Il pandoro Bauli senza glutine per i celiaci, apparso in qualche punto vendita nel mese di novembre è durato qualche settimane. Il prodotto “non incontrava il giusto dei consumatori” e i molti commenti negativi hanno indotto il marketing sospendere la distribuzione e a ritirare l’iniziativa).
L’assurda idea di produrre un dolce tradizionale come il pandoro senza l’ingrediente principale (la farina di grano) è davvero bizzarra e lascia alquanto esterrefatti. Certo il motivo è nobile, dare ai celiaci la possibilità di festeggiare il Natale con un dolce simile a quello tradizionale, ma il risultato è disastroso. Da un punto di vista culinario e organolettico presentare ai consumatori un surrogato chiamandolo con il vero nome è un assurdo gastronomico.
Non siamo di fronte ad una novità. Da anni le aziende propongono con successo prodotti alimentari “senza…”. Nei supermercati si trovano uova e polli provenienti da animali allevati “senza mais o soia ogm“. Anni fa una pubblicità di Barilla annunciava con enfasi di produrre biscotti “senza acidi grassi trans”. Sul mercato ci sono merendine presentate “senza acidi grassi idrogenati”, e in Francia qualcuno pubblicizza biscotti “senza olio di palma“. Si tratta di messaggi destinati ad informare il consumatore su una caratteristica del prodotto che però non ne snatura l’essenza. Le uova senza ogm sono del tutto simili alle altre, i polli pure e anche i biscotti preparati senza olio di palma.
La questione cambia quando la parola “senza” si riferisce ad un prodotto pesantemente modificato oppure quando viene utilizzata per ingannare i consumatori. Mi vengono in mente le marmellate “senza zucchero” stranamente dolci grazie all’aggiunta di succo d’uva e di altri dolcificanti (censurate dall’Antitrust per pubblicità ingannevole). Un discorso simile riguarda le brioche “senza zucchero” ma con sorbitolo e altri dolcificanti.
Il discorso per il pandoro “senza” è diverso perché non si vuole ingannare il consumatore. In questo caso però si fa un’altra cosa altrettanto grave, si sconvolge la ricetta del disciplinare e si producono pandori e panettoni (come quello Motta vedi foto) senza farina di grano, sul cui sapore è meglio sorvolare.
Ormai nei negozi si trovano panettoni “senza canditi ” e “senza uvetta“‘. Ma guardando la pubblicità sui giornali di Eataly si scopre che c’è anche il panettone “con…. e senza…”. L’assortimento prevede panettone “con pere e cioccolato senza uvetta e senza canditi”, quello “alla birra senza agrumi”, una versione “al moscato Moncucco Fontanafredda“, e quello farcito con “amarena Fabbri” !!!!
In molti supermercati si trova anche quello “senza zucchero” per i diabetici (che per ora non si può chiamare panettone). Ma la realtà è mutevole per cui nessuno può escludere di trovare l’anno prossimo , dopo un’accurata revisione del disciplinare una versione del dolce “senza burro” per gli allergici al latte e perché no anche un panettone “senza farina, senza zucchero, senza canditi , senza uvetta e senza burro…”
“Il disciplinare permette alcune varianti della ricetta e noi rispettiamo le norme” precisano i produttori, ma questa non è una giustificazione plausibile. Trasformare e addomesticare la ricetta del disciplinare per finalità commerciali è un’assurdità imperdonabile, che solo miopi esperti di marketing possono portare avanti. Il panettone il pandoro restano il fiore all’occhiello della pasticceria industriale e artigianale italiana e le ricette vanno salvaguardate da interpretazioni fantastiche che possono solo rovinarne l’immagine. Molti solleveranno il diritto dei celiaci ad avere un panettone per le feste come pure quello delle persone disturbate dai canditi a festeggiare. Si tratta di motivazioni comprensibili e legittime. La soluzione c’è ed è molto semplice.
