Scritta GMO, genetically modified organism; Ogm

ogm gmo alimenti sicurezza alimentare ricercaL’opinione pubblica nei Paesi occidentali è, in misura significativa, contraria agli alimenti geneticamente modificati o anche solo sottoposti a editing genetico. Questo nonostante negli ultimi anni autorità come l’Oms, l’American Medical Association e la National Academy of Science statunitense. Anche riviste come Science e decine di premi Nobel hanno sottolineato la sicurezza degli Ogm e, soprattutto, la necessità impellente di ricorrere anche agli strumenti genetici per assicurare raccolti più efficienti, che consumino meno risorse, resistano a condizioni atmosferiche più sfavorevoli e rispondano meglio alle esigenze di una popolazione che si avvia velocemente verso i dieci miliardi di persone. 

Eppure molta di questa opposizione si basa su pregiudizi, come conferma un’indagine del 2013, secondo cui un americano su due non ha idea di cosa sia un Ogm, e come dimostrano due controprove empiriche: se si chiede ai consumatori di spiegare cosa sia un organismo geneticamente modificato o sottoposto a editing, pochissimi sanno rispondere con precisione, e ancora meno sanno distinguere tra le molte possibili applicazioni e sfumature. E, viceversa, via via che aumenta il livello di conoscenza, l’atteggiamento cambia e si fa meno negativo. 

Per capire quale sia il peso della corretta informazione, gli psicologi delle Università di Rochester (USA), Amsterdam e Cardiff (UK), hanno condotto una serie di sei studi, alcuni dei quali proposti prima negli Stati Uniti e poi in Olanda e nel Regno Unito, perché l’atteggiamento degli europei è molto più negativo rispetto a quello degli americani, che da anni mangiano ogni giorno alimenti Ogm. I ricercatori hanno riferito quanto osservato sul Journal of Enviromental Psychology.

Nel primo, condotto su americani e poi riproposto agli europei, hanno chiesto di scegliere tra tre risposte – “non mi importa se il cibo è Ogm”; “sarei disposto a mangiare Ogm, anche se preferirei evitarlo”; “non mangerei mai alimenti Ogm” – e hanno visto come, una volta fornite adeguate spiegazioni, il tasso di coloro che avevano più fiducia è sensibilmente aumentato.

ogm opinioni studio
L’attitudine verso gli Ogm prima e dopo aver ricevuto informazioni sulla scienza alla base del cibo geneticamente modificato

Nel secondo test, anche questo effettuato in tutti e tre i Paesi, i ricercatori hanno fatto domande su 11 argomenti generali di scienza – per esempio relativi al Big Bang, all’efficacia degli antibiotici sui virus e così via – e hanno poi aggiunto alcune domande specifiche sugli Ogm, scoprendo che il livello di conoscenza su quest’ultimo tema non ha alcuna relazione con quello generale. A volte c’è, in altri casi no, a prescindere dal fatto che la persona abbia o meno cognizioni scientifiche. Ciò conferma che spesso le idee su questi temi si basano sul sentito dire e probabilmente non sono pienamente comprese, visto che mancano le basi stesse del sapere scientifico (per esempio, su che cosa sia il Dna e come funzioni).

Nel terzo esperimento i soggetti esaminati erano 230 studenti americani non ancora diplomati: in questo caso, si voleva verificare la possibilità di colmare le lacune sul tema Ogm tramite un intervento dei docenti, e poi vedere se tale intervento avesse o meno modificato la posizione. Dopo cinque settimane di lezioni, l’insegnamento si è dimostrato uno strumento efficace, e molti ragazzi hanno cambiato idea sul tema, dopo aver compreso meglio di che cosa si tratta.

Gli psicologi hanno poi concluso dando alcuni consigli: non serve affrontare brutalmente chi ha idee sbagliate, mettendo in discussione credenze a volte molto salde, ma è meglio spiegare che cosa la scienza ha dimostrato, con un approccio non aggressivo, che contrapponga i fatti alle credenze. Inoltre, è il caso di interrogarsi su come viene trasmessa la scienza, e non solo a livello scolastico: data la crescente popolarità delle teorie e idee più strampalate e non di rado terroristiche, è opportuno, secondo Jonathon McPhetres, responsabile dello studio, ideare nuovi strumenti e nuovi approcci, per rispondere nel modo più adeguato e utile possibile alle fake news.

