Entro il 2015 la Nestlé e il suo partner per la produzione dei cereali per la prima colazione General Mills (insieme costituiscono la Cereals Partners Worldwide CPW), taglierà drasticamente il contenuto di zucchero e sale in almeno 20 tra i marchi più popolari venduti in 140 Paesi del mondo compresi gli Stati Uniti.
L’annuncio è stato dato dal colosso svizzero che, solo per il mercato extra-statunitense, vende ogni anno 3,5 miliardi di porzioni di cereali per un valore equivalente a 25 miliardi di dollari.
La riformulazione riguarderà in particolare:
– lo zucchero, che dovrà essere presente in quantità non superiori ai 9 grammi per porzione; in alcuni casi come i Cheerios al miele e i cerali Nesquik, questo significherà un taglio del 30% o più.
– il sale, che non dovrà superare i 135 milligrammi di sodio per porzione.
– il calcio, che invece salirà fino a rappresentare il 15% della dose media giornaliera consigliata (in Europa si arriverà così a 120 milligrammi/porzione).
– le farine integrali, che saranno presenti in quantità non inferiori agli 8 grammi per porzione
– le calorie, che non saranno superiori a 200 per porzione di cerali con latte
Secondo l’azienda, il cambiamento è una tappa del percorso intrapreso già nel 2003, che porterà verso cibi più sani. Da allora, dichiara la sede centrale, dalle ricette sono state rimosse 9.000 tonnellate di zucchero e 900 di sale in oltre 3,4 miliardi di porzioni.
Tuttavia, secondo altri commentatori, più smaliziati, il vero motivo è che un colosso del genere (secondo nel mondo solo a Kellog’s) si prepara a modificare gradualmente le ricette, prima che il cambiamento venga imposto da legislazioni nazionali che si avviano a essere sempre più restrittive in diversi Paesi.
Anche se la decisione della Nestlé è sicuramente positiva, in Gran Bretagna è in corso un dibattito, ripreso dall’agenzia stampa Reuters, in cui molti evidenziano altri fronti su cui intervenire in modo radicale e con urgenza.
L’associazione di consumatori Which? in una recente indagine ha dimostrato che 32 dei 50 marchi di cereali più venduti (numero che comprende la quasi totalità di quelli indirizzati ai bambini) sono pieni di zuccheri, al punto che alcuni, come i Cheerios al miele, hanno un tasso calorico paragonabile a quello di biscotti al cioccolato.
È vero che il contenuto di sale e zucchero è sceso negli ultimi anni, e che uno dei prodotti di CPW – Shredded Wheat – è stato giudicato il più sano tra quelli analizzati, ma secondo Which? uno dei punti più critici resta la pubblicità, che tenta di far passare questi alimenti come cibi sani.
Malcom Clark, coordinatore della Children’s Food Campaign of Britain Sustain, ente no profit per la tutela della salute dei bambini attento soprattutto agli inganni della pubblicità, ha commentato così la decisione di Nestlé: «Il cambiamento degli ingredienti è positivo, ma il vero punto è in che modo vengono presentati questi prodotti: non si può dire che sono più sani ma solo che diventeranno – nei prossimi anni – leggermente meno insani».
Diversi studi del Rudd Center dell’Università di Yale pubblicati negli scorsi mesi sembrano dargli ragione (vedi articoli sui cereali e bibite). Queste ricerche dimostrano che le grandi aziende stanno cercando di tamponare i possibili effetti negativi della nuove ricette, intensificando la pubblicità dei prodotti più zuccherati e ricchi di calorie rivolte ai bambini.
La direttrice del Rudd Center Jennifer Harris, non a caso, ha commentato: «C’è una differenza fondamentale tra ciò che le aziende pensano sia un miglioramento e ciò che l’opinione pubblica giudica sia un reale passo in avanti.
Le aziende riformulano i prodotti, ma continuano a proporre ai bambini gli alimenti più zuccherati in commercio, mentre dovrebbero smettere quantomeno di pubblicizzali».
Dal canto suo, la CPW ha dichiarato, tramite il capo esecutivo Jeffrey Harmening, che lo sforzo è quello di migliorare i cereali senza perdere quote di mercato, e che per questo l’azienda sta studiando, nel suo centro di Orbe, in Svizzera, nuovi metodi di cottura e di essiccamento per mantenere gusto e aroma, riducendo ulteriormente gli zuccheri e il sodio e aumentando le farine integrali. «Spendiamo un’enorme quantità di tempo e denaro per far sì che il consumatore non si accorga delle differenze» ha dichiarato Harmening.
Forse però, per ottenere risultati davvero significativi contro l’obesità, sarebbe più utile aiutare i consumatori – specie quelli più piccoli – a modificare le proprie abitudini e quindi proporre alimenti diversi e non necessariamente troppo dolci o salati.
Agnese Codignola
Foto: Photos.com, Nestle.it
Diamo un’occhiata anche al commento sarcastico dell’ottimo blog Fooducate http://blog.fooducate.com/2012/10/16/europe-rejoice-cereal-manufacturers-pledge-to-make-cereal-healthier/… come specifica chiaramente l’articolo di Agnese Codignola, è un’iniziativa per mettersi al riparo da interventi normativi senza cambiare davvero..e poi nel 2015……forse varrebbe la pena di citare Il Gattopardo? " cambiare tutto per non cambiare nulla"?
Bell’articolo, Ottima conclusione.
Paola Emilia commenta maliziosa, "a pensar male si farà anche peccato ma …. s’azzecca..", sono d’accordo con lei.
Inoltre suggerisco di provare a suddividere le diminuzioni di 9000 t di zucchero e 900 di sale per le 3,4 miliardi di porzioni, scoprirete quanto zucchero o sale in meno c’è stato in ogni porzione dal 2003 ad oggi ….
Fatto ? …..
Delusi è ?….
(Risposte da leggere dopo: rispettivamente 2,64 e 0,264 g in meno per porzione…)
èsecondo la mia opinione, è veramente ridicolo girare inorno al problema senza arrivare mai al succo: l’obiettivo delle multinazionali è quello di produrre alimenti che non saziano per incrementare i consumi,quindi prima o poi troveranno alimenti senza zucchero e senza sale che però stimolano l’appetito , prima che si troverà un rimedio anche a ciò l’obesità , con quello che ne consegue (cioè profitti per indistrie farmaceutiche) avrà raggiunto livelli inestimabili, per la felicità di tutti, media compresi.