Due studi pubblicati in contemporanea, effettuati dagli epidemiologi del Polyunsaturated Fats and Health group (PUFAH), sponsorizzato dall’OMS, dell’Università inglese dell’East Anglia, pongono una pietra tombale sui benefici attribuiti ai supplementi con acidi grassi omega 3, che negli ultimi anni hanno alimentato un mercato tanto ricco quanto devastante per l’ambiente, e soprattutto basato su presupposti che non reggono alla prova dei fatti.
Il primo lavoro, che ne aggiorna uno precedente, del 2018, riguarda il legame tra i supplementi e la prevenzione delle malattie cardiovascolari, ed è stato pubblicato sulle Cochrane Reviews. Si tratta di analisi di studi già pubblicati, condotte in base a criteri scientifici rigorosi, con lo scopo di ottenere indicazioni chiare e fondate. In questo caso sono stati esaminati 86 studi della durata minima di un anno (alcuni durati anche 88 mesi), condotti su oltre 160.000 soggetti a vari livelli di rischio. Tutte le persone sono state trattate con un placebo o con supplementi contenenti assortimenti diversi di omega 3, a catena lunga o LCn3 oppure vegetali (come l’alfa linolenico) o Ala.
Il risultato è stato inequivocabile: non è possibile dimostrare alcun tipo di beneficio sulla mortalità generale né su quella specifica né sugli ictus con nessuna delle formulazioni provate. Il livello di certezza di queste conclusioni è elevato, cioè la solidità statistica è netta.
Emergono alcuni effetti di modesta entità con gli LCn3 per quanto riguarda il rischio di morte o di eventi coronarici, su percentuali piccole di pazienti. Occorre infatti trattarne rispettivamente 334 e 167 perché un soggetto possa avere un vantaggio. Lo stesso vale per gli Ala: si può dimostrare solo un vantaggio modesto sugli eventi cardiovascolari per una persona ogni 500, e sulle aritmie (una su 91). Ma in entrambi questi casi l’evidenza statistica è debole e l’esito, dunque, non molto certo.
Nel secondo studio l’attenzione è stata posta sui legami tra omega 3 e rischio di sviluppare un tumore, un altro dei benefici decantati dalla pubblicità delle aziende, ma mai dimostrati al di là di ogni dubbio. L’analisi, pubblicata questa volta sul British Journal of Cancer, ha interessato 47 studi randomizzati e controllati che hanno riguardato più di 100.000 persone che hanno assunto, in alternativa o in associazione alle due categorie di omega tre precedenti, anche gli acidi grassi polinsaturi o Pufa.
Il messaggio finale è stato addirittura opposto rispetto ai claim: non solo gli omega 3 non prevengono il cancro, ma in alcuni casi come quello della prostata sembrano favorirlo. In particolare, non è possibile dimostrare alcun beneficio sulla mortalità da cancro, sull’incidenza dei tumori in generale e su quella del cancro al seno in particolare.
Gli autori, in entrambe le analisi, fanno notare come, nella stragrande maggioranza dei casi, i partecipanti abbiano assunto supplementi e non una dieta ricca di pesce o altre fonti di omega 3. Come ormai sembra chiaro, a chiunque voglia leggere i dati, assumere supplementi con omega tre non serve molto. Solo nel 2019 – scrivono – più di 80 ricerche hanno dimostrato che non hanno alcun potere contro il diabete di tipo 2, per fare un altro esempio di un effetto tanto popolare quanto inesistente. Ma secondo il Servizio Sanitario britannico, solo nel 2018 il mercato ha fruttato, a livello globale, 33 miliardi di dollari, e contribuito alla devastazione del pianeta con le acquacolture dedicate.
Gli omega 3 – concludono – sono indispensabili e utili, nelle giuste dosi, e forse apportano qualche lieve beneficio a chi ha già una malattia cardiaca o è ad alto rischio. Ma per assumerne a sufficienza basta inserirli nella dieta, mangiando pesce due volte alla settimana.