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Osvaldo F.
Osvaldo F.
17 Giugno 2019 18:24

In compenso tutti sono stati perfettamente informati sui “grani antichi”… il mitico Senatore Cappelli: creato nel 1920… antico de che?.. tra l’altro nemmeno grano italiano: ottenuto per ibridazione con 2 grani esteri, uno etiopico se mi ricordo. Un altro grano che produttori e panai sento indicare come “antico” è l’Abbondanza: questo addirittura è del 1950…. antichissimo 🙂
Intendiamoci: è probabile che questi grani diano una mano ai nostri agricoltori, in quanto spuntano prezzi migliori. Resta il problema delle informazioni “furbette” che ci vengono propinate.
E non è vero che hanno migliori qualità nutrizionali (ricerche non lo dimostrano) e riguardo il problema glutine non è che se volessimo i grani moderni non potrebbero avere meno glutine: è che sono stati appositamente selezionati per averne di più in quanto desiderabile ai fini degli usi che se ne fanno

fabrizio_caiofabricius
fabrizio_caiofabricius
Reply to  Osvaldo F.
18 Giugno 2019 15:06

ANTICO: “Accaduto o attuato in un’età remota (per lo più oggetto di sottinteso apprezzamento), e per questo qualitativamente dissimile rispetto alla corrispondente realtà moderna o contemporanea
agg.
1 Di epoca remota (per l’Occidente, convenzionalmente, ca. dal 2000 a.C. al 476 d.C.): storia, età a.; gli a. popoli, Romani, Greci

mmmmm SIAMO UN PO’ LONTANUCCI DAL 1915 di Cappelli e dal 1952 di Verna….

2 Di un passato lontano inteso genericamente
del lontano passato, risalente a tempi remoti: leggi, scritture antiche |storia, età, arte antica, per consuetudine, dalle origini della civiltà greca e romana fino alla caduta dell’impero romano d’Occidente
Di età passata da gran tempo;

Ma se VECCHIO (come sono effettivamente Cappelli e Verna) oggi più che mai suona come insulto allora il termine esatto per definire le varietà di 50-100 anni fa è
VINTAGE
si dice di capo di vestiario, accessorio, mobile ecc. di moda nel passato, che viene recuperato o imitato nella moda moderna
Possono essere vintage abiti, accessori, bijoux, mobili, dischi, chitarre, computer, videogiochi; ma anche biciclette, automobili (Fiat 500, Renault 4), motociclette (Vespa, Lambretta) generalmente prodotti tra il 1920 e il 1980.
Sarà la nostalgia verso il passato, un passato recente, in cui eravamo “un po’ più giovani”, sarà la voglia di rivivere certe situazioni, il desiderio di ritornare a momenti che non torneranno più…Sarà perchè sarà, ma che il vintage sia “la moda delle mode“, è un dato di fatto

Nella moda, nel costume, nel gusto, oggetto che appartiene a un’epoca andata, d’altri tempi, con un particolare sapore evocativo di un’atmosfera vissuta con nostalgia.

Per precisione e corretta lingua italiana quindi

VARIETA’ VINTAGE TAUMATURGICHE

Cappelli rilasciato nel 1915 non è un incrocio di varietà, ma selezione genotipica per linea pura dei migliori genotipi mescolati e presenti nella variegata POPOLAZIONE del grano duro del sottogruppo “tipo” nordafricano (Algeria-Tunisia). Successo dovuto alla grande capacità e pionerismo di Strampelli di individuare i genotipi migliori dal punto di vista agronomico-adattativo. Una sorta di selezione accelerativa di quello che sarebbe stato comunque un processo naturale, certo più lento.

– Strampelli usò invece pesantemente incroci e reincroci sul grano tenero dove ottenne i più grandi successi (e contribuì ad affrancare l’Italia dalla miseria e dalla fame) cercando e fissando geni favorevoli in materiali genetici provenienti da tutto il mondo (abbassamento della taglia senza nessuna radiazione, resistenza alle fitopatie e soprattutto miglioramento dell’harvest index con meno paglia e più granella da varietà giapponesi, olandesi, inglesi, italiane). Con la varietà ARDITO si otterrà già negli anni’20-30 un aumento esponenziale della produttività, della salubrità e della qualità. Modernissimo e geniale benefattore dell’umanità. Non riceverà il Nobel solo per motivi politici (fascismo in Italia) che invece andrà a Borlaug, padre riconosciuto della “rivoluzione verde” negli anni’60 -70 che però riconoscerà onestamente che i suoi metodi li aveva già applicati 40 anni prima il misconosciuto collega italiano (una sorta di nuovo caso Bell-Meucci)