Bisogna prima di tutto salvaguardare le ricette originali e rifiutare tutte le varianti che ne snaturano e ne sviliscono le caratteristiche. A questo punto ben vengano anche tutti gli altri prodotti da forno “senza farina…senza uvette …senza canditi…” e sono gradite anche le altre novità gastronomiche “con birra… con moscato… con amarene…” ma ad una condizione, bisogna chiamarli semplicemente “dolci di Natale”.
Roberto La Pira
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Buonasera,
leggo spesso con piacere i vostri articoli e condivido molte delle posizioni prese, tuttavia non mi è piaciuto il tono sul tema pandoro senza glutine.
La tutela del patrimonio alimentare mi trova d’accordo, ma non credo che sostituire la farina di grano con ad esempio quella di riso costituisca un attentato alla tradizione pasticcera italiana…
Ho comprato un “pandoro” artigianale senza glutine (30 euro al kg!) assolutamente gustoso oltre che più sano rispetto ai prodotti industriali con ricette tradizionali.
Al di lá della speculazione economica inaccettabile e vero scandalo del business senza glutine sul quale varrebbe la pena aprire un serio dibattito, ritengo che il tentativo (certo mettendoci passione e vera competenza) di dare l’opportunità a chi vive il disagio della celiachia di un po’ di “normalità” mi sembra una cosa positiva, francamente più importante del salvaguardare la formalità delle ricette.
Cordialmente
Gabriele
La salvaguardia delle ricette è fondamentale perché valorizza una significativa fetta di prodotti “made in Italy” e questo settore comprende molti prodotti tipici che fanno la ricchezza del nostro paese a tavola. Se si comincia a sforare nei disciplinari modificando anche un solo ingrediente si rischia di vanificare il lavoro di anni. La normalità è legata al nome del panettone e del pandoro o all’esistenza di un prodotto senza glutine , senza zucchero , senza uvette, senza burro, senza uova … dal sapore ottimo che in etichetta riporta la scritta dolce di Natale.
Condivido in pieno le considerazioni di Gabriele e trovo inaccettabile anche solo pensare che i celiaci non possano gustare i nostri dolci tipici se pur adattati alle loro esigenze!!
Concordo con quanto detto sopra, molto importante per una persona celiaca o diabetica poter vivere il contesto della festa familiare come Natale o Pasqua senza sentirsi malato o diverso, quindi non sono d’accordo che in una ricetta non si possa cambiare qualcosa, magari si può indicare sotto la tabella nutrizionale che si tratta di un prodotto che non rispetta il protocollo, capisco la salvaguardia del della tradizione, ma si badi, invece, a non usare materie prime che danneggiano la salute perchè non solo di protocollo visse l’uomo.
Che strano! Fino a qualche tempo fa le altre marche che producevano il “panettone” senza glutine lo chiamavano anch’esse panettone poi han dovuto cambiare il nome in “dolce di Natale” o nomi similari poichè la ricetta non è quella originale (la farina di frumento è sostituita da altre farine prive di glutine) ….. forse la Motta ha qualche Santo che la protegge dalla scure della Confraternita del Panettone?
Credo che il disciplinare sia stato modificato per permettere di produrre panettoni e pandori senza glutine mantenendo la stessa denominazione.
oh my God!…. allora, Signor La Pira, lei è a conoscenza dell’ingrediente fondamentale del pandoro?… l’hanno detto solo a lei??
e quindi è: la Farina di grano?!?!
che sciocca che sono… e io che pensavo che fossero le uova fresche fondamentali per il colore, gusto, struttura, il burro fresco da latteria, una giusta quantità di zucchero per donare sofficità e colore, il latte fresco, la lievitazione naturale e poi la farina 00…!!!!
ma lei davvero pensa che il pandoro e panettone “Industriali” siano l’occhiello della pasticceria Italiana?
