In un caso su tre le ostriche, al momento della raccolta, sono contaminate da norovirus, un virus a trasmissione orofecale che può causare tossinfezioni alimentari anche gravi. E anche se al momento della commercializzazione la percentuale scende significativamente, il rischio è comunque presente: in tutta Europa.
Sono queste le preoccupanti conclusioni cui è giunta l’Efsa, che dopo avere controllato e monitorato la situazione ha reso noti i risultati del lavoro.
Tra il 2016 e il 2018 i ricercatori hanno raccolto oltre 2.100 campioni in 12 stati di tutto il continente sia nelle aree di produzione (172) che nei punti di commercializzazione (207). Tutti i campioni sono stati sottoposti a test genetici per rilevare e quantificare la presenza del genoma virale. Il virus è stato trovato nel 34,5% delle ostriche prelevate presso i siti di produzione e nel 10,8% dei frutti di mare in vendita. In entrambi i casi, i picchi di contaminazione sono stati riscontrati tra novembre e aprile e il livello medio è stato di 337 copie di materiale genetico per grammo (cpg) nelle zone di produzione, e di 168 cpg nelle altre. Inoltre, la metà circa delle ostriche (il 17,5% di quelle dei siti di produzione e il 5,59% delle altre) aveva una media di 200 cpg, mentre le percentuali di quelle con valori superiori a 500 (indice considerato ad alto rischio di infezioni e di epidemie) sono state rispettivamente, 8,71% e 1,17%.
Come previsto le ostriche provenienti dalle zone A (quelle meno a rischio dove molluschi e pesci non necessitano di trattamenti particolari) sono state quelle con minori concentrazioni di norovirus, rispetto a quelle allevate in aree di classe B dove vengono sempre sottoposte a purificazione.
Albert Amgar, nel suo blog, ricorda che per avere un’idea del livello di contaminazione fecale delle acque di una zona di produzione di ostriche si misura la concentrazione di Escherichia coli. I risultati sul norovirus di Efsa suggeriscono che per le ostriche potrebbe essere molto utile introdurre un nuovo parametro di valutazione. Il fatto che il virus sia presente in un lotto su dieci tra quelli presenti nei punti vendita – conclude il rapporto Efsa – può rappresentare un problema di sanità pubblica, e va tenuto nella giusta considerazione.
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Giornalista scientifica
Curiosità. Si scrive nell’articolo che viene controllato e quantificato il materiale genetico virale. ok. Ma questo materiale potrebbe derivare da virus inattivato o silente e quindi non sufficiente a scatenare una infezione? C’è una stretta correlazione tra quantità di materiale genetico virale è percentuale di insorgenza della patologia?
Se il cpg (materiale genetico per grammo) ha valori superiori a 500 c’è un alto rischio di infezioni e di epidemie. La metà circa delle ostriche (il 17,5% di quelle dei siti di produzione e il 5,59% delle altre) aveva una media di 200 cpg, mentre le percentuali di quelle con valori superiori a 500 sono state rispettivamente, 8,71% e 1,17%.
Vorrei fare un domanda . Si parla di “norovirus” ma per quanto riguarda la sicurezza alimentare di tutti i prodotti ittici che vanno consumati crudi basterebbe eliminare questo problema usando un generatore di ozono quindi un ozonizzatore che purifica e sterilizza a lampada Uv da posizionare nelle vasche di affinazione prima dell’immissione sul mercato dei vari prodotti ?
Non sono riuscito a trovare la corrispondenza geografica con le zone A e B menzionate nell’articolo, potreste indicarmi dove sono situate?
grazie