Vivere senza olio di palma è possibile? Ci ha provato una giornalista francese, Ingrid Seyman, che ha raccontato sul mensile Marie Claire la sua impresa, finalizzata a tutelare la salute e l’ambiente.
In Francia, a quando emerge dal racconto, eliminare questo grasso dalla propria dieta non è facile, e impone scelte drastiche e una costante attenzione alle etichette. E in Italia? Abbiamo provato a seguire – virtualmente – il percorso di Ingrid, per capire come ce la caveremmo se volessimo seguire il suo esempio. Scoprendo che qui forse le cose sono più facili, ma comunque richiedono una certa pianificazione.
Per Ingrid e la sua famiglia – nell’esperimento sono coinvolti marito e figlio adolescente – i problemi cominciano dalla prima colazione: dopo aver detto addio ai biscotti preferiti e a una margarina “dietetica” ma a base di olio di palma, Ingrid decide di tornare alla classica colazione francese a base di pane imburrato. Mentre il figlio dice addio ai cereali preferiti e, inevitabilmente, anche alla dose settimanale di Nutella. In Italia oggi siamo facilitati, grazie al successo della petizione lanciata dal Il Fatto alimentare che ha indotto molte aziende a proporre prodotti da forno senza olio di palma (qui gli elenchi aggiornati di biscotti, merendine e snack salati). Qualche attenzione la richiedono però i cereali, che in alcune delle versioni più golose (come i Kellogg’s Choco Krave o i Nestlé Nesquik) contengono olio di palma, così come molte margarine.
Le difficoltà aumentano quando si arriva al pranzo, soprattutto se si cerca, com’è uso comune in Francia più che da noi, di utilizzare alimenti preparati o piatti pronti surgelati: Ingrid scopre che nel suo supermercato pasta sfoglia, torte salate, zuppe pronte e bastoncini di pesce contengono olio di palma.
In Italia le cose vanno un po’ meglio, ma non molto. C’è olio di palma, per fare solo qualche esempio, nel Passato di verdure in busta Esselunga, in molti impanati di pollo Aia – sia in versione surgelata che nel banco frigo – nei Nudolini Saikebon e nei nuovi Noodles Buitoni da saltare in padella, nella pasta frolla surgelata e pasta sfoglia surgelata Findus e anche in quelle Buitoni. Le cose vanno meglio se ci si orienta sui surgelati, come gli impanati di pesce e i sofficini Findus.
Le disavventure di Ingrid non sono finite: quando prova a risolvere il problema cucinando in casa, scopre che c’è olio di palma nel suo dado da brodo preferito – così come in molti dei dadi e degli insaporitori i venduti in Italia (vedi il dado Star Duo o il Papiro Buitoni).
Anche mangiare fuori non è una soluzione. Soprattutto perché molti ristoranti e rosticcerie usano olio di palma per cucinare, come Il Fatto Alimentare ha già segnalato (vedi articolo). Ed è il caso di notare che anche molti prodotti proposti dalla Gastronomia Esselunga – cannelloni, lasagne, torta pasqualina – lo contengono. Anche se, per Ingrid, a creare problemi sono soprattutto le salse di cui la cucina francese abbonda: in questo caso le cose da noi vanno meglio, visto che la maggior parte delle maionesi in barattolo contengono altri oli.