Davvero pensa che abbiano snaturato il concetto di “Pandoro-Panettone” solo perché hanno tentato di sglutinarlo? e per sacrilegio abbiamo lasciato lo stesso nome… inserendo come sottotitolo da “SEnza Glutine”? per lei è solo questo? non il fatto che se il pandoro #Bauli, è stato un flop, non è perché hanno sostituito la farina 00 con fecola di patate o farine sglut, ma perché si sono concentrati sono ed esclusivamente su quanto potesse essere grande la fetta di introiti….anche se l’avessero chiamato come dice lei “Dolce Natale” non sarebbe cambiato nulla, sarebbe restato lo stesso un prodotto abbandonato a se stesso…. se solo avessero prestato più attenzione, avrebbero ottenuto un buon prodotto, anche senza glutine..
Se molti hanno creduto nella Bauli, compresa la sottoscritta, è solo perché vendono fiducia, non mi sembra di aver visto in TV, alcuna pubblicità #gluten_free, quasi per timore, questo mi ha fatto pensare molto, sul perché? forse sapevano già… oppure speravano in successo strepitoso, confondendo intolleranza con papille gustative?…
Il glutine è una proteina che conferisce coesione all’impasto, dandogli la possibilità di lievitare nel minor tempo possibile…
Ma questa proteina non è l’unica e sola a far nascere un qualsiasi prodotto, si possono ottenere gli stessi risultati anche nel senza glutine, esistono degli Idrocolloidi , sostanze che, qualora idratate, si rigonfiano a tal punto da assumere una consistenza solida o semi-solida… sono usati come additivi nella preparazione di pani e prodotti da forno di panificazione/pasticceria #gluten_free per sopperire alla mancanza di glutine….
Concludo, dicendole che se tutti noi dedicheremmo del tempo consapevole e rispettoso, pieno di critiche costruttive e fondate, e non tanto per essere al centro di momento…. be!! penso che ne gioveremmo tutti sia di salute. che di momenti preziosi…
le auguro che il suo 2015, sia pieno di tempo da usare con o senza glutine, lattosio, canditi, o altro ancora…
Gentile Anna, il primo ingrediente del pandoro è la farina e per rendersene conto basta leggere l’elenco degli ingredienti dove viene indicato al primo posto. Che il pandoro e il panettone siano i migliori prodotti della pasticceria industria essendo ancora prodotti con ingredienti selezionati (per esempio è vietato l’olio di palma) e perché utilizzano una lievitazione naturale è un altro dato che conoscono tutti i pasticceri e le aziende del settore. Non mi interessa disquisire sugli errori di Bauli ma ribadire il concetto che la ricetta originale va salvaguardata. Sono convinto che si possa preparare un buon dolce di Natale senza glutine, simile al panettone e al pandoro per i celiaci, anche senza zucchero per i diabetici, anche senza burro per gli allergici al latte, anche senza uvette e senza canditi per chi non ama questi ingredienti e forse anche senza uova, ma per favore chiamiamoli con un altro nome. Questo concetto non vuole penalizzare nessuno ma salvaguardare la tipicità di un prodotto. Cosa c’è di sbagliato?
A me però risulta che esista anche la fari a di grano deglutinata, che sì,e modificata, ma è comunque farina di grano, visto che proprio vuole attaccarsi ai nomi…Se usassimo quella ci consentirebbe di chiamarlo pandoro?
Giovanna, se la farina è deglutinata la lievitazione naturale potrebbe avere qualche problema.
Un articolo stupendo. Come tutti gli altri.
Mi perdoni, ma se non l’interessava disquisire sul Pandoro Bauli #free, non avrebbe dovuto iniziare il suo articolo, proprio disquisendo sul perché errato tra l’altro, del sul suo ritiro dal mercato, perciò per dovere di informazione, ho ritenuto opportuno puntualizzarne alcuni punti, e le assicuro che il motivo principe non era, assolutamente perché “non incontrava il giusto dei consumatori”, ma bensì di altra natura.
Cosa c’è di sbagliato? a mio modesto avviso…
– è il tono delle sue parole, che fa nascere in me, la voglia di commentare e precisare.
