“Olio extravergine sparisce la data di scadenza, così le aziende potranno vendere l’olio vecchio“. È questo il tono degli articoli apparsi su giornali e siti online, per commentare la norma approvata dal parlamento italiano che modifica gli articoli 1 e 7 della legge “Salva olio” e recepisce la legge europea 2015/16. Come spesso capita quando si parla di alimenti, le notizie sono imprecise, confuse e destinate a creare allarmismo. La realtà è leggermente diversa da quella descritta anche da autorevoli quotidiani.
Le nuove norme sull’olio extravergine
L’accusa più grave dei media è aver approvato una norma che toglie il limite massimo dei 18 mesi da riportare in etichetta come termine minimo di conservazione (TMC) da molti indicata erroneamente come data di scadenza. In questo modo – scrivono i giornali – le aziende potranno riportare qualsiasi data e vendere senza problemi olio vecchio delle precedenti annate. «La possibilità – precisa Alberto Grimelli direttore di Teatro Naturale – esiste ma è solamente teorica. Miscelare olio nuovo con quello dell’anno precedente era ed è ed una prassi normale, che si continuerà a fare soprattutto da parte dei grandi marchi. C’è di più: fino ad ora il limite dei 18 mesi indicato dalla legge, veniva calcolato a partire dal momento dell’imbottigliamento e non dalla raccolta delle olive. Già oggi, quindi, è difficile essere certi di comprare una bottiglia riempita con olio di una sola annata».
Un esempio chiarisce meglio la situazione. Secondo la legge attuale una bottiglia confezionata nel giugno 2016 con olive raccolte nel mese di ottobre 2015, può indicare sull’etichetta come termine minimo di conservazione il 30 dicembre 2018, totalizzando un intervallo di vita complessivo di oltre due anni! Il limite dei 18 mesi comunque ha poco senso, perché l’olio con il passare dei mesi decade, perdendo sapore, odore… e nel corso di un controllo il decadimento organolettico potrebbe causare la declassificazione da extravergine a vergine, con il rischio di una denuncia per frode in commercio. «Infatti – aggiunge Grimelli – la Commissione europea sbaglia quando dice che “ritiene indimostrata una correlazione diretta tra la qualità dell’olio e la durata di conservazione”».
La bufala
A questo punto la leggenda sbandierata dai giornali sulle aziende che potranno vendere olio vecchio è uno specchietto per allodole, perché per l’olio extravergine ottenuto miscelando materia prima italiana, spagnola, greca, tunisina o di altra provenienza non cambierà praticamente nulla. Più probabilmente alcuni produttori indicheranno sei mesi per una partita con pochi antiossidanti, ricavata miscelando lotti dell’annata precedente. Altri invece indicheranno un termine minimo di conservazione di 18 mesi per un lotto con elevato contenuto di antiossidanti in grado di conservarsi a lungo (1).
La vera novità della legge ignorata da quasi tutti i media, è la possibilità per il consumatore di comprare olio 100% italiano scegliendo quello “fresco” d’annata. La norma – che dovrebbe entrare in vigore tra settembre e ottobre 2016 – obbliga i produttori a indicare sull’etichetta l’anno di raccolta solo quando la bottiglia contiene olio 100% italiano della stessa annata. Se invece si usa olio 100% italiano ma proveniente da annate differenti, il produttore non potrà indicare l’anno (2). «Questo aspetto è molto importante – continua Grimelli – perché leggendo con attenzione le diciture si potrà scegliere l’olio italiano nuovo e fresco che di solito è quello migliore. Si tratta di un passo avanti notevole perché i piccoli produttori possono evidenziare in etichetta l’olio fresco e risultano avvantaggiati. Per i grandi marchi sarà più difficile fare la stessa cosa, anche se nulla vieta di realizzare linee di prodotto pregiate”.
Note
(1) La legge europea dà ai produttori la possibilità di fissare il termine minimo di conservazione valutando le caratteristiche chimico-fisiche, il sistema di conservazione, il tipo di imballaggio, il tipo di distribuzione, le modalità di conservazione… Sulla base di questi elementi ogni azienda stabilisce un intervallo di validità (TMC) personalizzato. Per l’olio extravergine c’è chi fissa 6, 12, 14 o 18 mesi in relazione alle caratteristiche chimico-fisiche, ala quantità di antiossidanti, al colore della bottiglia, al tipo di distribuzione, all’anno di raccolta… Ci sarà chi indica 6 mesi a un olio delicato e poco stabile e chi arriva a 18 per un olio extravergine di ottima qualità.
