, presidente di una cooperativa di primo grado e presidente di una cooperativa di secondo grado!
La frode in commercio non comporta necessariamente pericoli per la salute del consumatore, che se esistono comportano altri reati aggiuntivi. Si ha frode quando vengono fatte dichiarazioni fasulle relative ad un prodotto, ad esempio si dichiara negli ingredienti olio extra vergine di oliva e invece si utilizza olio di semi, oppure si dichiara un’origine geografica delle materie prime che non corrisponde alla realtà, ecc. Evidentemente queste false dichiarazioni hanno lo scopo di risparmiare sui costi ma di vendere lo stesso il prodotto come se fosse di tipo più pregiato, quindi ad un prezzo più alto. Nel caso poi dei prodotti a qualità regolamentata come i formaggi DOP, ci sono una serie di vincoli da disciplinare che vanno rispettati per potersi fregiare del marchio. Quindi attuare degli stratagemmi fraudolenti per eludere i vincoli, che consistono anche in quote produttive, rese massime previste, indicazioni di origine, ecc. oltre a prendere in giro il consumatore si configura naturalmente come concorrenza sleale verso le altre aziende che rispettano la normativa. A chi dice che il disciplinare è anacronistico, ricordo che i disciplinari dei prodotti regolamentati non cadono dall’alto, ma sono definiti dai produttori, con un notevole peso dei sindacati agricoli, e possono essere cambiati, come avviene abbastanza spesso, quindi il disciplinare restrittivo non può essere una scusa per le frodi, nessuno ti obbliga a vendere il tuo formaggio come DOP se non ne ha i requisiti, se non li vuoi rispettare basta che lo chiami in altro modo. Da quanto posso capire dalla notizia, indicare un caseificio di produzione diverso da quello reale potrebbe servire ad eludere i controlli sulle rese, sulle quote produttive e sulla provenienza del latte.
Credo che ci sia da fare una riflessione : Luzzara e Suzzara sono confinanti, avrebbe potuto trasportare il latte senza che nessuno se ne accorga, ha preferito trasferire le fascere marchianti.
Qui non si tratta di salute pubblica, ma di elusione del disciplinare di produzione con relativa ricaduta nella frode alimentare.
Chi vuol fodare , spesso ci riesce mettendo in atto vari trucchi ed escamotage, spetta all’ograno di controllo ed all’organo di tutela vigilare sui furbetti del quartiere.
Certo è che sarebbe bene che tutti i soci del consorzio metteessero sul tavolo, con una autoidichiarazione vincolante, tutti i possibili conflitti d’interesse esistenti come precisato dalle normative più recenti.
Cito ad esempio .
“l’organizzazione o persone con ruolo chiave nell’organizzazione ha altre attività , devono essere definiti eventuali conflitti di interesse e assenza di indebite pressioni commerciali, finanziarie o altra natura che influenzano negativamente … ” ( ISO 17025 )
Questa diviene già un deterrente impugnabile per la cassazione dal consorzio idel socio n caso di dolo accertato.
Se poi si vuole si potrebbe proibire l’associazione al consorzio P.R. achi produce anche Grana nelle zone confinanti.
Ma chi è che dice di no al presidente ?
sono pienamente d’accordo con il sig. Valerio. Il fine è proprio quello di eludere i controlli per produrre in modo “comodo” in barba ai regolamenti. Purtroppo però questi comportamenti fraudolenti mettono furi gioco gli operatori corretti rispettosi delle regole (volontarie e non). Ovviamente sempre che tutte le contestazioni fatte al sig. Carra risultino confermate dal giudice. Anche se i signori della coldiretti non mi sono proprio simpatici, ritengo giusto e doveroso essere garantista.
ritengo che piu che frode in commercio potrebbe configurarsi come illecito sulla etichettatura in quanto il prodotto sembra essere di ottima qualita.
allora è da proporre per un premio…ha fatto solo un “…illecito sulla etichettatura…” ma se è di ottima qualità…
io aspetto il giudizio del giudice, se conferma è da dimissioni ovunque e subito!
Buongiorno, ognuno la veda come vuole, ma vi prego, vi supplico…. Non si facciano andare a male le forme di Parmigiano !!!
Ma no, si tratterà certamente di uno svarione! Non bisogna sempre pensare male!
Tra Suzzara e Luzzara la differenza sta solo nella lettera iniziale. Sono stra-convinto che le fascette marchianti destinate allo stabilimento di Luzzara sono state spedite a Suzzara perché qualcuno ha letto “Roma” per “Toma”, si è confuso, e da lì è nato tutto il “qui pro quo”.
Un paio di occhiali nuovi, e la faccenda è risolta!