L’obesità, come il diabete di tipo 2, le patologie cardio-e cerebrovascolari e alcuni tipi di tumore sono spesso definite malattie del benessere. Un termine che sottolinea l’associazione tra una condizione economica migliore rispetto, per esempio, alle generazioni precedenti, o all’emigrazione da un paese povero a uno più ricco, e patologie croniche non trasmissibili, a loro volta causate da sedentarietà e cambiamenti nella dieta. Per quanto riguarda l’obesità, malattia che è anche fattore di rischio per le altre, il termine è probabilmente non del tutto corretto, perché la sedentarietà c’entra molto meno di quanto una certa pubblicistica abbia sempre cercato di affermare, con uno scopo evidente: banalizzare, e se possibile nascondere, il ruolo della dieta.
A ribaltare la prospettiva e ad attribuire ai mutamenti nelle abitudini alimentari e, soprattutto, all’incremento della presenza di alimenti ultra processati nell’alimentazione quotidiana un ruolo centrale e decisamente più importante rispetto a quello derivante dal minor movimento è ora uno studio pubblicato su PNAS, che parte proprio da una prospettiva socio-economica e antropologica per dimostrare la corretta associazione.
Dai cacciatori-raccoglitori fino alle società più industrializzate
Per studiare l’associazione tra livello di sviluppo tecnologico ed economico e obesità, i ricercatori del Dipartimento di antropologia evoluzionistica della Duke University di Durham, in North Carolina, hanno analizzato i dati dei membri di 34 gruppi di adulti di età compresa tra i 18 e i 60 anni di popolazioni omogenee residenti nei sei continenti. Per avere un campione il più possibile completo, hanno scelto ogni tipo di gruppo sociale, da quelli che ancora oggi vivono come cacciatori-raccoglitori, a quelli che si basano essenzialmente sulla pastorizia, da quelli che vivono di pratiche agricole fino alle popolazioni che risiedono nelle grandi metropoli.
In totale, hanno analizzato i dati relativi all’indice di massa corporeo e al dispendio energetico quotidiano di 4.200 soggetti. Quindi hanno messo in relazione questi parametri e le loro variazioni con i consumi alimentari e con i dati economici dei paesi di residenza. Oltre a database pubblici, hanno utilizzato anche l’indice delle Nazioni Unite chiamato United Nations Human Development Index (HDI), che fornisce una misura della prosperità, del livello di scolarizzazione e della durata della vita media.

I risultati
L’esito delle valutazioni ha mostrato che, in realtà, nonostante l’accesso ai mezzi motorizzati e a mille altre comodità, le persone che vivono nei luoghi a maggiore tasso di sviluppo diminuiscono solo di poco la quantità di movimento e, di conseguenza, il consumo calorico quotidiano. La percentuale della diminuzione, assai variabile da realtà a realtà, è compresa tra il 6 e l’11% rispetto a quanto accade tra le popolazioni meno industrializzate.
Secondo i calcoli fatti, si tratta al massimo di un decimo del contributo all’aumento di obesità. Oltretutto, la corrispondenza è poco chiara e non molto affidabile, sottolineano gli autori. Di conseguenza, la diminuzione del movimento o comunque del consumo di calorie non basta a spiegare l’aumento del peso medio che accompagna lo sviluppo o lo spostamento in aree più industrializzate.
Obesità e qualità del cibo
Quando poi si va a verificare il quantitativo medio di calorie assunte, lo scenario cambia, ed emerge il ruolo assolutamente centrale di ciò che si mangia. Più si vive in paesi ricchi e sviluppati, maggiore è l’apporto calorico e, soprattutto, più evidente, fino a diventare maggioritaria, la presenza di alimenti ultra processati nella dieta quotidiana. Parallelamente agli ultra processati aumenta la quantità di grasso corporeo: è questo, secondo gli autori, che fa muovere la bilancia.
Ciò non significa che bisogna rinunciare a insistere sull’importanza dell’attività fisica costante, hanno concluso gli autori: i due fattori – dieta e movimento – sono complementari e la sedentarietà comporta numerosi altri effetti negativi (per esempio sulla circolazione o sulla salute delle ossa, oltreché sul benessere psichico). Tuttavia, se si vuole indicare il fattore principale che porta prima al sovrappeso e poi all’obesità, non ci sono dubbi: è ciò che si mangia, inteso come quantità e qualità, e tanto più rilevante quanto maggiore è la percentuale di ultra processati, con il loro bagaglio di sale, zuccheri, grassi saturi e additivi.
© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos.com
Giornalista scientifica