– il suo articolo, sembra nato e costruito intorno ad un unico e solo sbaglio, spero momentaneo e mi auguro che il prossimo Natale sfornino con eleganza e morbidezza un Pandoro per tutti… sembra arrabbiato perché delle multinazionali si siano permesse, di pensare a chi soffre di intolleranze, la veda un po’ come una casa automobilistica, una sola marca, ma tante automobili diverse per ogni esigenze…
– se poi “Il disciplinare ” permette alcune varianti della ricetta purché si rispettino le norme”, non vedo sacrilegi… lo rende lo stesso unico e irripetibile…
– è mancato di tatto e gentilezza, e sentir dire da un giornalista che: “Interpretazioni Fantastiche? Che rovinano l’immagine? quindi secondo lei, si rovina l’immagine a produrre prodotti “Senza”!!! c’è solo da esserne orgogliosi invece.
– sostituire la farina 00, ormai raffinatissima e perciò dannosa per la salute, di tutti… mi fa pensare ad un attenzione in più verso i consumatori… e non a surrogati..
La società è cambiata e con essa sta cambiando il modo di vivere, a volte per scelta, veda i vegetariani o vegani e a volte perché si è costretti, ci sono intolleranze che spuntano fuori, un pò come i funghi, senza chiedere permessi, senza farti scegliere… perciò ben vengano i nuovi approcci…
– quando dice: (..”Certo il motivo è nobile, dare ai celiaci la possibilità di festeggiare il Natale con un dolce simile a quello tradizionale,..)” forse, il suo intento è di farmi sentire come Calimero, le assicuro che leggendo quella frase ha fatto nascere in me, un mega sorriso… non sono la poveretta triste che pensa lei.. mi spiace deluderla…
tanti cari saluti e tutti glutenfree
L’articolo non è un attacco ai celiaci, ai diabetici o agli intolleranti, ma una nota che vuole salvaguardare un prodotto tipico italiano che viene progressivamente snaturato dalle aziende che tolgono uno due o più ingredienti della ricetta tipica, oppure ne aggiungono altri che non esistono nella ricetta. Questo principio mi sembra del tutto legittimo e comprensibile. “La società è cambiata e anche il modo di vivere” scrive Anna, ma questo non vuol dire che dobbiamo snaturare la ricetta de cotechino di Modena e renderlo più magro perché gli italiani stanno diventando obesi. Diciamo che ci saranno nuovi approcci culinari per cui qualche azienda proporrà insaccati meno grassi a forma di cotechino che però non chiameremo “cotechino di Modena”. Ci arrabbiamo perché qualcuno all’estero produce formaggio molto simile al Grana Padano e al Parmigiano Reggiano e poi non dobbiamo dire nulla se in Italia produce panettone senza uvette, senza canditi, senza zucchero…
E che cosa dovrebbero mangiare i celiaci, di grazia?
Non è che magari nel rispetto della tradizione avrebberoo anche loro diritto ad assaggiare un pandoro o un panettone?
Che c’entra la farina di grano con la tradizione se il prodotto in questione senza grani è specifico per una nicchia di consumatori che non può mangiare il grano ma, come tutti, vuole rispettare la tradizione.
Per tutti gli altri ben venga il grano, ma non credo che i celiaci, allergici o sensibili al glutine mettano in crisi la tradizione, al contrario: la cercano disperatamente.
nel bene o nel male c’è una regola il DM 22/07/2005 che disciplina la produzione e della vendita di alcuni prodotti dolciari da forno,
… che prevede per il pandoro e panettone la farina di grano come ingrediente non facoltativo!!
cosa intende dire con “Credo che il disciplinare sia stato modificato per permettere di produrre panettoni e pandori senza glutine mantenendo la stessa denominazione”?
Concordo, non mi risultano modifiche al Decreto Ministeriale che prevede l’utilizzo di farina di frumento.
Saluti.
Sono d’accordo con il tono dell’articolo, anche se credo anch’io che senza farina di grano il prodotto (pandoro o panettone) deve o dovrebbe assumere la definizione di “dolce da ricorrenza”.
Questa corsa al senza è una scelta di marketing piuttosto bizzarra che non è nuova e che non ha mai avuto molto successo, quindi non capisco perchè continui ad essere perpetrata.
