Una nuova analisi pubblicata da Oxfam (Oxford Commitee for Famine Relief, confederazione di 17 Ong) dimostra che chi compra e vende la terra su ampia scala preferisce investire dove i governi sono più deboli. Per questo Oxfam lancia oggi il “No Land Grab Day” con azioni in tutto il mondo volte a chiedere alla Banca Mondiale di assumersi la responsabilità di contrastare il land grabbing.
Il Fatto Alimentare si occupa da anni del fenomeno della rapina delle terre, tanto più diffuso quanto più minaccioso per i diritti umani fondamentali, legati al cibo e alla sovranità alimentare. Il land grabbing é una delle peggiori minacce non solo per le popolazioni ingiustamente private delle terre possedute e utilizzate per il sostentamento, ma anche per le generazioni future, condannate al forzato esilio dalla natura e dagli spazi dei loro avi.
E si tratta di una grave condanna anche per la biodiversità, destinata a scomparire per lascir spazio a monocolture intensive, impiantate dai nuovi “colonialisti”: la rovina di tutti per il beneficio di pochi, ecco una visione priva di prospettive a lungo termine.
Un dato nuovo, in parte prevedibile, emerge con chiarezza dalla nuova ricerca di Oxfam: in oltre il 75% dei 56 paesi ove hanno avuto luogo compravendite di terra su larga scala, tra il 2000 e il 2011, i quattro indicatori chiave sulla governance (partecipazione dal basso e accountability, stato di diritto, regolamentazione del settore privato e controllo della corruzione) erano e sono gravemente al di sotto della media. Più del 50% di questi affari sono stati realizzati nei 23 paesi in coda alla classifica.
Un caso? Non si direbbe proprio.
L’analisi è stata condotta incrociando i dati della Land Coalition’s Matrix – una banca dati sui contratti relativi ad acquisizioni di terreni di estensione superiore ai 200 ettari – con gli indicatori sulla governance della Banca Mondiale, mediante i quali viene misurata la qualità del governo di ciascun Paese.
Un paio di esempi: in Guatemala, paese tra gli ultimi in classifica sul fronte della governance, negli ultimi dieci anni è stata trasferita la proprietà di 87mila ettari di terra, nonostante gli alti livelli di fame e malnutrizione delle aree rurali. In netto contrasto il Botswana che, con un’area di terra pro-capite in tutto simile al Guatemala, si posiziona ben al di sopra della media negli indicatori di governance e non risulta aver concluso alcuna acquisizione di terra su larga scala.
«Il malgoverno è un buon requisito per gli investitori che cercano di assicurarsi vasti appezzamenti di terra in modo rapido e a poco prezzo», commenta Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne di Oxfam Italia. «Sembra che gli investitori si dirigano su paesi con governi e leggi deboli che rappresentano dei “facili obiettivi”. Questa prassi getta in una situazione disastrosa le comunità, le cui case e i cui mezzi di sostentamento vengono sottratti senza alcun compenso».
Oxfam si appella alla Banca Mondiale affinché sospenda temporaneamente tutti gli investimenti agricoli su larga scala in modo da assicurare che le sue politiche non favoriscano il land grabbing. La Banca Mondiale è in una posizione unica in virtù della sua influenza nel definire gli standard internazionali, stanziare finanziamenti e consigliare i paesi in via di sviluppo.
«Noi chiediamo alla Banca Mondiale – prosegue Elisa Bacciotti – di fare il possibile per impedire tutto questo. Ottenere un controllo sulla corsa moderna all’accaparramento dei terreni, che vede ogni secondo un’area grande come il Colosseo venduta a investitori stranieri, deve essere una priorità dell’agenda della Banca».
Dario Dongo
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Per maggiori informazioni sulla giornata di mobilitazione contro il land grabbing, è possibile scaricare alcune foto, un video sul land grabbing in Guatemala, un breve video di 6 secondi su YouTube, altre foto delle attività a Roma, Milano Firenze.
Avvocato, giornalista. Twitter: @ItalyFoodTrade