L’olio di pesce è il terzo integratore alimentare più venduto negli Stati Uniti, dopo quelli a base di vitamine e sali minerali. Le capsule possono contenere fino a 450 milligrammi di acidi grassi omega 3 e sono assunte da almeno un americano su dieci. Stime ufficiali dei consumi in Italia non ce ne sono, ma basta fare una ricerca online per capire come il mercato sia in crescita anche nel nostro Paese. Sempre più ampia, infatti, è la fetta di consumatori convinti che questo concentrato di omega 3 protegga la salute del cuore e dei vasi. Ma secondo un documento pubblicato sul Journal of the American Medical Association, c’è una carenza di prove nella letteratura scientifica.
Sarebbero pochissimi gli studi in grado di garantire un’effettiva riduzione dei tassi di insorgenza di ictus e infarto tra i consumatori di questi prodotti, che apportano nutrienti essenziali per l’uomo, incapace di sintetizzarne. Una conclusione che ha portato Andrew Grey, docente di medicina interna all’Università di Auckland, a dichiarare che «le vendite di integratori a base di olio di pesce sono in forte aumento nonostante la scienza dica che non apportano alcun beneficio».
Lo specialista è arrivato a questa conclusione dopo aver analizzato i risultati tratti da venticinque studi condotti tra il 2005 e il 2012 e pubblicati sulle principali riviste scientifiche. In tutte le ricerche prese in esame era stato esaminato il ruolo dell’olio di pesce nella prevenzione degli eventi cardiovascolari in popolazioni ad alto rischio che annoverano gli infartuati e chi convive con l’ipertensione, il diabete e i valori elevati di colesterolo totale.
Soltanto due di esse hanno documentato un modesto beneficio, rispetto alla somministrazione di una sostanza placebo. «L’era in cui l’olio di pesce era considerato efficace quasi come un farmaco può dichiararsi conclusa», è il commento alla pubblicazione di Gianni Tognoni, responsabile del laboratorio di epidemiologia clinica delle malattie cardiovascolari dell’istituto Mario Negri Sud.
L’ascesa di questi integratori va raccontata partendo dalle prime evidenze emerse negli anni ’70, quando i ricercatori danesi Hans Olaf Bang e Jorn Dyerberg attribuirono la bassa prevalenza di malattie cardiovascolari nella popolazione degli Inuit a una dieta ricca di grassi omega 3. A dar sostanza alla tesi anche diversi studi epidemiologici pubblicati negli anni ’90 e le raccomandazioni dell’American Heart Association, che nel 2003 invitava «i malati di cuore a inserire nella dieta integratori a base di olio di pesce». Di fatto, però, si sarebbe trattato di un errore di valutazione da parte della comunità scientifica. La prima smentita alle conclusioni dei ricercatori danesi risale al 2013, attraverso le colonne dal Canadian Journal of Cardiology. La più recente, invece, rimanda a uno studio italiano – oltre dodicimila i pazienti arruolati – apparso sulle colonne del New England Journal of Medicine che ha documentato l’inefficacia dell’integrazione della dieta con un grammo di olio di pesce al giorno in pazienti colpiti da infarto o con insufficienza cardiaca. Ciò nonostante l’ultimo documento apparso sulle colonne di Jama ha riacceso il dibattito negli Stati Uniti.
Le schermaglie tra cardiologi e internisti rimandano al più grosso limite della ricerca in ambito nutrizionale. «Molti riscontri sui singoli nutrienti derivano da indagini epidemiologiche, mentre sono pochi gli studi di intervento, e nemmeno sempre concordi», afferma Furio Brighenti, ordinario all’Università di Parma presidente della Società Italiana di Nutrizione Umana. «La letteratura è piena di falsi positivi riguardanti le associazioni tra la dieta, i tumori e le malattie cardiovascolari – gli fa eco Carlo La Vecchia, docente di epidemiologia all’Università di Milano -. Ripenso, per esempio, a quando in molti affermavano che il caffè aumentasse il rischio di tumore del pancreas e infarto del miocardio: quei dati erano falsati, ma ci vollero anni per smontarli. Errori di questo tipo provocano allarmismo tra i consumatori e spreco di risorse pubbliche destinate alla ripetizione degli studi. Occorre più cautela, anche da parte dei media, quando si veicolano messaggi relativi alla dieta».