I numeri di questo mercato, purtroppo, si fanno con il prezzo, quindi se a 2,90 si mette il senza canditi si venderà quello.
Se la massa assaggiasse un panettone con canditi e uvetta buoni, si renderebbe conto che è un delitto farne a meno.
quindi il problema è il nome? se uno lo chiama dolce non panettone senza canditi la modifica merita un’articolo?
Certo il problema è il nome. Ma non è cosa da poco. I nostri spumanti prodotti con il metodo champenoise (identico a quello che usano per lo Champagne) e con uve simili non possono usare il nome Champagne e hanno dovuto cambiare nome. La ricetta del panettone va salvaguardata proprio come lo Champagne.Poi tutti possono produrre dolci simili ma con un altro nome.
Gentile Sig. La Pira
Concordo con Lei per quanto riguarda la parte delle pubblicità ingannevoli che in qualche modo danneggiano in consumatore, e sono il primo a pensare che il consumatore dovrebbe essere informato bene sulle modalità di preparazione e sugli ingredienti contenuti in un alimento. Però non concordo con tutto il resto dell’articolo: sono a favore di queste proposte su cibi per celiaci, cibi per diabetici e cose simili, anche se il prodotto che ne esce è qualitativamente molto differente da quello originale: un celiaco quando mangia una pizza senza glutine, sa bene che quella pizza non ha lo stesso sapore di una pizza normale, la stessa cosa si può dire per la pasta senza g. ect. Io credo che un celiaco non mangi questi prodotti per mangiare veramente una pizza o un piatto di pasta, sono convinto che un celiaco mangi uno di questi prodotti quasi per una natura “psicologia”, per poter dire di aver mangiato una pizza o un piatto di pasta. E’ il concetto ad essere importante. Un po’ come un orfanello che chiama i suoi genitori adottivi “mamma” e “papà”: sa bene che quelli non sono i suoi genitori, ma la natura umana ha bisogno delle volte di credere in alcune cose non per il fatto che siano giuste o false, ma solo per il fatto che può essere bello credere in queste cose. Quindi sono ben contento che molte marche abbiano deciso di produrre alimenti “snaturati” per dare l’idea al celiaco o al diabetico di mangiare i loro prodotti sebbene la qualità possa essere nettamente inferiore, e nondimeno sono contento che questi alimenti portino lo stesso nome degli alimenti che possono comprare gli individui più fortunati che non hanno intolleranze. Sono per il “pandoro per celiaci”, e non per il “dolce di natale per celiaci”. E più in generale appoggio tutti gli individui e tutte le idee che siano in qualche modo d’aiuto ad altre persone e che rendano la vita più piacevole – anche se magari di poco – alle persone meno fortunate… Un evviva per l’innovazione, per l’inventiva, e perché no, anche per la fantasia.
Le idee degli altri vanno rispettate ma non sono d’accordo. Seguendo il suo ragionamento verrebbero snaturate tutti le ricette e i prodotti tipici protetti da un regolamento per creare una versione per diabetici, celiaci, allergici, intolleranti… Avremo così decine di tipi di panettone, di pandoro e ognuno potrebbe far la ricetta che crede. Si potrebbero produrre panettoni e pandori , senza vette , anditi , farina , zucchero e anche con olio di palma anziché burro per le persone che non mangiano prodotti di origine animale. Ma allora dove andrebbe a finire la protezione dei prodotti della tradizione alimentare che ci rende famosi nel mondo …. Le idee vanno bene ma perché devono essere un elemento che penalizza la tradizione, le due cose devono convivere.
Piuttosto che polemizzare sulla farina utilizzata per il pandoro senza glutine, che ovviamente non può essere di grano, evidenzierei che sia il pandoro Bauli che il panettone Motta, non sono prodotti né da Bauli né da Motta, ma da un’azienda sita ad Altopascio che produce prodotti gluten free per diverse aziende che si limitano ad apporre poi il loro marchio. Questo secondo il mio parere è grave, in quanto si inducono le persone a credere che siano prodotti dall’azienda che fornisce l’imballaggio.
