Può un litro di olio extra vergine d’oliva costare 2,59 € e non essere il frutto di sofisticazioni, adulterazioni o frodi? Per il settimanale on-line Teatro Naturale la risposta è affermativa, come dimostra il giornalista Alberto Grimelli dopo un’accurata indagine.

 

Prima di addentrarsi nei meandri dei calcoli va detto che i prezzi molto bassi e i numerosi allarmi degli ultimi anni sulla qualità dell’olio d’oliva, hanno creato nel consumatore una certa diffidenza verso il prodotto e verso l’industria olearia, accusata di miscelare con troppa disinvoltura partite di diversa provenienza.

 

Questa sfiducia è supportata dalla presenza sugli scaffali dei supermercati, di bottiglie vendute a prezzi incredibili, difficilmente giustificabili per un prodotto considerato il fiore all’occhiello del Made in Italy. Secondo Grimelli l’olio venduto in offerta non è necessariamente l’esito di frodi e sofisticazioni da parte delle grandi industrie, quanto piuttosto il frutto della loro abilità a sfruttare «le pieghe dei regolamenti, arrivando ai limiti, senza oltrepassarli o senza che possa essere provato che questi siano stati oltrepassati». 

 

L’analisi dei costi di produzione e commercializzazione dell’olio extra vergine proposta da Grimelli si basa su dati raccolti tra gli operatori del settore. L’aspetto sconcertante è che analizzando i numeri l’autore evidenzia come basti una variazione nel listino al pubblico di pochi centesimi al litro, per superare la linea di confine tra guadagno o perdita sia per l’industria che per le catene di supermercati.

Nello studio, le marche di olio o che si trovano sugli scaffali dei supermercati sono suddivise in tre gruppi.

 

Prezzo all’ingrosso €/l

Costi produzione €/l

Costo complessivo €/l

Prezzo al supermercato €/l

Margine dell’industria

€/l

in offerta

non in offerta

1,73

0,62

2,35

2,6

 

Nessuno

2,16

0,74

2,9

3,0 (A)

4,0 (B)

(A) -0,46

(B) 0,4

2,81

1,19

4,0

4,0 (A)

6,0 (B)

(A) -0,83

(B) 0,77

 

Prima di esaminare i prezzi e le voci di spesa va detto che il 40% dell’extra vergine venduto nei supermercati è acquistato in promozione a prezzi stracciati. Le aziende, sui lotti in pomozione, non hanno margine di guadagno, oppure vendono in perdita. Per questo motivo i lotti a prezzo stracciato non devono superare il 49% della produzione complessiva, altrimenti si rischia il default.

 

La prima categoria di olio si compra nei supermercati in promozione a circa 2,60 €/l, e viene pubblicizzata  nei volantini recapitati nelle caselle delle lettere. Il vantaggio delle aziende in queste iniziative è quella di poter smaltire gli stock di olio invenduto, prima dell’arrivo sul mercato della nuovo raccolto. L’olio è di bassa qualità ed è quasi sempre ottenuto da miscele di materia prima di varia provenienza comunitaria ed extra-comunitaria e la composizione può variare. Solitamente l’industria non trae profitto dalla vendita, ma utilizza questo accorgimento in modo preventivo per evitare perdite.

 

La seconda fascia comprende oli venduti ad un prezzo variabile da 3,0 €/l  (quando sono in promozione) sino a 4,0 € /l a prezzo pieno. Stiamo parlando della fetta più consistente del mercato che rappresenta il 70% circa. L’olio è ottenuto da miscele di oli comunitari e di altri Paesi, ha una qualità  “standard”,  e un gusto costante perché la miscela è composta da oli dello stesso cultivar. I margini per l’industria sono modesti, ma trattandosi di volumi notevoli (378 milioni di litri l’anno) alla fine il business diventa remunerativo  per tutta la filiera.

 

La terza categoria rappresenta il 20-25% del mercato e viene venduto a un prezzo variabile da 4,0 €, (in promozione), fino a 6,0 € a prezzo pieno. Si tratta di olio di ottima qualità, con un profilo chimico e organolettico inappuntabile e si stima che la metà sia olio Made in Italy. In questo segmento troviamo anche olio DOP, biologico, estratto a freddo, o con bassa acidità… Il margine dei supermercati arriva al 20%, mentre per quello dell’industria ruota intorno al 3%, in relazione alla quantità di lotto venduti in offerta. 

 

Esiste anche un quarto gruppo (non presente in tabella) e comprende gli oli di alta gamma, spesso di nicchia, che costano più di 6 euro al litro. La cifra non è casuale, secondo una ricerca di mercato è questo il prezzo massimo che il consumatore medio è disposto a pagare per un olio da utilizzare in cucina o a tavola.