Se rinascesse oggi, STRAMPELLI sarebbe LAPIDATO dagli epigoni del Cialtronevo e i suoi grani, anche il Cappelli, passati direttamente all’Esorcista

La taglia bassa non è stata introdotta dal Creso ma esisteva già da diversi anni, introdotta e fissata da varietà già basse da secoli (Akagoumuchi e Norin 10)
La riduzione dell’altezza non è del resto un sadismo degli scienziati al servizio delle malefiche multinazionali ma una ben precisa espressione morfologica tipica di alcuni gruppi (o “sottospecie” o “sezioni”) di frumenti, nel caso del duro in particolare il Syriacum come l’Aziziah, il Tripolino e l’Eiti 6 che malgrado il nome e il reperimento a inizio ‘900 in terra nord africana erano chiaramente di comune origine siro-palestinese (alla faccia del grano autoctono e locale). E’ proprio cercando di fissare queste preziose caratteristiche morfologiche associate alle ancor più preziose caratteristiche fenologiche (precocità del ciclo sfuggente alla stretta e con una più lunga fase di granigione e perciò più tempo per un utile riempimento ) che, attraverso l’incrocio con Cappelli, alto, allettabile e tardivo di sottospecie mediterranea nord-africana, il grande genetista Casale negli anni 50-60 creò le straordinarie varietà Capeiti 8 e Patrizio 6 vera svolta produttiva, moderna ed efficiente della granicoltura italiana. E non a caso il Re di grani degli ultimi 20-30 anni è stato SIMETO di cui Capeiti 8 è parentale.

De Santis, M. A., Giuliani, M. M., Giuzio, L., De Vita, P., Lovegrove, A., Shewry, P. R., & Flagella, Z. (2017). Differences in gluten protein composition between old and modern durum wheat genotypes in relation to 20th century breeding in Italy. European Journal of Agronomy, 87, 19-29.]
In questo studio emerge come siano principalmente le gliadine le proteine a dare problemi sia per gli allergici che per i celiaci, e queste oltre a non essere state modificate dal miglioramento genetico, nei grani moderni sono presenti in una proporzione minore.
“è noto come le gliadine alpha e gamma contengano molti epitopi tossici per i celiaci. In questo studio non si è trovato un effetto significativo del miglioramento genetico sull’espressione di queste proteine […]In più la gliadina omega-5, che dà particolari problemi agli allergici, è particolarmente presente nei grani antichi.”
Concludono dicendo che “non sono state trovate differenze significative tra varietà vecchie e nuove per quel che riguarda le alpha e gamma gliadine, considerate le maggiori responsabili della tossicità per i celiaci. In più nei grani moderni si è assistito a una riduzione della gliadina omega-5, un allergene importante.”
Quindi, non solo i GRANI CD ANTICHI NON SONO MEGLIO di quelli moderni da questo punto di vista, ma rischiano anche di essere più allergenici. È interessante che alcune delle varietà antiche studiate sono proprio quelle che ora vanno per la maggiore: Cappelli, Timilia, Russello, Saragolla. Queste di sicuro non sono meglio.

Prandi, B., Tedeschi, T., Folloni, S., Galaverna, G., & Sforza, S. (2017). Peptides from gluten digestion: A comparison between old and modern wheat varieties. Food Research International, 91, 92-102.]
Il lavoro parte ricordando che gli articoli precedenti (citati qui sopra) hanno dimostrato che il miglioramento genetico non ha alterato la composizione delle sostanze fitochimiche e che i grani antichi non sono “più sani e salutari” di quelli moderni.
“secondo i dati pubblicati, le vecchie varietà di frumento, sebbene precedentemente creduti a bassa tossicità per i celiaci, dovrebbero essere evitati dai celiaci e non dovrebbero essere considerati “sicuri””
Una sequenza tossica è particolarmente presente e persistente nei grani antichi
saminati come Cappelli e Timilia.
“vi è la credenza che le vecchie varietà di grano siano “più sicure” e “più salutari” confrontate con i grani moderni. Al contrario in questo studio mostriamo che le vecchie varietà generano una quantità più elevata di peptidi immunogenici e tossici.”
“è improbabile che le varietà moderne di grano siano responsabili dell’aumento della celiachia”,anzi, “le vecchie varietà producono una quantità più elevata di peptidi con sequenze immunotossiche, dopo la digestione, dei grani moderni…”