Cara signora, ci sono migliaia di prodotti sul mercato che non sono prodotti dall’azienda di cui portano il marchio.
All’inizio non ero molto in accordo con l’articolo, scritto anche a parere mio in modo lievemente aggressivo, però leggendo i commenti sono stato convinto quando La Pira ha citato prodotti come il Parmigiano ed il Grana. Pensiamo a tutte le campagne che sono state fatte da tutti noi, e ipotizzo appoggiate da tutti coloro che hanno commentato l’articolo, sulla tutele dei marchi.
Esempio banale, il parmigiano reggiano è fatto con latte di bovine non alimentate a mais, se si usasse latte normale sareste disposti a chiamarlo comunque Parmigiano Reggiano?
Se il Prosciutto di Parma fosse prodotto con cosce di suini non italiani sareste d’accordo a chiamarlo comunque Prosciutto di Parma?
per questi prodotti nessuno di noi sarebbe d’accordo, allora perchè dovremmo permetterlo in questo caso??
Pensate a quanti prodotti abbiamo in Italia che sono IGP percè non possono garantire ogni singolo processo per essere DOP, in questo modo facendo un “eccezione” potrebbero essere tutti DOP.
Chiaramente il discorso è valido solo in quei casi in cui è presente un disciplinare a tutela di un marchio o del nome commerciale
Mi spiace ma non sono d’accordo. Si possono realizzare ottimi panettoni e pandori senza glutine, nel rispetto del disciplinare modificando solo la farina.
Gli ingredienti principali a mio avviso sono ben altri, e sono quelli che ne caratterizzano il gusto: burro, uova, vaniglia, agrumi.
Non concepisco un panettone “vegano” o senza burro perché se ne altera completamente il gusto, ma senza glutine sì.
Il problema semmai è che i noti marchi hanno creato delle ricette senza glutine che nulla hanno a che vedere con la ricetta tradizionale, per semplificarsi la vita e poter produrre in quantità.
Concordo sull’inutilità dei surrogati, li trovo un’offesa nei confronti del celiaco (anche se, ahimè, il mercato mi da torto). Ma se si riesce ad ottenere un prodotto che non ha nulla da invidiare all’originale “con glutine” non ci vedo nulla di male.
Prendiamocela con chi propone prodotti di bassa qualità o surrogati, senza sparare a zero su tutto…
“Si possono realizzare ottimi panettoni e pandori senza glutine, nel rispetto del disciplinare modificando solo la farina.”
Quindi quale farina si potrebbe utilizzare secondo Lei ?
Bah. NON concordo sul principio di base dell’articolo.
Un pandoro “senza” glutine NON è uno “snaturamento della ricetta”. E’ cercare di rendere un prodotto tradizionale “consumabile” anche da chi non potrebbe consumarlo per motivi di salute.
E’ come il latte “delattosato”: sempre latte è.
Snaturare una ricetta è fare la carbonara con la panna 🙂 o fare uno “spezzatino” con tofu e seitan :-))
Sono d’accordo quando si parla di latte e pasta alla carbonara, ma non di un prodotto tipico normato e disciplinato.
Un commento per tutti….guardate che togliere la farina di grano non significa sostituirla solo con una farina alternativa ma oltre questa aggiungere altri ingredienti che garantiscano migliori lievitazioni dell’impasto e maggior consistenza del prodotto finito,per sopperire alla mancanza del glutine. Il disciplinare di panettone e pandoro viene quindi sconvolto. Per chi come me è celiaco non importa la denominazione del prodotto che acquisto ma la possibilità di mangiarlo quando tutti lo fanno. Sono daccordo pienamente quindi con il dott. La Pira!!!
