Olio di palma e deforestazione: due spot realizzati da SumofUS e Greenpeace per denunciare la devastazione del territorio da parte di Nestlé e PepsiCo
Olio di palma e deforestazione: due spot realizzati da SumofUS e Greenpeace per denunciare la devastazione del territorio da parte di Nestlé e PepsiCo
Eleonora Viganò 8 Giugno 2015Galeotte furono le Doritos, patatine fritte utilizzando l’olio di palma, dell’azienda Frito-Lay (filiale della più famosa PespiCo), che in un video di denuncia firmato dal movimento transnazionale Sum of Us fanno scattare la scintilla dell’amore. Ma quando la giovane coppia scopre i retroscena della devastante deforestazione che c’è dietro lo snack, l’idillio finisce. La campagna pensata da Sum of Us gioca sulle classiche leve pubblicitarie ed è stata vista da oltre due milioni di persone.
SumOfUs, si legge sul loro sito, è un nuovo movimento mondiale che si batte per migliorare l’economia. Tra gli obiettivi, troviamo il diritto di avere a disposizione beni che siano prodotti e commercializzati in modo etico, sostenibile e trasparente, così da far prevalere l’interesse verso le persone e l’ambiente invece che il profitto puro e distruttivo. Per questo motivo SumofUS agisce giocando sulla consapevolezza che le aziende, responsabili dei problemi ambientali e sociali, dipendono da consumatori in quanto acquirenti dei prodotti. Il movimento invita i consumatori ad agire e a essere responsabili: il messaggio è di farsi sentire con le aziende – in questo caso Doritos e PepsiCo – sollecitandole ad avere una politica responsabile per i loro prodotti. L’associazione segnala che “PepsiCo acquista 427.500 tonnellate di olio di palma ogni anno. La produzione di olio di palma distrugge la foresta pluviale e minaccia le specie presenti fino all’estinzione”. Nella descrizione del video sono citate anche le devastanti conseguenze della deforestazione sulla popolazione degli oranghi.
SumofUS non è la sola associazione a privilegiare campagne specifiche indirizzate contro una società specifica, sfruttando la tecnica di rovesciamento degli spot tradizionali. Un esempio un po’ cruento, ma molto interessante, è quello scelto da Greenpeace. Nel video il famoso prodotto Kit Kat della Nestlé diventa un vero e proprio massacro: le barrette si trasformano in pezzi di orango uccisi e il sangue sporca e macchia la bocca del consumatore e la tastiera del computer. In questo caso si chiede a Nestlé di non rifornirsi di olio di palma dalle aziende che speculano e che sfruttano le foreste in modo indiscriminato. Lo spot, nella sua forza un po’ di impatto, ha vinto il premio come miglior video virale 2010 al Viral Video Awards, Berlin International Short Film Festival.
Il video di denuncia di Sum of Us sulle patatine Doritos
Il video di Greenpeace contro Nestlé e Kit Kat
redazione Il Fatto Alimentare
Ma pensate che se si friggesse con l’olio di arachidi o di girasole il posto per le piantagioni non bisognerebbe crearlo?
Purtroppo il pianeta è sovrappopolato rispetto alla produzione alimentare, e questo indipendentemente dall’utilizzo o meno del l’olio di palma…
Ma cosa si faceva sino a qualche anno fa? Si potrebbe anche friggere meno per esempio.
Qualche anno fa c’erano molte decine di milioni di abitanti in meno su questo pianeta, e probabilmente molti altri sono usciti da una situazione di indigenza.
Friggere o non friggere da qualche parte il cibo va coltivato, che siano grassi o cereali o qualsiasi altra cosa.
Purtroppo il discorso non è così semplice, da una parte si diminuiscono la foreste, eppure una bella fetta della popolazione mondiale è ancora sottoalimentata….
La questione è anche un’altra: se mostro gli effetti sulla “natura” di un comportamento umano (termine che fa sempre molto presa, specie se si è bianchi, ricchi e satolli, e che per mangiare qualche volta le patatine fritte poi dobbiamo fare una dieta …) dovrei anche mostrare gli effetti che avrebbe sulle persone che producono quelle 427 mila tonnellate di olio di palma se dall’oggi al domani NESSUNO le acquistasse più.
Viviamo in un mondo complesso e di ogni opzione dobbiamo considerare GLOBALMENTE (in senso lato) le conseguenze.
Proprio perché il mondo è complesso, lei sa che la quantità di palma utilizzato per il settore alimentare italiano è minima rispetto al palma consumato nel mondo (meno dell’1% dichiara Aidepi), per cui la nostra proposta di ridurre la quantità utilizzata non comporterebbe grandi traumi ai Paesi produttori anche perché i grandi marchi italiani come Ferrero , Barilla ,Bauli , Balocco…non hanno manifestato entusiasmo verso la conversione delle loro produzioni
Oddio. questo potrebbe essere considerato un ragionamento “un filino” ipocrita o, semplicemente, contraddittorio.
Se gli italici consumano poco olio di palma che senso ha chiedere di ridurne ulteriormente il consumo (almeno in termini globali) visto l’impatto minimo che avrebbe sul problema ambientale ?
Ma, peggio ancora, se il crollo del mercato italiano NON avrebbe impatti significativi sull’economia e la vita di quanti adesso producendo olio di palma si garantiscono il sostentamento, posso virtuosamente proporre un intervento che numericamente è più simbolico che reale, sapendo che poi NON avrò “sulla coscienza” il tracollo economico di alcune aree ?
Ma se tutti i “piccoli consumatori” di olio di palma facessero lo stesso ? Qualcuno ha analizzato le conseguenze locali ?
Se tutto l’occidente, mutatis mutandis, mangiasse solo frutta a km zero, di cosa camperebbero i produttori di ananas e banane ?
Se si ragionasse così nessuno metterebbe pannelli solari sul tetto visto che l’impatto globale è minimo. Il consumo italico è ridotto rispetto ai consumi mondiali ma rispetto al nostro equilibrio nutrizionale è decisamente preoccupante.