Se non si interverrà al più presto con azioni incisive, nel 2030 i bambini e i ragazzi obesi nel mondo saranno 254 milioni, con un aumento del 60% rispetto ai 150 milioni di oggi. Per quanto riguarda l’Italia, dove nel 2016 l’obesità infantile colpiva il 20,5% dei bambini e più del 90% degli adolescenti non svolge sufficiente attività fisica, fra 10 anni ci saranno oltre 13 milioni di bambini e ragazzi obesi. Nello specifico, sarà in condizione di obesità il 21% dei bambini di età compresa tra i 5 e i 9 anni, e il 12,9% di quelli nella fascia di età 10-19 anni. E questo anche se già oggi esistono politiche attive di limitazione della pubblicità degli alimenti poco sani, di riduzione dell’inattività fisica e di contenimento del consumo di cibi insalubri, tre parametri considerati positivamente.
Questo è il quadro assai preoccupante contenuto nel primo rapporto dell’Oms (chiamato Childhood Obesity Atlas) dedicato all’obesità infantile, reso noto nei giorni scorsi, che contiene, oltre a schede specifiche per ogni paese del mondo, dati generali e confronti. Vi si legge, per esempio, che solo un paese su dieci ha qualche speranza (circa il 50%) di centrare l’obiettivo dell’Oms di non aumentare il numero dei piccoli obesi tra il 2010 e il 2025, mentre per altri 156 paesi (su 191) le probabilità di riuscirci sono inferiori al 10% e per altri ancora è prossima allo zero. Se la tendenza continuerà, in Cina ci saranno 62 milioni di bambini obesi, in India 27 milioni e mezzo e negli Stati Uniti 17 milioni.
Allarmati i commenti dei responsabili del rapporto. Anche i paesi che oggi hanno un livello basso di obesità infantile saranno travolti dall’epidemia, se non si prenderanno provvedimenti urgenti per tutelare la salute dei più piccoli: per esempio, in Vietnam e Tanzania i piccoli obesi saranno 2 milioni, nella Repubblica Democratica del Congo 2,4 milioni.
Tim Lobstein, direttore della World Obesity Federation, che ha contribuito in maniera fondamentale a stilare il rapporto, ha commentato sul Guardian: “Finora le autorità sanitarie di tutto il mondo non hanno preso sul serio i dati che già avrebbero dovuto innescare una reazione, e solo adesso iniziano a intravvedersi i primi, timidi segnali positivi di intervento in quello che è sempre stato considerato solo un libero mercato, quello del cibo, contro il quale è sempre stato difficile agire anche per gli enormi interessi in gioco”. Eppure, prosegue l’esperto, chi già da bambino ha un indice di massa corporeo superiore a 30 o addirittura 35 (in questo caso è chiamato grande obeso) può aver bisogno di interventi sanitari costosi e rischiosi come la chirurgia bariatrica, è destinato ad ammalarsi di patologie come il diabete di tipo 2 anche in età infantile, e rischia il cancro e numerose malattie cardiometaboliche in età adulta.
Secondo Lobstein l’azione più efficace è senza dubbio quella sul junk food e, nello specifico, sui cibi ultraprocessati e sulle bevande zuccherate, che andrebbero regolamentati in modo del tutto diverso. L’offerta negli anni è cresciuta in modo esponenziale, mentre i prezzi sono scesi in misura altrettanto spettacolare, rendendo alimenti e bibite accessibili a chiunque , soprattutto a chi ha meno disponibilità economica.
Secondo Louise Baur, pediatra dell’Università di Sidney intervistata dal giornale britannico, la situazione attuale è frutto della sommatoria di più fattori tra i quali, oltre al cibo, vi sono il miglioramento dei trasporti pubblici, che hanno allontanato i ragazzi dalle camminate e anche dall’uso della bicicletta. Anche la disponibilità di computer e smartphone tiene i più piccoli incollati a divani e seggiole come pure la diminuzione degli spazi verdi urbani. Non a caso, è ciò che si sta verificando nei paesi emergenti, dove si registra un aumento del numero di ragazzi obesi.
Su un fatto però sono tutti d’accordo: l’obesità infantile è uno dei principali e più trascurati problemi di sanità pubblica a livello mondiale. E il prezzo, come per il clima, lo pagheranno gli adulti di domani.
© Riproduzione riservata
[sostieni]
Giornalista scientifica