Buongiorno, condivido in toto il suo articolo ma, vogliamo aprire un capitolo su un’altra novità? Il panettone o pandoro per i vegani… sì perchè quest’anno si è parlato pure di quello… Come ha scritto lei, va bene utilizzare ingredienti alternativi per accontentare tutti (è il mercato che lo chiede) ma NON chiamateli Panettone o Pandoro; chiamateli DOLCI di Natale perchè i VERI Panettone e Pandoro son ben altra cosa e nulla hanno a che vedere con queste “specialità” …. per fortuna 🙂
Ma un “dolce di Natale” per vegani o celiaci fatto “a forma” di pandoro o panettone NON è intrinsecamente un’ipocrisia ?
Dovresti commercializzare una “torta” che NON sia simile al pandoro/panettone, ma in tal caso viene meno tutto il marketing natalizio (e l’illusione di mangiare quello che mangiano gli altri)
Al supermercato vedi la confezione “tipica” leggi il marchio e “forse” leggi che cosa c’è dentro.
E’ come “l’hamburger” di seitan. Se NON è carne non dovresti venderlo nel formato “originale” e magari nello stesso banco frigo (Che qualche consumatore poco accorto è convinto di acquistare hamburger di pregiato manzo nipponico … 🙂 )
Perché un’ipocrisia…..non conta la forma ma il nome con cui lo commercializzi, che va contro ad un disciplinare se continui a chiamarlo pandoro o panettone. L’hamburgher non ha disciplinare per cui puoi utilizzare per il seitan la denominazione hamburger di seitan, difficile da acquistare per sbaglio al posto di quello di carne perché trovi la scritta seitan nella denominazione, è esposto con i prodotti per vegetariani e vegani, è conservato a temperatura ambiente.
Articolo pessimo, considerazioni offensive verso allergici e intolleranti. Il panettone tradizionale chiamatelo PANETTONE DOP o PANETTONE DOC e smettetela di scrivere questi articoli che scatenano ovvie polemiche. Quando diventerete celiaci vedremo come la penserete quando tutti mangiano panettoni davanti ai vostri occhi e ne sentirete soltanto l’odore dovendovene privare per un allergia. Ma vi leggete ? “chiamatelo dolce di natale” ma pensate a cose più importanti, fanno la pizza con la Nutella e la chiamano pizza… Fanno anche la birra senza alcol se è per questo! Panettone senza glutine, bene così bravi Bauli, andate avanti!
p.s. e non sono celiaco
Concordo assolutamente con te Nicolò! Hai detto tu già tutto e non serve commentare altro!
Credo che Giusy risondesse al mio commento….sono daccordo anch’io infatti, forse non mi sono spiegato bene ma concordo con tutto quanto detto a favore di La Pira ovvero che se cambio ingredienti l’adempimento del disciplinare viene meno. A chi soffre di intolleranze o allergie alimentari, come dicevo, non importa la denominazione del prodotto che acquista ma il fatto che possa mangiarlo!!! Non credo che smetta di mangiarli se anziché Pandoro o Panettone si chiamano Dolci di Natale!
Questa si chiama discriminazione! Se ne faccia una ragione, si chiamerà “panettone senza glutine” come giusto che sia! I celiaci non sono consumatori di serie “B”, il dolce di natale ve lo mangiate voi assieme alla birra senza alcol, alla pizza senza sugo, alla panna vegetale e all’hamburger vegano! Già che ci siete polemizzate anche sul caffè d’orzo, che viene preparato senza nemmeno un granello di caffè!
Nicolò il problema è che quelli che lei cita Birra, pizza, panna, hamburger non sono prodotti tipici con una ricetta definita da un disciplinare. Tutto qui.
Queste discussioni mi sembrano un po’ sterili….L’articolo è volutamente “aggressivo” in modo da risvegliare gli animi dei lettori. A giudicare dal numero di commenti direi che l’obbiettivo è stato raggiunto e di questo bisogna dare merito al Dr La Pira (che sa fare il suo lavoro). Il DM 22/07/2005 parla chiaro. Elenca gli ingredienti e le possibili varianti. Anni fa ci furono una pioggia di sanzioni comminate dalla Repressione Frodi perchè alcuni noti Discount denominavano Pandoro e Panettone i prodotti in chellophane venduti ad inizio stagione, fatti con grassi vegetali (palma).