Riceviamo e pubblichiamo questa nota da parte dell’Unione italiana per l’olio di palma sostenibile a proposito di un articolo che segnalava la conoscenza da parte delle aziende della presenza di contaminanti cancerogeni nell’olio tropicale raffinato.
Non è vero che assistiamo a un’invasione di olio di palma per usi alimentari. Se è vero che i volumi complessivi di olio di palma importato in Italia sono effettivamente aumentati in questo arco di tempo, bisogna precisare che le quantità utilizzate dall’industria alimentare sono stabili da anni. Nel 2005 se ne importavano 325.000 tonnellate, che oggi sono diventate circa 386.000 (dati ISTAT). Senza considerare che una quota importante di questa materia prima, pari a circa il 25-30% del totale, riprende la strada dell’estero. A crescere evidentemente è la quota d’olio di palma importato per altri usi, non alimentari: dal biodiesel, all’energia, alla cosmetica etc… Basta vedere che in Europa, sempre dal 2011 al 2015, l’olio di palma a uso industriale, diverso dall’alimentare, è cresciuto di quasi il +40%, passando da 2.310 a 3.100 milioni di tonnellate.
Non è vero che “le aziende sapevano” già dal 2009 che la presenza di questi contaminanti era pericolosa per la salute dei consumatori. Al contrario in questi ultimi 10 anni le aziende avevano ricevuto rassicurazioni sull’assenza di effetti tossici dell’olio di palma, da parte della comunità scientifica e delle autorità sanitarie. Secondo i risultati di una precedente analisi pubblicata dall’EFSA nel 2013, i livelli di 3-MCPD riscontrati nel nostro Paese erano ampiamente al di sotto del limite allora considerato sicuro (2 microgrammi per chilo di peso corporeo per giorno) e comunque coerenti con l’attuale limite suggerito dall’EFSA all’Unione Europea (0,8 microgrammi per chilo di peso corporeo per giorno). Anche una meta analisi del 2014 dell’Istituto Mario Negri aveva concluso che non esistevano “evidenze probanti” di un rischio tumorale associato all’olio di palma. Riguardo la correlazione con il cancro, l’Istituto Superiore di Sanità afferma che: “attualmente non risultano disponibili studi prospettici specificamente disegnati a definire la possibile associazione tra consumo di olio di palma e insorgenza di cancro nell’uomo”. Nonostante ciò in questi anni le aziende hanno agito su base volontaria e in assenza d’imposizione di legge per ridurre l’impatto di questi contaminanti. Tra il 2010 e il 2015 si è ottenuta una riduzione significativa del contaminante 3MCPD e un dimezzamento del contaminante GE, come riconosciuto anche dall’EFSA.
Giuseppe Allocca presidente dell’Unione italiana per l’olio di palma sostenibile
Ecco la risposta de Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade
L’Unione italiana per l’olio di palma sostenibile confronta i consumi di olio tropicale tra il 2005 e il 2015 rilevando un incremento del 18% (da 325 a 386mila t), ma se il confronto si fa tra il 2005 e il 2014 l’incremento risulta del 57% (325 contro 512 mila t). Il testo non dice che in Europa siamo considerati i maggiori utilizzatori con valori decisamente superiori agli altri paesi. Negli ultimi 5 anni le importazioni in Italia di olio raffinato (destinato anche ad usi non alimentari) sono progressivamente cresciute sino a quasi quadruplicare rispetto al 2014 e triplicare rispetto al 2015 (negli altri paesi europei l’invasione del palma è stata meno vistosa registrando nello stesso periodo un incremento del 27%, Fonte Fediol). Un altro dato è incontestabile è che secondo l’Istat nel 2014 le importazioni dell’olio tropicale per uso alimentare erano pari a 23 g al giorno a persona (512 mila tonnellate). Il valore è sceso a 17,5 g l’anno dopo, grazie alla petizione e alla battaglia contro l’invasione dell’olio di palma portata avanti da Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade, che ha convinto molte aziende a modificare le ricette.