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[sostieni]
Giornalista scientifica
Sono convinto che ricerche fatte da uno dei due contendenti, chi pro e chi contro non siano veritiere.
Dal mio piccolo punto di vista, aumentare ciò che è buono non fa male, al contrario la carenza potrebbe nuocere.
Per favore potrebbe argomentare meglio la sua opinione sull’articolo?
Ho esperienze, soprattutto cliniche, alquanto diverse. Gli omega3 fluidificano il sangue, quindi le persone che hanno problemi di circolazione ne ricavano grandi benefici. Sono formati principalmente da due acidi grassi: Epa e Dha. Nonostante quest’ultimo svolga il maggior lavoro nel ns organismo il rapporto migliore deve attestarsi su 2:1 a beneficio dell’Epa. Poi bisogna stare attenti al grado di purezza in quanto ho osservato persone che hanno assunto omega3 di bassa qualità che hanno avuto un incremento della pressione sanguigna causato dagli inquinanti contenuti per via della mancata purificazione.
Mi fermo qui, le proteste degli altri commenti sono alquanto significativi.
Spero che ancora ci siano persone che ragionino con la loro testa (no metanalisi…): far balenare l’ipotesi che addirittura possano favorire i tumori è addirittura irriguardoso.
Per favore potrebbe argomentare meglio la sua opinione sull’articolo?
Ma scherziamo?!, gli Omega-3 diminuiscono i trigliceridi e il colesterolo (due fattori importanti per problemi di cuore e circolazione), e basta fare le analisi del sangue per un riscontro reale. Omega-3 con prostata poi non vedo come possa creare problemi. Casomai il pesce non processato bene può portare particelle tossiche in minima quantità fino a quasi zero per le aziende certificate. Risaputo poi da molti anni che gli Omega-3 hanno riscontro statistico grazie agli eschimesi che ne assumono spesso; hanno bassa mortalità per infarto.
Magari il loro pesce è un po’ ‘diverso’ dal nostro e, probabilmente, non gli riservano trattamenti termici drastici (sai quanti omega 3 integri e attivi trovi in un branzino al forno o alla griglia?)
Gli omega 3 asunti a dosi adeguate ( 4 g al giorno) rifucono molto significativamente i livelli di trigliveridi nel sangue contribuendo cosi’, insieme ad uno stile di vita sano, a prevenire l’ateriosclerosi. E non mi sembra poco.
Intanto a mia moglie hanno sostituito la simvastatina con un integratore e il colesterolo è rimasto basso. Io prendo da 12 anni Immunomix e non ho più fatto antibiotici, mentre prima li facevo ogni anno.
non credo sia corretto fare esempi personali (che nelle statistiche sono inutili) né citare prodotti
Scusate ma mi riesce difficile collegare il senso della conclusione dell’articolo favorevole agli omega tre con il resto. Cos’è alla fine? ha evidenze scientifiche delle sue conclusioni, cioè che gli omega 3 fanno bene? Mi sembra confuso.
Non capisco una cosa. Gli acidi grassi omega-3 sono sostanze naturali e che, ormai è certo, spesso sono carenti nella dieta della stragrande maggioranza delle persone (mangiare pesce 2 volte la settimana non è sufficiente, parliamo invece di quali pesci mangiare perché un salmone non è un branzino e di come cucinarli per ottenere le quantità di EPA e DHA raccomandate).
Quando qualsiasi elemento è carente nella dieta di una persona (per intolleranze, abitudini, allergie, credo religioso etc.) i medici possono suggerire una integrazione.
A quel punto basta scegliere i prodotti migliori.
E comunque mi dispiace dirlo ma se cliccate sul link dell’articolo pubblicato Cochrane Reviews (che è la la massima espressione delle pubblicazioni scientifiche), la conclusione degli autori è esattamente l’opposto di quello che viene detto qui.
