Olio di palma nei dolci: i ragazzi ne assumono più del doppio rispetto a quanto dichiarato dalle aziende e pubblicati su Il venerdì di Repubblica. Errore o superficialità
Olio di palma nei dolci: i ragazzi ne assumono più del doppio rispetto a quanto dichiarato dalle aziende e pubblicati su Il venerdì di Repubblica. Errore o superficialità
Roberto La Pira 12 Luglio 2015Alex Saragosa ha pubblicato il 3 luglio 2015 su Il venerdì di Repubblica un articolo sull’olio di palma con qualche imprecisione che ci preme evidenziare. Nella nota Mario Piccialuti presidente di Aidepi (associazione delle aziende produttrici di prodotti dolciari), indica come quantità giornaliera di acidi grassi saturi assunti attraverso i dolci 2,8 g, e precisa che si possono trovare in 12 biscotti . L’affermazione è scorretta in quanto la quantità si raggiunge con due biscotti scelti nell’ampia gamma del Mulino Bianco e anche il dato sui consumi di grassi saturi è sbagliato. Il Crea pochi giorni (istituzione che ha accorpato l’ex INRAN – Istituto nazionale per la ricerca sugli alimenti e la nutrizione, unico organismo italiano che dispone di questi dati) ha comunicato che i consumi giornalieri di acidi grassi da dolci sono 3,4 g e che questo valore quasi raddoppia per i giovani. Non è la prima volta che Aidepi cerca di ingentilire numeri e statistiche per cercare di salvare l’immagine di un olio tropicale impresentabile che alle quantità assunte da un grossa fetta della popolazione come i giovani fa male alla salute.
Un altro elemento da precisare è la curiosa tesi della ricercatrice Elena Fattore che nell’articolo fa un paragone tra il palma che è presene dappertutto e le margarine che non sono quasi più utilizzate. Anche il confronto tra palma e burro ha poco senso, perché l’elevata presenza di acido palmitico nel palma lo rende aterogeno e questo non succede per il burro. Una tesi ben conosciuta dai nutrizionisti che infatti si guardano bene dal difendere l’invasione del palma.
Nell’articolo Alex Saragosa non viene detto che la petizione su Change.org ( promossa da Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade che ha raccolto 154 mila firme), ha fatto emergere un problema che altrimenti nessuno avrebbe avrebbero preso in considerazione. Dopo la nostra petizione 15 catene di supermercati e 3 aziende hanno deciso di modificare le ricette dei loro prodotti eliminando il palma o riducendone in modo significativo la quantità. Anche Barilla e Ferrero hanno avviato progetti in questa direzione ma si rifiutano di dire quali sono i prodotti coinvolti.
Concludo con le parole riportate in un documento del 2013 firmato dal Consiglio superiore della sanità del Belgio che, in linea con quanto scritto in un dossier dall’Agenzia francese per la sicurezza alimentare (Anses) dopo avere evidenziato che il palma si trova ovunque, scrive” il consumo eccessivo può avere effetti negativi sulla salute e aumentare il rischio cardiovascolare“. Un’ultima nota, la norma europea che prevede l’obbligo di indicare l’olio di palma sulle etichette è entrata in vigore dieci giorni dopo la data riportata nell’articolo de Il venerdì.
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Caro La Pira grazie per questa utile campagna informativa che state portando avanti. Senza l’etichetta e la vs pressione non avremmo mai saputo. Approfitto per dire a coloro che hanno scoperto con mestizia che i plasmon per i nostri piccoli (sotto i 3 anni) sono pieni di palma che la linea Crescendo della Coop non contiene olio di palma ma grassi vegetali più sani (se ricordo bene girasole). Mentre, ricollegandomi a quello che scrivete, proprio ieri vedevo uno spot tv che, nel reclamizzare i frollini della Mulino Bianco, affermava “40% in meno rispetto ai frollini tradizionali” citando come fonte l’associazione di cui parla. Ma è perfettamente privo di senso. Che autorevolezza può avere? Ho guardato sul sito dell’AIDEPI e ho scoperto che il presidente è Barilla!!!
Il riferimento dei biscotti Mulino Bianco di cui lei parla (Fiori di latte confezione di colore verde) è corretta. Il problema è che i grassi sono presenti in quantità ridotta ma le calorie complessive del biscotto sono pressoché identiche a quelli degli altri
Io da circa 10 anni ho evitato, ed evito tutt’ora, di acquistare prodotti dolciari dove è indicato come ingrediente: olio/grasso vegetale (allora l’olio di palma era mascherato con questa dicitura).
Al tempo avevo contattato alcuni produttori (tra cui Barilla/Mulino Bianco) ricevendo “non risposte”.
Io chiedevo perché non utilizzassero il nostro olio extravergine di oliva (ero disposto anche a pagare di più il prodotto).
Da allora ho fatto l’unica cosa che ancora potevo fare: pubblicizzare, informare, sensibilizzare tutte le persone che conosco sui danni dell’olio di Palma.
Non è cambiato molto, è un problema più conosciuto, ma abbiamo poche alternative di acquistare prodotti esenti da questo olio; alcune catene distributrici hanno “aderito” dicendo che i loro prodotti non lo contengono, ma sui loro scaffali ci sono in vendita solo prodotti che contengono olio di palma.
Penso che l’unica soluzione sia non acquistare i prodotti che lo contengono, a mio parere basterebbero una quindicina di giorni, quindici giorni in cui gli scaffali rimangano pieni di prodotti con questo olio, quindici giorni di mancate vendite.
Ma quanti di noi realmente si sentono in grado di farlo?
Per gli indecisi: “la qualità della mia vita in questi dieci anni, senza olio di palma, non è peggiorata”
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