[Ribeiro, M., Rodriguez-Quijano, M., Nunes, F. M., Carrillo, J. M., Branlard, G., & Igrejas, G. (2016). New insights into wheat toxicity: breeding did not seem to contribute to a prevalence of potential celiac disease’s immunostimulatory epitopes. Food Chemistry, 213, 8-18.]
“le vecchie popolazioni di frumento tenero, non soggette a miglioramento genetico, mostrano un contenuto di epitopi tossici più elevato delle varietà moderne. Possiamo quindi concludere che il miglioramento genetico non ha contribuito alla prevalenza degli epitopi immunostimolanti per la celiachia”
Certo, notano gli autori riferendosi al grano tenero, non hanno potuto analizzato tutti gli epitopi tossici noti, ma non si stupiscono del risultato perché
“i programmi di miglioramento genetico si sono focalizzati sulle glutenine, mentre le gliadine, che hanno rilevanza clinica, sono rimaste più o meno invariate.”
Passando al grano duro i ricercatori trovano la stessa quantità di epitopi tossici nelle vecchie e nelle nuove varietà. E per curiosità il record della tossicità spetta, in questo studio, al farro spelta.
Concludono così:
“Poiché le varietà e popolazioni antiche presentano quantità uguali (grano duro) o superiori (grano tenero) di epitopi tossici, possiamo dedurre che il miglioramento genetico non ha contribuito all’incremento della celiachia durante la seconda metà del XX secolo”
Insomma, non solo non vi sono prove che il miglioramento genetico abbia contribuito all’aumento della celiachia, ma addirittura le varietà e popolazioni di grani antichi analizzati presentano una maggior quantità di epitopi tossici confrontate con le varietà moderne.

Comparison of gluten peptides and potential prebiotic carbohydrates in old
and modern Triticum turgidum ssp. genotypes
Donatella Bianca Maria Ficcoa,1, Barbara Prandib,c,1, Alberto Amarettid,e,1, Igor Anfellid,
Alan Leonardid, Stefano Raimondid, Nicola Pecchionia,d,e, Pasquale De Vitaa, Andrea Faccinif,
Stefano Sforzab, Maddalena Rossid,e,⁎

Conclusions
This study shed light on features of wholemeal flours that can be
associated to health-promoting properties, revealing that beneficial
properties claimed for old genotypes are not always sustainable with
scientific evidence, whereas modern varieties do not seem worse in
terms of characters associated to health. In particular, the wholemeal
flours of old tetraploid wheat genotypes cannot detemine a lower exposure
to gluten peptides and, in many cases, yield a greater amount of
immunogenic and toxic peptides than modern varieties.

Roberto
Roberto
2 Luglio 2019 09:18

Condivido in pieno il contenuto dell’articolo.

Purtroppo c’è molta disinformazione e/o controinformazione in merito agli OGM. C’è tutta una serie verdi/ecologisti/complottisti che stanno da anni inculcando nell’opinone pubblica che OGM è uguale a male.
Gli OGM farebbero solo il bene delle multinazionali che li brevettano, le quali si arrichirebbero a spese della nostra salute.

Ma le cose non stanno così. Ad un convegno sugli allergeni cui ho partecipato, ad esempio, è stato esposto un caso dove in Asia c’erano problemi con alcune varietà di riso. In Occidente il problema non era emerso perchè si consuma molto meno riso che in Oriente e soprattutto non quelle varietà.
Una volta modificate geneticamente queste varietà, il problema è scomparso.

franco
franco
2 Luglio 2019 09:22

Per cominciare a essere più credibili le multinazionali dell’alimentazione OGM dovrebbero togliere il brevetto a degli alimenti di base che costringono gli agricoltori a comprare da loro i semi modificati ! E dove è finita la “regola di precauzione” della UE ? E la invasione dei semi modificati senza più possibilita di tornare indietro ?.
E la coltivazione naturale dove non servivano integratori agricoli senza pesticidi delle stesse multinazionali che oggi bruciano tutte le sostanze naturali nel terreno rendendolo inerte, con la consequenza che la frutta è senza più nessun gusto ? e la conseguente necessita di immettere per via chimica le sostanze nutrienti tolte al terreno con costi e conseguenze situazioni non naturali del terreno ormai incapace di nutrire le piante ?
E le morti degli agricoltori dei frutteti per intossicazioni dai pesticidi che sono costretti a gettare sui frutteti per morte totale della vita naturale che aiutava le piante a difendersi dai parassiti. Si chiama equilibrio naturale, o almeno lotta integrata.
Queste sono le multinazionali della chimica alimentare.

