Se il Governo britannico dovesse recepire tutte le indicazioni contenute nelle quasi 300 pagine del rapporto National Food Strategy appena presentato da un panel indipendente di esperti incaricati nel 2019, nei prossimi anni l’alimentazione dei cittadini del Regno Unito potrebbe cambiare radicalmente. Il sistema alimentare attuale, infatti, è la causa diretta di non meno di 64 mila morti all’anno, costa 74 miliardi di sterline in assistenza sanitaria, provocando metà delle malattie che affliggono gli over 45. È inoltre responsabile di gravi conseguenze per l’ambiente e dell’emissione di un quarto dei gas serra prodotti dal Paese.
Per questi motivi, scrivono gli esperti, è ora di intervenire in maniera drastica. Al cuore del problema, aggiungono, c’è il junk food, che ha ormai preso il sopravvento. Le aziende hanno infatti investito tutto sulla dipendenza indotta da sale, zuccheri e grassi, e hanno puntato su alimenti sempre più lavorati e malsani. Così le calorie dei cibi ultra-trasformati sono diventate tre volte più convenienti rispetto a quelle provenienti da alimenti più salutari. Il risultato è che è impossibile resistervi.
In base a tale presupposto, riporta la BBC, il rapporto propone una tassazione molto onerosa, pari a tre sterline per ogni chilo di zucchero e sei per ogni chilo di sale per l’uso negli alimenti industriali e in quelli offerti da ristorazione e aziende di catering: un livello di tassazione mai visto, che ha come scopo principale la moral suasion nei confronti dei produttori di cibi ultra-trasformati, affinché cambino velocemente e in modo assai significativo le ricette.
Tuttavia, da aumenti di prezzi di questa entità le prime a rimetterci potrebbero essere le fasce più povere della popolazione. Per questo il piano propone di alzare il reddito al di sotto del quale sono concessi robusti aiuti finanziari dalle attuali 7 mila a 20 mila sterline annue. Sussidi da finanziare con i proventi della tassazione, stimati in 3,4 miliardi di sterline all’anno. Se tale piano si realizzasse così come è proposto, ogni inglese potrebbe assumere tra 15 e 38 calorie in meno al giorno. Ma soprattutto potrebbe essere meno invogliato a scegliere alimenti di pessima qualità, e diventare più consapevole dell’aspetto nutrizionale di ciò che acquista.
Tra le raccomandazioni degli esperti ve ne sono poi anche altre che, a loro volta, potrebbero imprimere un reale cambiamento. Bisognerebbe infatti ridurre il consumo di carne del 30% in dieci anni, aumentare quello di fibre del 50%, diminuendo al tempo stesso quello di alimenti ricchi in sale, grassi e zuccheri del 25%. Per questo gli autori propongono il programma Community Eatwell, nell’ambito del quale i medici di famiglia dovrebbero prescrivere, esattamente come fanno con le terapie, una quantità sufficiente di frutta e verdura ai loro pazienti con un’alimentazione poco sana, e partecipare a un grande programma di educazione della popolazione, partendo dalle persone più vulnerabili perché a basso grado di istruzione e reddito. E non è tutto.
Poiché un piano di ampio respiro non può certo trascurare gli allevatori e gli agricoltori, è indispensabile accompagnare queste categorie nella transizione verso la sostenibilità e la produzione di alimenti più sani con sussidi economici almeno fino al 2029. Inoltre bisogna pianificare il destino delle terre, dividendole in parti uguali tra riserve, zone a bassa e ad alta intensità di sfruttamento agricolo.
Tutto ciò deve tenere conto anche degli altri Paesi del mondo, per evitare che lo sfruttamento della terra e delle persone sia semplicemente delegato a nazioni con meno strumenti per difendersi. A tal fine si devono varare accordi internazionali per uno scambio commerciale sostenibile ed equo. La ricerca sull’alimentazione e sulla produzione di cibo, poi, deve essere sostenuta con un miliardo di sterline. Infine, deve essere varato il Good Food Bill, una legge quadro che regoli tutto il sistema ponendo specifici obbiettivi di salute.
Il programma è stato stilato in collaborazione con i rappresentanti di alcune tra le più grandi aziende, che si dicono pronte a partecipare alla strategia: se fosse vero, l’occasione potrebbe essere davvero unica. Entro sei mesi il Governo dovrebbe rispondere con un White Paper.
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Giornalista scientifica
Non sono beni di prima neccessità, distruggono la salute, impoveriscono il pianeta.
Farli pagare al consumatore 10 volte tanto è l’unico modo incisivo per rieducare la popolazione.
E così chi invece ne consuma pochi e con moderazione è costretto comunque a pagare questi alimenti dieci volte di più per colpa di quelli che non sono capaci di darsi una regolata !!!
Io ancora non ho capito perché ci debba sempre essere qualcuno che ci smena per colpa di qualcun altro.
non li consumi visto che non servono alla nostra alimentazione e hai risolto.
Vorrei ricordare a Federico che non tutto ciò che facciamo è funzionale alla mera sopravvivenza, dato che è uno dei tratti più distintivi della nostra specie in natura.
Detto questo sono favorevole alla sugar tax ma credo che far pagare lo zucchero 10 volte tanto sia un’esagerazione, come Alberto anch’io rivendico il diritto di gustarmi qualche dolce di tanto in tanto senza doverlo comprare da un gioielliere visto che ho una dieta sana e faccio parecchio sport.
Senz’altro! Peró aboliamo anche tante altre cose inutili o non strettamente necessarie per la nostra vita, come il telefonino o la televisione, che sono comunque dannose perchè contribuiscono ad inquinare il pianeta, e torniamo tutti a coltivare i campi e ad allevare le bestie accontentandoci di quello che la sola natura ci offre. E se qualcuno si lamenta gli si dirà: qualcuno ha deciso per te, ed è per il tuo bene!