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L’indagine dei NAS nelle mense delle scuole non ha evidenziato situazioni allarmanti

Mai come in questo periodo la ristorazione scolastica è stata sotto i riflettori dei media. Tanta attenzione è dovuta all’iniziativa intrapresa dal Ministro Lorenzin che, a seguito delle segnalazione di alcuni genitori, ha inviato i NAS a controllare alcune mense. Il risultato delle ispezioni non ha evidenziato situazioni allarmanti, ma solo alcune carenze igienico-sanitarie e strutturali, oppure il mancato rispetto delle caratteristiche merceologiche di alcune derrate, diverse da quelle previste nel contratto di fornitura. L’altro episodio che ha scatenato un acceso dibattito, è stata la sentenza della Corte D’appello di Torino che ha affermato il diritto del bambino a consumare un “pasto domestico a scuola”. Gli attori della vicenda sono il gruppo di genitori del coordinamento “Caro Mensa” e il comune di Torino. La sentenza afferma che: “In parziale accoglimento dellappello ed in parziale riforma della sentenza di primo grado si accerta il diritto degli appellanti di scegliere per i propri figli tra la refezione scolastica ed il pasto domestico da consumarsi nellambito delle singole scuole e nellorario destinato alla refezione”.

Healthy lunch consisting of brown cheese and lettuce roll, cherry tomatoes and kiwi fruit
La sentenza di Torino ha stabilito la libertà di consumare a scuola il pasto portato da casa

La vicenda ha scatenato una serie di reazioni contrastanti, che vede contrapposti i genitori  promotori della battaglia da un lato, e il Comune, le aziende di ristorazione e le direzioni didattiche dall’altro. Non trova nemmeno d’accordo una parte dei genitori, che inizialmente condividevano la stessa causa, tra cui Carola Messina, ex presidente e oggi consigliera dello stesso Coordinamento, che in un’intervista afferma: «Mettiamola così: noi e lavvocato Vecchione, con i suoi assistiti, siamo partiti con unidea comune, ma poi ci siamo distanziati nel tempo. Allinizio entrambi eravamo in prima linea contro il caro mensa, poi la loro strategia è cambiata e ha puntato sulla libertà di scelta. Un concetto bello a parole, ma sbagliato nei fatti, nelle sue applicazioni e implicazioni. Insomma, noi battagliavamo per abbassare le tariffe della mensa, che a Torino sono quasi doppie rispetto per esempio a Roma. E abbiamo sempre chiesto di alzare la qualità del cibo e del servizio, monitorando la situazione grazie alle apposite commissioni delle varie scuole. Vecchione – conclude – ha fatto una scelta diversa, ribaltando il problema”.

Child removing wholemeal sandwich out of lunchbox
I genitori scelgono il pasto da casa per i prezzi troppo alti del servizio o la scarsa qualità del cibo

Quello di disertare la mensa scolastica è un fenomeno crescente in molte città. Le motivazioni non sono univoche: ci sono genitori che non sono in grado di sobbarcarsi il costo della retta e altri che contestano la natura o la qualità del menù. In entrambi i casi le famiglie forniscono ai figli un pasto fatto in casa, da consumare a scuola. Ciò genera una serie di problemi. In primo luogo vi sono i temi legati alla di sicurezza alimentare e nutrizionale. Chi garantisce la sicurezza igienica e la corretta conservazione delle vivande portate a scuola dai bambini ? E chi garantisce che i cibi, sotto il profilo nutrizionale, siano equilibrati?

bambini mangiare
Le amministrazioni comunali reagiscono al problema in maniera poco organizzata

Le amministrazioni comunali hanno affrontato il problema in ordine sparso. Alcune negano il pasto a chi non paga la retta e i genitori sono obbligati a portare i bambini a casa nella pausa pranzo. Altre mettono a disposizione degli spazi, dentro o fuori la mensa, per far consumare il pasto portato da casa. La sentenza di Torino obbliga anche le direzioni scolastiche ad allestire idonei spazi per il consumo. È evidente che questa nuova esigenza pone un nuovo costo a carico della scuola per la sorveglianza, affidata alle insegnanti, che già non sono sufficienti per coprire le assenze dei colleghi e sorvegliare i bambini durante il consumo dei pasti in mensa. Attualmente è la società di ristorazione che risponde di eventuali malesseri/danni occorsi ai bambini, ma non potrà certo rispondere per gli scolari non iscritti al servizio. C’è poi il problema delle assicurazioni che difficilmente interverrebbero per risarcire eventuali danni. Chi dovrebbe sostenere tali nuovi oneri? In teoria questa spesa extra dovrebbe essere a carico delle famiglie decide a dare ai propri figli il pasto preparato a casa.