“Bisogna armarsi di pazienza e leggere le etichette”, osserva Ingrid Seyman. E noi non possiamo che confermare: l’olio di palma può nascondersi anche in alimenti insospettabili, cibi biologici o equosolidali come i biscotti Bjorg o alcuni Biscotti Altromercato. In questi casi si tratta di olio di provenienza biologica, quindi probabilmente meno dannoso per l’ambiente, ma si tratta comunque di grassi saturi. In alcuni casi, poi, l’etichetta specifica che si tratta di olio non idrogenato in cui cioè non è stato applicato il processo che rende il grasso più stabile solidificandolo: un modo per limitare il danno anche se, osserva Seyman citando il popolare blogger Adrien Gontier, forse il massimo esperto francese di olio di palma, l’olio di palma non idrogenato è meno dannoso, ma questo non vuol dire che faccia bene. E i casi in cui l’alimento riporti una generica dicitura “olio vegetale”? Oggi la legge non lo consente più, ma Ingrid Seyman ha trovato prodotti in cui l’indicazione generica è ancora prevista, e può succedere anche in Italia (Ad esempio il sito Buitoni riporta ancora per qualche prodotto la dicitura “olio vegetale” (vedi pasta sfoglia e pasta frolla).
Ma i problemi di Ingrid non sono finiti: l’incontro con una neomamma offre l’occasione per sollevare il problema del latte per neonati: in Francia così come in Italia alcune marche contengono olio di palma, che in qualche caso è addirittura uno degli ingredienti principali. Un problema di cui Il Fatto Alimentare si è già occupato. E visto che l’impegno di Ingrid nasce dall’attenzione per l’ambiente, ci sono anche altri cambiamenti da fare: rinunciare alla benzina “ verde”, visto che l’olio di palma rientra nella composizione dei biocarburanti, ed evitare – seguendo ancora una volta le istruzioni di Adrien Gontier – cosmetici e prodotti da toilette che contengono sostanze derivate dall’olio di palma.
Faticoso, certo, ma fattibile. Tanto che concluso l’esperimento settimanale, Ingrid si dice decisa a proseguire nell’impegno di consumare meno, ma meglio, per il bene della propria famiglia e del pianeta in cui viviamo.
© Riproduzione riservata
Le donazioni si possono fare:
* Con Carta di credito (attraverso PayPal): clicca qui
* Con bonifico bancario: IBAN: IT 77 Q 02008 01622 000110003264
indicando come causale: sostieni Ilfattoalimentare
giornalista scientifica
Un vero slalom fra etichette e supermercati! E poi la lettura di elenchi ingredienti a caratteri…certosini! Qualche commesso sospetterà noi clienti scrupolosi di progettare un furto?
stesso problema,giro sempre nei supermercati munito di lente con apposita luce integrata,spesso i caratteri sono di difficile comprensione sbordature di stampa e font piccolissimi ne compromettono la lettura anche a chi dispone di un ottima vista,il primo passo verso una migliore chiarezza dovrebbe riguardare questo, non inutili slogan o semafori o altro……
Quello delle dimensioni delle etichette è un problema reale. Vorrei però rassicurare Mariesa44: spesso esamino decine di etichette e in molti casi fotografo le informazioni nutrizionali come promemoria per scrivere gli articoli, ma nessuno mi ha mai detto niente….
Noi in famiglia siamo due adulti e due bambini di 5 e 10 anni, ed ormai e’ piu di un anno che il palma non entra più in casa ad eccezione di qualche ricorrenza particolare tipo Natale. A noi non e’ costato molto in termini di rinunce soprattutto perché ormai da anni a casa nostra si applica il principio di comprare alimenti il meno trasformati, lavorati e raffinati possibile. Compriamo soprattutto materie prime che trasformiamo noi.
Ovvio questo implica di dover investire maggior tempo per cucinare…..ma ci si mette al riparo dall’assumere molte sostanze indesiderate: palma, zuccheri, conservanti etc….
Inoltre leggere l’etichetta di una farina o di un latte e’ piu semplice di quella dei frollini preferiti.
Devo aggiungere che questo tipo di scelta purtroppo a volte non e’ economico pero io lo considero un investimento per la mia salute e dei miei figli.
Giorgio, siete da elogiare incondizionatamente
Ma oltre alla benzina verde anche il gasolio lo contiene? So che il Disel verde proposto dalla Eni contiene olio di palma (letto qui sul Fatto) ma il resto del gasolio?
Grazie