 

Gli olivicoltori non sono soddisfatti di questi prezzi perchè il lavoro non viene sufficientemente remunerato. L’ideale sarebbe raggiungere come prezzo all’ingrosso 4,0 €/litro, ma questo vuol dire trovare sullo scaffale bottiglie che arrivano a 8,4 € (ridotti a 6,0 in offerta).

 

Si tratta di un’ipotesi poco percorribile, perché di fronte a prezzi così elevati i supermercati si sentirebbero autorizzati ad aumentare le offerte, arrivando al paradosso che metà dell’olio extra vergine verrebbe venduto in promozione, con ricadute negative per le aziende olearie.

 

Secondo Grimelli il mercato di nicchia degli oli di alta gamma venduti a più di 6,0 € al litro andrebbe costruito e ampliato, perché una fetta di consumatori è disposta a comprarlo alternandolo o affiancandolo a quello di prezzo inferiore.

 

Le reazioni a quest’inchiesta sono state diverse. Gli olivicoltori hanno manifestato sorpresa e sconcerto nel leggere questi dati, mentre il mondo dell’industria ha fatto alcune precisazioni riferite a specifiche realtà e a prezzi particolari, senza però contestare i risultati.

 

La conclusione di Grimelli è che serve un cambiamento di prospettiva da parte di tutti gli attori della filiera. I piccoli produttori devono investire in comunicazione e marketing. Da un lato occorre permettere al consumatore di conoscere meglio il prodotto e imparare ad apprezzarne le caratteristiche. Dall’altro le aziende devono creare prodotti in grado di soddisfare le esigenze. In questo campo la differenziazione sarebbe una strada percorribile con ottime prospettive, senza escludere i vari canali di distribuzione. Ci si potrebbe concentrare, a seconda degli obbiettivi, sull’aspetto salutistico, su quello gourmet, oppure su un packaging più in linea con le tendenze del momento.

 

Un altro elemento importante riguarda la descrizione delle caratteristiche organolettiche in etichetta. I test e il sistema di controllo risulta iper-burocratizzato, con rischi e tempi troppo elevati che disincentivano l’uso soprattutto per i piccoli produttori. La strada dell’eccellenza è una strategia che si è rivelata vincente con il vino e dovrebbe essere la direzione verso cui puntare anche per l’olio. La differenza è che siamo di fronte a un prodotto più “difficile”, perché si tratta di un condimento che si accompagna ad altri piatti e pietanze, e solo pochi hanno l’abitudine di assaggiarlo come con il vino.

 

«In Italia, nella scelta dell’olio, i consumatori non si dividono in classi separate che acquistano o solo da mass-market, o solo prodotto di nicchia, ma esiste una certa mobilità negli acquisti». Secondo Grimelli «questa tendenza è senz’altro positiva, per cui ci si potrebbe auspicare che, dei 12 litri di olio extra vergine pro capite consumati all’anno, un terzo possa provenire dal segmento che abbiamo definito di nicchia, e i restanti 2 terzi  dall’industria»

 

Valeria Nardi

Foto: Photos.com

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angelo
angelo
10 Marzo 2012 17:20

In questo articolo http://compost.altervista.org/costo-olio-extravegine-doliva/ sono riportati gli effettivi costi di produzione dellâ

Alessio
Alessio
30 Marzo 2012 11:37

La cosa che a me fa più arrabbiare è quando in TV invitano l’ "esperto" dei NAS o di altri organismi di controllo che consigliano i cittadini a vigilare su prezzi troppo bassi (di olio e.v. ma anche di altri prodotti). Ma che vuol dire?? Dovrei essere io, consumatore finale, a supplire con i miei mezzi e competenza (inesistenti) ai mancati controlli dei laboratori specializzati, delle ASL, dei grossisti e dei supermercati? Quando acquisto ho il DIRITTO di aspettarmi che tutti costoro abbiano già fatto il loro dovere. O no?

Fabio
Fabio
25 Aprile 2012 18:58

Peccato però che in questo articolo non si menzioni il fatto che chi produce olio, vende poi lo scarto, ovvero la sansa come materiale combustibile per stufe e camini.Perciò il margine esiste in tutti i casi

Leo
Leo
2 Luglio 2012 15:56

Mi piacerebbe che queste teorie farneticanti portate avanti da Grimelli e Teatro Naturale e tese a giustificare i prezzi ingiustificabili dell’olio extravergine nella GDO, fossero riviste alla luce dei recenti arresti in merito allo scandalo della Olearia Valpesana e del relativo sequestro di 8.000 ton di prodotto sofisticato ….. Peraltro sono curioso di conoscere gli ulteriori sviluppi dell’indagine inerenti i clienti imbottigliatori della Valpesana e quindi sapere i nomi dei marchi commerciali che truffavano i consumatori