(2) Ecco cosa dice il testo di legge. “Il termine minimo di conservazione, di cui al comma 1, è indicato da parte del produttore o del confezionatore sotto la propria responsabilità. La relativa dicitura va preceduta dall’indicazione della campagna di raccolta, qualora il 100 per cento degli oli provenga da tale raccolta. La previsione dell’indicazione della campagna di raccolta non si applica agli oli di oliva vergini prodotti ovvero commercializzati in un altro Stato membro dell’Unione europea o in Turchia né ai prodotti fabbricati in uno Stato membro dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA), aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE).”
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
E sempre la solita storia tutelano le grosse aziende e sta morendo il produttore vero e proprio. Ke nn riesce a sostenere le spese avendo tanti controlli e tasse a differenza della Grecia e Tunisia Ke il prezzo è molto basso mettendo Ke è olio di oliva ma no ne vergine né extravergine questo di sicuro Ke il consumatore nn e attento e compra
Veramente l’articolo dice l’esatto contrario.
E questo dimostra che i giornalisti allarmisti citati nell’articolo trovano nella gente il loro pane quotidiano.
Il commento superficiale di angelo, ci fa capire quanto è attento il consumatore/lettore nel leggersi le notizie… Ve lo dico io.. si fermano al titolo, danno per scontato il contenuto e magari saltano direttamente ai commenti , per sparare la sua, e l’elemento principale del dibattito nasce poi sull’errato argomento proposto da qualche troll grafomane .. e cosi che si crea l’allarmismo o la falsa informazione. Stesso principio che guida anche l’acquisto nei negozi .. se una persona informata si legge l’etichetta prima dell’acquisto, naturalmente cambierebbe completamente il mercato..ma se uno disinformato la legge o non la legge , nulla cambia, purtroppo.
avvilente,sia la legge attuale(scandalosa)che il miglioramento previsto per gli oli extra 100% nostrani di una sola annata(prodotti di elite)…come è stato possibile favorire talmente i grossi produttori(oltretutto ormai in mano ad aziende spagnole)a scapito degli elettori
Il problema è che non basta essere informati, non facciamoci prendere per i fondelli. Devi essere un superspecialista x districarti tra i mille piccoli cavilli delle etichette dell’olio: il principio di questa ultima legge magari è anche giusto, ma talmente macchinoso da far desistere anche i più incalliti, figuriamoci un consumatore qualunque. Alla fine i piccolii e bravi agrioltori/produttori sono sempre i più penalizzati e il consumatore medio anche.
Scusate ma non è chiaro il riferimento alla normativa, qualcuno saprebbe specificare di quali norme (italiana ed europea) si parla?
mi interessa molto perché sono un piccolo produttore e debbo etichettare il mio olio.
Dal mio punto di vista, comunque, questa legge favorisce noi piccoli produttori in quanto, personalmente, mi trovo sempre a specificare l’annata di produzione nei rapporti coi miei clienti e in generale noi produttori NON teniamo l’olio in giacenza per diversi anni, quindi l’olio che il consumatore compra da noi è al massimo dell’annata precedente. In questo senso, per noi questa legge non è affatto vincolante; per le “industrie” dell’olio invece sì, dato che abitualmente vendono oli di annate ‘ignote’.
Dal punto di vista del consumatore sicuramente è un passo in avanti verso la propria tutela: i 18 mesi dalla data di imbottigliamento, infatti, erano una mera presa per i fondelli…la multinazionale di turno poteva avere in cisterna anche olio di 5-10 anni fa, ma dal momento che lo imbottigliava sempre 18 mesi erano.
Quindi, dal mio punto di vista, grazie a chi ha scritto questa norma!
Olio di 5-10 anni !!!!!! Fose sta esagerando non trova?
Probabilmente sì, è volutamente esagerato. Ma perfettamente fattibile dal punto di vista legale: non esiste modo per il consumatore di capire quanti anni prima è stato prodotto l’olio che sta consumando. E poi…siamo sicuri che non sia proprio così o peggio?
Ma può fornirmi, gentilmente, i riferimenti alla normativa? grazie 🙂