Chiosa Michele Gulizia, direttore della cardiologia dell’azienda ospedaliera “Garibaldi-Nesima” di Catania e presidente dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri. «Meglio non fidarsi di un solo studio e non beatificare o condannare un singolo nutriente. Il risultato della dieta sulla salute dipende dall’equilibrio complessivo di tutto ciò che mettiamo nel piatto».
Fabio Di Todaro, Twitter @fabioditodaro
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Sono da poco rientrato da un incontro dove, tra le altre cose, si è discusso anche di omega 3. In effetti quanto scritto sopra è cosa nota. Unica forte evidenza relativa agli omega 3 è la loro capacità di ridurre significativamente i trigliceridi e parte del colesterolo; ma questo non siginifca, appunto, avere necessariamente benefici per il sistema cardiovascolare. Ad oggi, l’unica modalità dimostratasi efficace nella prevenzione è l’attività fisica. Attenzione però, gli studi sono ancora pochi e molti sono di basso profilo. Per fare un esempio, lo studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ha il limite del dosaggio. Un solo grammo è davvero poco, tanto tempo e tanti soldi per un follow-up con pos di un solo grammo.
Gianni Federici,
Nutrizionista
Gentile dott. Federici,
qual’è la quantità di questi grassi assunta mediamente nella nostra dieta? Più di un grammo al giorno? Grazie.
Salve,
non esistono dati univoci ne medie sull’assunzione quotidiana di EPA e DHA. L’assunzione è dipendente da numerosi fattori (tipo di dieta, porzioni giornaliere e settimanali, ecc..). E i dati che si trovano un po’ ovunque, anche online, provengono da valutazioni empiriche o da studi ormai superati. Esistono però delle assunzioni consigliate (integrazione)….In alcuni casi si consigliano anche 4-6 grammi al giorno (per 10-15 gg per poi ridurre gradualmente). Dipende, ovviamente, dallo stato di salute, dal grado e dal tipo di attività svolta, ecc…!!!
Mi permetto di commentare l’argomento da voi affrontato parlando del mio stile di vita.Premesso che la mia miscela di integratori e’ composta da resveratrolo olio di krill vit.C acido folico il tutto realizzato in modo magistrale da me indicato alla mia farmacia,aggiungo la palestra tutti i giorni e mangio cibo bío e soprattutto la sera mangio poco.I risultati? Sono un ragazzo di 76 anni che spinge con le gambe 250 kg e 70 in panca piana,per la quale nella categoria OVER ho vinto la coppa di primo in classifica.Ciao a tutti
Se posso continuare,quello che intendo far rilevare e’ il fatto che ormai il cibo che ci propinano tra le delocalizzazioni e pesticidi vari non facciamo altro che ingollare veleni antibiotici e ormoni di tutti i tipi tante’ che e’ proprio argomento di questi giorni uno studio sulla resistenza ai farmaci dei super batteri.Tutto ciò’ e’ preoccupante,che fare?.Un accenno lo avrei timidamente consigliato ma se potessimo rieducarci alla cultura che bisogna nutrirsi con prodotti stagionali e’ già’ qualcosa.Continuerò,a dopo.
Gentile Gaspare, tre giorni fa infatti abbiamo pubblicato un articolo sull’argomento: http://www.ilfattoalimentare.it/antibiotici-negli-allevamenti-rischi.html
Gentilissima Valeria per dirla papale papale non c’e’ più’ niente da fare bisognerebbe cambiare il mondo,non vorrei essere cosi’ pessimista ma tutti noi abbiamo la colpa dei difetti di questa societa’, intanto perche’ nessuno vorrà’ rinunciare al suo status-quo tutti vogliono vincere,tutti più’ belli tutti più’ ricchi e a questo non ci sono limiti anche a costo di arrampicarsi sui cadaveri degli altri.Tu pensi che sia possibile vivere come dice,forse l’unica cosa buona che abbiamo e cioe’, Papa Francesco:non abbiate paura dell’amore e della tenerezza cosa potrebbe avere più’ valore di questo “cito” TUTTO IL RESTO E’NOIA.SCUSAMI Ciao
Perfettamente d’accordo con il prof. Michele Gulizia : non beatificare, né condannare un singolo nutriente !