mensa bambini scuola
La mensa scolastica è diventata parte del diritto allo studio e occasione di educazione alimentare

Ma facciamo un passo indietro. L’evoluzione del servizio e il passaggio dal concetto di assistenza a quello di servizio e di educazione alimentare ha le sue origini negli anni Settanta, con la soppressione della “refezione” con lo scopo d’integrare carenze nutrizionali.  Nel 1974 la Regione Lombardia, con la Legge Regionale n.54, individua la refezione scolastica come componente del diritto allo studio. Nel 2010 vengono emanate dal Ministero della Salute le linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica che “Muovono dallesigenza di facilitare, sin dallinfanzia, ladozione di abitudini alimentari corrette per la promozione della salute e la prevenzione delle patologie cronico-degenerative di cui lalimentazione scorretta è uno dei principali fattori di rischio”.

hamburger bambino
Il rischio è che le famiglie con poche disponibilità economiche o di tempo forniscano pasti poco equilibrati

Alla refezione scolastica è riconosciuto un ruolo formativo, quindi la ristorazione scolastica non può essere considerata semplicemente come un soddisfacimento di fabbisogni nutrizionali, ma anche come continuo e importante momento di educazione alimentare e promozione della salute. La ristorazione scolastica arricchisce il modello alimentare casalingo dell’alunno, attraverso nuovi sapori, gusti ed esperienze. In definitiva, la refezione scolastica è una componente fondamentale della didattica che non può essere sottovalutata. Il servizio oggi garantisce ai bambini una dieta equilibrata, somministrando a tutti le stessa tipologia di menù, con le dovute eccezioni per coloro che seguono diete speciali o etico religiose. Il “pasto domestico” difficilmente è in grado di garantire questo requisito e introduce elementi di discriminazione tra i bambini: le famiglie che se lo possono permettere sceglieranno alimenti di buona qualità, mentre le famiglie meno abbienti daranno ai propri figli cibi poco costosi e di qualità scadente.

Il diritto al pasto da casa non è una conquista, ma un passo indietro. Il motivo che ha indotto i genitori a intraprendere l’iniziativa è stato la convinzione che la retta pagata per il pasto fornito dal comune fosse troppo salata. Il prezzo è però destinato ad aumentare al decrescere del numero di utenti per effetto dell’aumento del costo del lavoro. In base alla sentenza del tribunale di Torino i genitori non possono portare i bambini a casa per il pranzo, perché il tempo mensa è considerato alla stessa stregua delle ore destinate alla didattica.  Mettendosi nei panni dei  genitori di bambini che consumano il pasto in mensa, la scelta di portare  il pasto casa non è proprio la migliore.

costo unitario pasto-mensa tebella
Costo unitario di un pasto in una scuola dell’infanzia o primaria

Corrado Giannone

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Alberto
Alberto
17 Ottobre 2016 15:20

Buongiorno.
Ricordo bene che nei primi anni ’80, durante gli anni delle medie in una scuola privata gestita dalle suore, c’era la possibilità di pranzare a scuola o con il menù completo o consumando solo il primo e portandosi il resto da casa. Mia mamma aveva scelto questa seconda soluzione, cosicché io (e non ero l’unico) pranzavo in mensa con gli altri bambini e, per il secondo, tiravo fuori il mio panierino di latta e consumavo quello che mi aveva preparato la mia mamma (polpettone, pesce o altro).

Nessuno ha mai sollevato problemi di sorta! Tutto è filato liscio e io sono sempre “sopravvissuto”, compresi i miei compagni di tavolo, che non sono stati mai infettati dal cibo portato da casa mia.

Ora tutto e difficile! Anche le cose semplici scatenano diatribe e questioni e, se le cose andranno avanti in questo modo, una famiglia non sarà più nemmeno libera di far pranzare il proprio figlio con del cibo portato da casa, perché la refezione scolastica, intesa come “come componente fondamentale della didattica”, diventerà obbligatoria!

Sarà magari anche materia d’esame?

Tutti schiavi ormai delle leggi e delle regole! Questa è la società del futuro dove, in nome della salvaguardia della salute della comunità, della dieta “perfetta” e a “misura di bambino”, nessuno sarà più libero e autonomo nelle scelte.