Per quanto riguarda gli aspetti sanitari l’assunzione di palma secondo lo studio pubblicato nel mese di febbraio 2016 dall’Istituto superiore di sanità (che ha comunque sottostimato i consumi reali) abbiamo ha raggiunto livelli preoccupanti soprattutto per i ragazzi. La denuncia non lascia spazio a dubbi, e questo concetto è stato ribadito dall’ISS in un comunicato ufficiale indirizzato contro le interpretazioni riportate dai sostenitori dell’olio di palma e di molti giornali. Questo continuo incremento dei consumi è la causa principale della devastazione ambientale, della deforestazione e degli incendi in Malesia e Indonesia che dal 2001 al 2014 hanno distrutto 18,5 milioni di ettari di foresta. L’altra considerazione su cui vale la pena riflettere è che l’olio di palma e il secondo grasso utilizzato in Italia dopo l’oliva pur non essendo venduto sugli scaffali dei supermercati.
Per quanto riguarda la questione delle aziende che sapevano della presenza di contaminanti cancerogeni abbiamo già pubblicato un articolo che dimostra come già a partire dal 2004 università, enti di ricerca e pubbliche autorità avevano iniziato a pubblicare studi tossicologici internazionali sulla pericolosità e ricorrenza – nel palma, e in alimenti che lo contengono – dei contaminanti 3-mcpd, 2-mcpd, GE.
La stessa Unione italiana per l’olio di palma sostenibile in un dibattito televisivo del 6 maggio 2016 su Rai 3 , ha confermato che l’industria sapeva dei rischi correlati al consumo di Programam di Rai 3 olio di palma (56° minuto).
Vogliamo poi ricordare che big food ha partecipato sia ad appositi gruppi di lavoro, sia a convegni internazionali a ciò dedicati. Tra gli “Industry members” del gruppo di lavoro di ILSI (“International Life Science Institute”, Bruxelles) dedicato ai contaminanti detti, in un rapporto del 2009 figurano tra gli altri Kraft Foods, Mars, Nestlé, PepsiCo International, Premier Foods, Procter & Gamble e Unilever.
Abbiamo già riportato la presentazione di un ricercatore di Nestlè a un simposio internazionale, nel 2009, ove si citava la relazione emessa nel 2007 dall’Autorità tedesca per la sicurezza alimentare per evidenziare la necessità di ridurre i livelli dei contaminanti cancerogeni negli alimenti e nelle formule di proseguimento per lattanti (vedi foto) .
Alcune ricerche condotte in Germania dall’Autorità tedesca e dall’istituto CVUA che, dopo avere misurato – tra il 2007 e il 2008 – i livelli di contaminazione da agenti cancerogeni in 400 alimenti, avevano a sua volta confermato i profili di rischio dell’olio di palma ovunque impiegato. Dalla Germania, primo paese in Europa per la produzione di alimenti, il leader mondiale Nestlé aveva tra l’altro mandato in quegli anni un suo dirigente, Gunther Fricke, a presiedere il Gruppo di Lavoro “Food Safety Management” presso la Confederazione delle Industrie Agro-Alimentari in Europa (CIAA, ora Food Drink Europe).
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Loro non sapevano, se sapevano dormivano e comunque non l’hanno fatto apposta e vorrebbero perseverare.
Se fosse per loro avrebbero continuato indisturbati a propinarci questo pessimo grasso tropicale saturo e tossico, causando indirettamente anche deforestazioni, inquinamenti ambientali e maltrattamenti alle persone addette ed agli animali.
Serve maggiore responsabilità ed etica dei produttori verso il prossimo e soprattutto verso il patrimonio aziendale più importante, rappresentato dai loro stessi clienti consumatori.
condivido in pieno EZIO e aggiungo che noi consumatori siamo stanchi di essere presi in giro
sostenibile o non sostenibile FA MALE AL NOSTRO FISICO ……basta con queste storielle i consumatori non sono stupidi e sono stanchi di essere presi in giro ….ok?!
Quanta ipocrisia da parte degli industriali solo per difendere i loro guadagni! Le aziende non hanno a cuore la salute delle persone, nè il benessere degli Animali, nè la salvaguardia dell’ambiente!