Costante
Costante
2 Luglio 2019 15:15

Letto l’articolo che condivido, e letti i commenti, a quando ,per evitare ulteriori e seri danni da disinformazione ideologica, corsi mirati da parte del ministero della cultura per TUTTI gli insegnanti, che nel 90% continuano sugli alunni di elementari, medie e superiori a spargere terrore e disinformazione?

franco
franco
3 Luglio 2019 06:50

Cercate in internet questo articolo dell’ONU !!!!
“Onu: 200 mila morti l’anno per avvelenamento da pesticidi”

L’avvelenamento acuto la principale causa di decessi da pesticidi. L’agricoltura intensiva industriale non è necessaria per aumentare i raccolti per sfamare una popolazione mondiale in crescita.
di Goffredo Galeazzi

franco
franco
3 Luglio 2019 07:24

Vorrei chiarire la mia frase “morti nei frutteti” da cui sembra limitare il problema ai frutteti e a una zona limitata non ben precisata; da un articolo dell’ONU: “Onu: pesticidi inutili, provocano 200.000 morti all’anno”. Redazione ANSA ROMA 07 marzo 2017 14:33; la realta risulta essere ben diversa e più drammatica e meraviglia e addolora che non si riesca a fare ben poco contro questa strage.
Almeno per i nostri nipoti, quelli che sopravviveranno.
Chiamo a reagire di nuovo l’ONU (ma più concretamente), e i vari media della carta stampata, i parlamentari, le organizzazioni sensibili a questa strage…., tutti noi infine.

Giovanni
Giovanni
4 Luglio 2019 22:17

Quest’articolo contiene un grosso errore logico.

Cita una ricerca in cui si afferma che persone poco istruite pensano che gli Ogm facciano male solo per sentito dire senza sapere in realtà cos’è un Ogm, e non c’è motivo di dubitare che questo sia vero.

Da questo quella ricerca deduce che non è vero che gli Ogm facciano male; ma questa NON è una conseguenza logica, Aristotele si rivolterebbe nella tomba assieme ai suoi sillogismi.

La conseguenza logica è invece che persone poco istruite sono ahimè propense a fidarsi dell’ultima opinione che sentono, e purtroppo la narrazione per cui gli Ogm sono insostituibili per risolvere il problema della fame nel mondo è una bufala altrettanto se non più grossa di quella per cui provocano il cancro.

Personalmente posseggo una istruzione scientifica di molto superiore alla media, e ho bazzicato ambienti di scienziati abbastanza a lungo da sapere che sono pieni di persone insipienti (il che li distingue dagli ignoranti solo per una bazzecola etimologica).

Roberto
Roberto
11 Luglio 2019 11:43

Ad un convegno recente sulla Genetica, un ricercatore in ambito vegetale, parlando di OGM nell’agricoltura, ha detto che questi sono osteggiati solo in Europa mentre in America e in Asia fanno parte della normale produzione agricola ed incontrano il favore dell’opinione pubblica.

In quelle aree del mondo infatti sono evidenziati gli aspetti positivi quali la selezione di varietà che necessitano di meno acqua, maggior produttivitò, maggior resistenza ai parassiti con il conseguete minor utilizzo di pesticidi ecc. ecc.
Gli OGM, in sintesi rappresenterebbero, in pratica solo uno strumento più rapido rispetto a quella selezione che per millenni hanno fatto gli agricoltori di tutto il mondo per ottenere varietà vegetali sempre migliori.

Chissà perchè l’Europa ha questo atteggiamento.

Roberto
Roberto
Reply to  Roberto
12 Luglio 2019 09:58

Per completezza di informazione, il convegno era tenuto dal Dott. Silvio Salvi del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’UniBo (Università di Bologna).