Che meraviglia!!!!

manamana
manamana
Reply to  Alberto
17 Ottobre 2016 19:18

come non quotarti…

Le istituzioni impongono regole, che se applicate causano disagio a chi le dovrebbe seguire
Le scuole, insegnanti e personale hanno quindi ulteriori responsabilità, costi e perdite di tempo.
I genitori che pretendono di gestire i figli a modo loro ed alla prima occasione partono con l’avvocato.
I bambini che vengono separati (ghettizzati) in base al reddito.

Come si fa a tornare indietro?

Luisa
Luisa
19 Ottobre 2016 10:40

” La ristorazione scolastica arricchisce il modello alimentare casalingo dell’alunno, attraverso nuovi sapori, gusti ed esperienze.”
Questo è un punto che mi trova completamente in disaccordo, in quanto nelle mense scolastiche si propone solo cibo gradito ai bambini, onde evitare di dover buttare via la roba. Visto che i bambini non amano cambiare, non si introducono nemmeno piccole novità alle preparazioni, quindi tutto l’opposto di quello che sarebbe auspicabile.

marco
marco
24 Ottobre 2016 12:23

Tutto è nato, come dice il promotore, dal problema del caro mensa. Io per mio figlio a Milano, fascia ISEE massima, pago circa 4 euro a pasto. E come osserva l’autore, meno pasti si faranno, più il prezzo aumenterà, perchè i costi fissi si spalmeranno su un numero più basso. O le società di ristorazione cominceranno, magari con furbizia, a tagliare il personale di produzione. Comunque la si veda è un danno. Caro mensa: ma di cosa si sta parlando? C’è forse proporzione tra i 4 – 5 Euro spesi per il pasto (completo, ora a Milano anche con la merenda) del figlio e un (1 !) caffè al bar a 1,10 €? Mah!

Mario
Mario
24 Ottobre 2016 14:48

Si parla tanto di qualità delle mense scolastiche, ma i ricordi delle mie figlie non sono proprio positivi. Forse negli ultimi anni qualcosa è cambiato, ma il DIRITTO di ogni genitore ad alimentare i propri figli non può essere alienato da regole burocratiche.
Se ci sono bambini in difficoltà economica, trovo giusto che la società li aiuti magari con buoni pasto, ma non si può togliere alla famiglia il diritto/dovetre di alimentare i propri figli. Ricordiamoci poi che colazione, merenda e cena i bambini li consumano comunque a casa.
Perchè invece non si fanno corsi di preparazione alla corretta alimentazione dei bambini da fare ai genitori?

Alessandro
Alessandro
24 Ottobre 2016 15:43

Trovo che la problematica sia davvero complessa: chi vede il marcio dappertutto sarà portato a pensare che l’introduzione della mensa scolastica sia stato fatto per garantire introiti alle società di ristorazione. D’altra parte chi vorrebbe “tornare indietro” forse non si rende conto che ad occuparsi dell’alimentazione dei propri figli sarebbero gli stessi genitori che li imbottiscono di merendine… Poi c’è chi si lamenta che il menù proposto (ricco di verdure e legumi) non è adatto ai bambini e che vorrebbero “più cotolette” (l’ho letto qui in un altro articoli sull’argomento) e le società di ristorazione che lo propongno vengono accusate di favorire gli sprechi, ma allo stesso tempo c’è chi si lamenta che i menù non sono sani perchè vanno troppo incontro ai gusti dei bambini. E’ una situazione senza uscita e non si può accontentare tutti. Io trovo corretto individuare come viene fatto nell’articolo che l’obiettivo della refezione scolastica sia essenzialmente educativo, in modo che, proponendo un menù sano, almeno una volta al giorno questi bambini possano nutrirsi correttamente, sperando che, almeno una piccola parte di loro possa “portare queste buone abitudini a casa”.
Mi lascia un po’ perplessa la questione sulla sicurezza alimentare per il pasto portato da casa. E’ chiaro che il rischio c’è, ma lo trovo sovradimensionato. 30-40 anni fa i patogeni erano diversi?

