Le Nazioni Unite bacchettano l’Italia sullo sfruttamento dei lavoratori stranieri. Il richiamo per il Governo e le aziende è arrivato alla fine di una visita ufficiale di 10 giorni degli esperti del Gruppo di lavoro su imprese e diritti umani nelle Regioni Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Lombardia e Toscana, che hanno evidenziato la persistenza di gravi abusi, condizioni di vita e di lavoro disumane, problemi di salute e sicurezza per migliaia di lavoratori migranti. Una situazione gravissima che continua a piagare settori come l’agricoltura e la logistica, nonostante l’impegno delle istituzioni per contrastare il fenomeno del caporalato, come dimostra il recente caso di due cooperative lombarde, ex-fornitrici di servizi logistici di un grande gruppo ortofrutticolo, che si dichiara estraneo ai fatti contestati.
“I lavoratori migranti, compresi quelli provenienti da Paesi africani e asiatici, che lavorano in settori come l’agricoltura, l’abbigliamento e la logistica, sono intrappolati in un circolo vizioso di sfruttamento, schiavitù per debiti e abusi dei diritti umani che deve essere spezzato, – ha dichiarato Surya Deva, presidente del Gruppo di lavoro. – Questo aspetto richiede un’azione decisiva da parte del Governo e delle imprese affinché garantiscano condizioni di lavoro dignitose a tutti i lavoratori.”
Secondo gli esperti delle Nazioni Unite, il Governo, le aziende e i sindacati dovrebbero collaborare per porre fine allo sfruttamento di manodopera a basso costo, migliorare le condizioni dei lavoratori stranieri e garantire che nessuno, produttori e distributori inclusi, tragga un vantaggio economico da questo sistema. Ma le azioni intraprese finora dalle istituzioni italiane, come quelle lodevoli per la lotta al caporalato o le iniziative di scarso successo per la regolarizzazione dei lavoratori migranti, non sono affatto sufficienti a fermare gli abusi.
Il Gruppo di lavoro ha visitato anche alcune comunità di lavoratori migranti, come quelle di Avellino, Taranto e Val d’Agri, che hanno parlato con gli esperti delle condizioni di vita e di lavoro. “Le loro preoccupazioni devono essere prese sul serio, – afferma Deva. – Occorre compiere sforzi concertati per infondere fiducia, monitorare in modo indipendente le emissioni e gli effetti sulla salute e fornire soluzioni efficaci. Tali soluzioni devono essere lungimiranti e contribuire agli sforzi globali verso il conseguimento della decarbonizzazione e della transizione verso un’economia verde.”
In particolare, all’Italia sono richiesti miglioramenti nell’applicazione delle leggi esistenti, nel monitoraggio delle aziende e nell’accesso a vie di ricorso efficaci per segnalare casi di abuso dei diritti umani e del lavoro. Alle imprese che operano nel nostro Paese invece si chiede una verifica puntuale dell’impatto delle loro attività e delle loro catene di approvvigionamento sui diritti.
“In quanto economia altamente sviluppata dell’Unione europea, l’Italia dovrebbe creare al più presto un’istituzione nazionale per i diritti umani forte e indipendente, investita di un mandato esplicito che le permetta di intervenire su questioni relative a abusi dei diritti umani legati alle attività delle imprese. Dovrebbe inoltre promulgare una legge in materia di adeguata verifica obbligatoria rispetto ai diritti umani e all’ambiente, – afferma Deva, che conclude – Si tratta di una preziosa opportunità per il Governo italiano di dimostrare la sua leadership traducendo i suoi impegni nella pratica, soprattutto per i soggetti più vulnerabili e per l’ambiente”
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.