Con qualche settimana di anticipo sulle previsioni, che stimavano l’arrivo del via libera per la fine dell’anno, nello stesso giorno le autorità per i farmaci di Stati Uniti (la Food and Drug Administration) e Regno Unito (la UK Medicines and Healthcare Products Regulatory Agency) hanno concesso l’autorizzazione all’impiego come dimagrante della tirzepatide. Si tratta di un farmaco antidiabetico della Eli Lilly che stimola i recettori del Glucagon-like Peptide 1 (Glp-1), facendo aumentare l’insulina. La molecola raggiunge così la semaglutide di Novo Nordisk, commercializzata in due versioni, con il nome di Ozempic e Wegovy, già approvate contro l’obesità.
Un nuovo farmaco contro l’obesità
La specialità si chiamerà Zepbound, per distinguerla dallo stesso principio attivo, sempre di Eli Lilly, confezionato per i diabetici, il Mounjaro, che da mesi veniva largamente utilizzato off label per dimagrire. Le caratteristiche sono molto simili a quelle della semaglutide e il dimagrimento (fino al 25%, contro il 20% delle altre molecole) è sempre reversibile non appena si interrompe la cura. Gli effetti collaterali, soprattutto a carico dell’apparato gastrointestinale, comprendono nausea, vomito e reflusso. A questi si aggiungono stanchezza, perdita di capelli e aumento di rischio di tumore della tiroide e di suicidi, su cui stanno indagando Fda e Agenzia europea dei medicinali (Ema).
I costi sono leggermente inferiori rispetto a quelli dei farmaci della Novo Nordisk. Se per la semaglutide, infatti, la cifra è attorno ai 1.300 dollari mensili e, in base agli sconti, non scende mai al di sotto dei 700-900, per la tirzepatide si parte da circa mille dollari, ma si può arrivare a 550. Si tratta di un costo comunque elevato, come hanno subito fatto notare molti analisti, che la stragrande maggioranza degli obesi non potrà mai permettersi, essendo quasi sempre persone a reddito basso e bassissimo.
Una domanda ‘insaziabile’ di farmaci per perdere peso
L’accelerazione alla commercializzazione della molecola è motivata, con ogni probabilità, dal tentativo di rispondere a una domanda che alcuni esperti definiscono insaziabile. La domanda, infatti, da mesi mette alle corde sia le aziende coinvolte, che non riescono a fornire abbastanza dosi nonostante l’ampliamento degli impianti e dei dispositivi (principalmente le siringhe), sia i diabetici, che in molti Paesi hanno serie difficoltà a reperire una terapia salvavita.
Tuttavia, anche se l’arrivo di un nuovo prodotto potrà soddisfare una parte delle richieste, tutte le previsioni dicono che la crisi durerà ancora a lungo. Questo perché a cercare questi farmaci non sono solo gli obesi, cioè le persone con un indice di massa corporea superiore a 30, ma anche moltissime persone in sovrappeso, desiderose di dimagrire dopo aver affrontato le frustrazioni associate sia alle pratiche sportive che alle più diverse diete. Si tratta di decine di milioni di persone. Secondo le stime, il mercato arriverà a 100 miliardi di dollari entro il 2030, e i profitti delle aziende continueranno a lievitare bruciando qualunque previsione di crescita.
Le conseguenze inaspettate dei farmaci per dimagrire
Ma questa vera e propria rivoluzione è di dimensioni talmente enormi da avere conseguenze in diversi ambiti. Per esempio, le aziende che costruiscono apparecchi per la dialisi e strumentazioni per la chirurgia dell’obesità stanno rivedendo al ribasso le stime, dal momento che si prevede una minore incidenza di patologie renali associate all’obesità e un minor ricorso alla chirurgia da parte degli obesi.
Gli effetti, poi, si vedono nel settore alimentare, per diversi motivi. Innanzitutto, chi era obeso e perde decine di chili, quasi sempre diventa molto più consapevole della qualità di ciò che mangia. Temendo di riacquistare chili, queste persone tendono a evitare soprattutto gli snack e le bevande dolci e, in generale, gli alimenti ipercalorici e poveri dal punto di vista nutrizionale.