“Moderate‐ and low‐certainty evidence suggests that increasing LCn3 (gli Omega-3) slightly reduces risk of coronary heart disease mortality and events, and reduces serum triglycerides (evidence mainly from supplement trials)”
Il rapporto omega 6/3 deve stare in un rapporto che per alcuni deve essere 4:1 per altri anche meno.
In Italia tale rapporto è mediamente 14:1 ma si arriva anche a 25:1
Gli omega 6 e 3 hanno affetti esattamente opposti e un eccesso di omega 6 comporta un eccesso degli effetti ad esempio infiammatori.
Basta trascorrere una mattinata in farmacia o in uno studio medico, per capire quanto il problema dell’infiammazione sia presente nella stragrande maggioranza elle persone e vista l’enorme quantità di letteratura a favore degli omega 3.
1) L’articolo, pur con un titolo fuorviante, è abbastanza chiaro (dopo varie letture): distinguiamo gli integratori omega 3, dagli omega 3 contenuti negli alimenti. I primi non apportano nessun beneficio in più rispetto agli alimenti che, di per sè, sono sufficienti a contribuire all’abbassamento del rischio cardiovascolare.
2) Integro il discordo sottolieando che oltre agli integratori, vi sono farmaci omega3 sotto composto “estere”.
3) Da che mondo è mondo, l’uomo assume omega3 contenuti in alimenti sia animali che vegetali (es.: pesce e noci), spontaneamente, senza chiedersi che cosa contengono, nè tanto meno chiedondosi come è fatto un’omega3.
4) Le due brutte bestie per il rischio cardiovascolare (ateroma nelle arterie), sono il colesterolo e i trigliceridi quando i loro valori ematici sono eccessivi.
5) I valori alti di colesterolo e trigliceridi, vengono combattuti, anche farmacologicamente, rispettivamente con statine (es.: atorvastatina), e omega3 in composto “estere”.
6) Vi sono poi gli integratori, es: riso rosso fermentato e omega3.
7) I farmaci, nel mio caso, sono efficaci (Trigliceridi 93 – Colesterolo Totale 122). Tempo fa sperimentai la sospensione di statina per un mese, accompagnata dal consumo di due uova a colazione ogni mattina, e mi sono ritrovato con 200 di colesterolo. Non è un valore proibitivo, ma non avendo il conforto (sistematico) di un medico, ho desistito, rientrando nei ranghi dopo due mesi (160 – 120). Farò esperimenti meno drastici.
8) Se i due studi sono meritevoli di essere presi in considerazione, cioè sono seri, e non gli ennesimi da dimenticatoio, le dovute istituzioni, vista l’autorevolezza della sponsorizzazione da parte dell’OMS, dovrebbero inziare a pensare al bando di farmaci e integratori omega3, a beneficio economico di tutti. Le relative industrie non si perderanno d’animo ad investire diversamente.
9) Al quinto capoverso dell’articolo, gli acidi grassi polinsaturi (Pufa), vengono distinti dalle “due categorie di omega tre precedenti”: anche l’ALA è trienoico, come EPA e DHA sono penta ed esa.
@paradosso asiatico.
Paradossalmente (non è una battuta) mi preoccuperebbe di più un CT a 122 che a 200. Avere valori di colesterolo troppo bassi (oltre che troppo alti) non è il massimo. Lo stesso vale per l’HDL-C: meglio a 60 che a 120.
Nell’articolo, manca un dato fondamentale,:da chi sono finanziate queste ricerche?
gradirei conoscere gli studi di evidenza scientifica che dimostrano i benefici di mangiare due volte a settimana il pesce.
grazie
studi e contro studi …. il dilemma di ogni argomento scientifico …. ci vorrebbe uno studio (sopra le parti) sugli studi …. allora forse potremmo capire il valore reale . il fatto è che ogni studio parte da un presupposto : l’ obiettivo che si vuole raggiungere….. chi ha commissionato questo studio e cosa voleva dimostrare è la chiave per capire quanto peso dare .