Claudio Bertoni
Claudio Bertoni
24 Ottobre 2016 16:44

È solo una questine di interessi. È inutile smenarcela con la sicurezza, quando poi si permette ai bambini di portare in classe le skifmerendine confezionate. Si stanno facendo passare i genitori come moderni “untori”. E’ facile fare i nutrizionisti con i soldi delle famiglie. Se è una questione di educazione alimentare allora è scuola e quindi la mensa DEVE essere gratuita. Punto. Perché solo chi utilizza deve sostenere i poveri ? Se è una questione di solidarietà, allora che lo sia davvero. Io per esempio non ho figli ma sarei felice di versare qualche euro all’anno per permettere una mensa gratuita per tutti. Invece qui i “poveri” ( e occorre dividere tra veri bisognosi e furbetti, io per lavoro elaboro le ISEE e state certi che furbetti ce ne sono… ) vengono alimentati solo dagli altri genitori con bambini che vanno a scuola. E’ ingiusto. Si dice che i ricchi devono pagare. Ma dove sono i “ricchi” nelle scuole pubbliche ? Forse è ricco chi ha uno stipendio di 1000 euro al mese ? Ci sono famiglie che hanno la “sfortuna” di avere buste paga, o dichiarazioni pubbliche ( dipendenti a autonomi non fa differenza ), mentre c’è chi ( qualcuno, e non tutti ovviamente, visto che ci sono anche veri poveri ) fanno della povertà una finta scelta di vita mentre girano con le tasche piene di rotoli di carta moneta ( visto personalmente ) ai danni delle famiglie che dichiarano tutto. Primo… stanare i finti poveri che oltre a danneggiare le famiglie degli altri bimbi, danneggiano i veri poveri. e secondo, fare pagare poco ma a TUTTI i cittadini una piccola quota di pochi centesimi per poter offrire i pasti ad un prezzo equo ( una famiglia con 5 euro al giorno fa mangiare un bimbo tre volte ed anche in modo sano ) e garantirlo a chi è veramente povero. In caso contrario il pasto da casa E’ UN DIRITTO. Punto !

andrea
andrea
Reply to  Claudio Bertoni
25 Ottobre 2016 04:57

completamente d’accordo. I miei figli hanno superato i 20 anni e ancora mangiano con difficoltà la minestrina, traumatizzati dalle “insistenze educative” della mensa a cui hanno dovuto sottostare giacchè, nonostante facessero il modulo, quindi si fermassero a scuola solo 2-3 volte a settimana quelle volte c’era sempre minestrina…

CRISTINA
CRISTINA
25 Ottobre 2016 08:52

Sono mamma di due bambini delle elementari e sono appassionata di alimentazione.
I pasti serviti dalle mense scolastiche sono carenti sotto tutti i punti di vista: nutrizionale, varietà dei cibi, temperatura insomma davvero non pensate che la mensa sia, per quel che concerne il cibo, educativa.
I miei figli sono abituati a mangiare TUTTO da qdo sono stati svezzati e alla mensa della scuola infatti mangiano tutto x rispetto al piatto che gli viene posto davanti, anche se la qualità del cibo è a dir poco bassa.
Non esiste varietà, i cibi proposti sono sempre gli stessi, zucchine in inverno, mele d`estate, patate a gogo. I miei hanno il menù vegetariano e, seppur io abbia chiesto di preferire i legumi, sull`80% dei pasti hanno formaggio. Spalmabile di pessima qualità. Varietà?? Ma dove??
L`anno scorso, qdo era prevista la frittata, gli davano DUE uova sode. Due uova ad un bambino di 7 anni?? Meno male che i menù sono vidimati dai nutrizionisti della ASL!
Il cibo arriva quasi sempre FREDDO. E i bambini devono mangiarlo lo stesso.
Ci lamentiamo della contaminazione che ci potrebbe essere tra pasti da casa e qlli della mensa. Va bene, ritengo assolutamente ASSURDA qsta contestazione ma la accetto. Perciò sappiate che se separate i bambini in base all`origine del loro pasto dovrete farlo anche per il tempo della merenda. Chi ha la mela da una parte, chi ha le patatine da un`altra, chi ha il panino da un`altra ancora etc…dovrete ricavare all`incirca 26 posti diversi e SEPARATI all`interno delle classi, perchè sicuramente tante saranno le varietà delle merende. Ed i rischi di contaminazione tanto sbandierati.
Noi abbiamo frequentato un asilo steiner ed i pasti erano autogestiti perciò ognuno aveva la sua schiscetta. Mai avuto problemi. Anzi, i bambini sbirciavano la schiscetta del compagno accanto e chiedevano alle mamme di preparare anche a loro qlle buone polpettine di tofu e sesamo o qlle buona pasta al ragù di seitan. Ecco così sì che si arricchisce il valore del mangiare insieme e si aprono le menti. Accettando le differenze che la vita ci presenta, rompendo gli schemi. E così sarà anche qsta volta…