Per questo motivo Walmart, la catena della GDO statunitense, che sta già registrando un calo di vendite in queste categorie, sta progettando di modificare alcuni prodotti, abbassando la quantità di zucchero e grassi, e lo stesso sta facendo il colosso Conagra, che negli Stati Uniti vende decine di prodotti classificabili come junk food, pieni di zuccheri, sale e grassi e che ora vuole ridurre le dimensioni degli snack. Altri come Coca-Cola hanno affermato di essere in una fase di osservazione, mentre Nestlé vuole precedere la concorrenza, progettando prodotti che possano accompagnare la cura.
Puntare sul senso di sazietà
Uno degli effetti di questi farmaci è quello sul senso di sazietà, che arriva prima rispetto al solito, e sull’appetito, che diminuisce. Due sensazioni che sono l’opposto di quanto le aziende alimentari hanno inseguito per decenni, e cioè un aumento della fame, per cercare di vendere sempre di più, togliendo le fibre ogni volta che si poteva, aumentando sale, zucchero, grassi e studiando texture irresistibili. Ora molto potrebbe cambiare, se i grandi produttori punteranno, come sta facendo appunto Nestlé, su alimenti che imitino quei farmaci, cioè assicurino il raggiungimento del senso di sazietà con piccole porzioni e poche calorie, e con altri, funzionali, che aiutino a contrastare uno degli effetti peggiori in chi perde rapidamente molti chili, ossia la perdita di massa muscolare.
Reazioni diverse al successo di questi farmaci
Anche i produttori di birra come Carlsberg e il gruppo statunitense AB InBev, che detiene marchi quali Budweiser, si stanno adeguando, offrendo più birre a zero calorie o comunque a contenuto ridotto di zucchero. Ostentano invece sicurezza PepsiCo, Hershey (che produce cioccolato, caramelle e dolciumi vari), Keurig Dr Pepper (produttore di bevande calde e fredde), Kraft Heinz e Mondelēz International, anche se davvero gli effetti del dimagrimenti collettivo si ripercuotessero sul cibo industriale, difficilmente questi marchi sarebbero risparmiati.
La popolarità dei farmaci antidiabetici per dimagrire non è accolta da tutta la comunità medica con lo stesso entusiasmo, per diversi motivi che abbiamo ricordato più volte, e restano diversi aspetti da chiarire. Tuttavia, se un loro impiego diffuso portasse con sé un cambiamento di abitudini alimentari che sono la causa della pandemia di obesità e sovrappeso, si tratterebbe di un effetto collaterale positivo, e del raggiungimento di un obiettivo lungamente inseguito con le più diverse strategie. Forse sarà Big Pharma, indirettamente, a convincere Big Food a smetterla di danneggiare la salute dei consumatori pur di aumentare le vendite.
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Giornalista scientifica
Per molti, il cibo rappresenta una compensazione al proprio disagio psicologico, causato dalle più diverse motivazioni, tra cui, certamente, anche il proprio insuccesso economico e sociale, accentuato spesso dal confronto forzato con i modelli proposti dai social. L’uso di questi medicinali, che riduce l’appetito ed accelera la sazietà, anche con un, più o meno marcato, senso di fame, potrebbe, come conseguenza non prevista, anche ridurre questa compensazione psicologica, rendendo più vulnerabili i pazienti, al malessere e disagio psicologico a cui sono sottoposti e che il farmaco non può risolvere. Forse, nei casi di malessere più marcato, qualcuno potrebbe raggiungere più rapidamente la soglia di sofferenza che porta al suicidio. Credo che il medico che prescriva questi farmaci, dovrebbe valutare, l’inserimento di un trattamento psicologico per il paziente, che, quale obeso, non di rado, gli sarebbe già dovuto essere necessario come terapeutico, rispetto al cibo.