Frutti della palma da olio su una tavola di legno; concept: olio di palma

Seed of oil palm palme da olio fruttiIn pochi anni Feronia e la sua consociata locale Plantations et Huileries du Congo S.A. (PHC) hanno devastato una grande area del Congo, e stanno rendendo impotenti e ammalati decine di lavoratori. Il tutto per tre grandi piantagioni di palme da olio estese per 100 mila ettari nella regione più settentrionale del paese, dove lavorano 10 mila persone. Si tratta di società a capitale misto finanziate dal 2013 da quattro grandi istituti di investimento per lo sviluppo (la BIO belga, il Gruppo CDC britannica, la DEG tedesca e la FMO olandese) con 100 milioni di dollari e detenute al 38% dallo stesso CDC, una società governativa.

La denuncia è contenuta in un dettagliato rapporto dell’associazione Human Rights Watch (HRW), che punta il dito contro l’azienda, gli investitori, il governo congolese e contro il mancato rispetto di diversi accordi e impegni internazionali. L’inchiesta è stata svolta sul campo: tra il novembre 2018 e il maggio 2019 ricercatori di HRW hanno visitato le piantagioni, raccolto dati e campioni e parlato con più di 200 persone, 100 delle quali residenti nelle immediate vicinanze delle palme da olio, 20 manager, 25 ufficiali del governo, e analizzato molti documenti presentati al governo congolese dall’azienda.

Il risultato è lo spaccato di una realtà che si sperava in via di estinzione, dopo che in tutto il mondo da anni si cerca di combattere gli abusi associati a questa coltivazione. È  emerso che Feronia non fornisce abiti adeguati per proteggersi dalla micidiale miscela di nove pesticidi che ogni giorno gli addetti riversano sulle piante, né tantomeno informazioni sui rischi.

E questo nonostante metà dei nove fitofarmaci siano considerati pericolosi dall’Organizzazione mondiale della sanità, tre siano ritenuti cancerogeni dalla stessa OMS e da altre autorità sanitarie e per uno di essi l’Europa abbia chiesto il ritiro nel 2019. Eppure in media, ai lavoratori, ogni giorno per sei giorni alla settimana, viene chiesto di somministrare il mix a ogni pianta usando un irroratore a spalla da 16 litri, e di trattare tra le 300 alle 600 palme: non si fatica quindi a capire il perché delle gravi intossicazioni che, oltre all’impotenza, generano danni agli occhi, alla pelle, alla circolazione, dolori e affaticamento cronico. Tutto questo, inoltre, colpisce anche chi prepara la miscela: e ogni giorno ne servono circa 800 litri.

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Human Rights Watch ha denunciato la violazione sistematica dei diritti e della salute dei lavoratori di alcune piantagioni di palme da olio in Congo

L’azienda fornisce protezioni, che tuttavia non rispettano gli standard dell’Oms, delle leggi del Congo e della stessa azienda (quelle contenute nei documenti ispezionati) e che, per dirne una, non sono impermeabili: il che, in una zona molto piovosa, non è il massimo della sicurezza.

In più inquina i corsi d’acqua da cui dipende la sopravvivenza di centinaia di migliaia di persone, riversandovi rifiuti che con il tempo potrebbero causare morie di pesci e anormali crescite di alghe. E arriva a pagare l’equivalente di 7,30 dollari al mese le lavoratrici; per esempio, paga 0,01 dollari per ogni sacco da 10 chilogrammi di frutti della palma da olio, di solito raccolto dalle donne, ovvero tiene i lavoratori in condizioni molto prossime alla schiavitù. Il governo, dal canto suo, afferma di fare tutto quanto è previsto per proteggerli. Ma PHC è l’azienda che dà più lavoro nel settore agricolo nazionale e una delle prime cinque nell’economia del paese, dove 7,7 milioni di persone vivono in povertà (su 84 milioni totali) e ci sono 4,5 milioni di profughi interni a causa delle guerre degli ultimi anni. Non è quindi facile, per le autorità, fare la voce grossa con questa azienda, che è tra le big del cibo mondiale. Moltissimo resta da fare, quindi, per avere estese coltivazioni di palme da olio veramente sostenibili anche dal punto di vista umano.

Per fortuna non mancano studi di segno opposto, che accendono una luce su situazioni sostenibili, almeno per l’ambiente. Uno degli ultimi è stato pubblicato dai ricercatori del Politecnico Federale di Losanna, in Svizzera, su Science Advances, e racconta una storia di redenzione in corso in Colombia. Lì infatti, nella zona di Los Llanos, molti anni fa la foresta era stata eliminata per far posto ai pascoli degli allevamenti, poi esauriti. Ma 56 anni fa su questi ultimi erano state insediate piantagioni di palme da olio. Il calcolo delle emissioni ha dimostrato che il bilancio, rispetto all’epoca dei pascoli, è in pari, perché le palme, negli anni, hanno permesso di catturare molta CO2 e di rigenerare in parte una zona esaurita. Non a caso lo studio si inserisce in un progetto chiamato Oil Palm Adaptive Landscapes (OPAL) guidato dall’ETH di Zurigo, finanziato dalla Swiss National Science Foundation al quale partecipano anche Indonesia, Colombia e Camerun, insieme al WWF, che ha lo scopo di studiare e divulgare esperienze locali positive, che permettono di conciliare la coltivazione della palma da olio con la sostenibilità ambientale e il rispetto dei lavoratori.

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