È stato scoperto dai Carabinieri dei Nas di Cremona un vasto traffico di farmaci veterinari illeciti da somministrare a bovini per aumentare la produzione di latte. L’operazione ha riguardato nove province (Cremona, Mantova, Bergamo, Verona, Brescia, Parma, Piacenza, Rovigo e Ragusa) ed è stata realizzata grazie a 48 decreti di perquisizione, di cui 31 in allevamenti intensivi che ospitano 15-20mila capi di bestiame da latte.
Le indagini hanno portato al fermo di un veterinario libero professionista che, insieme agli altri indagati professionisti del settore zootecnico, è stato trovato in possesso di una quantità ingente di farmaci veterinari privi di registrazione e autorizzazione all’immissione in commercio (due quintali circa di specialità medicinali comunitarie ed extracomunitarie, 20 chilogrammi di polvere anonima, verosimilmente antibiotico, e 500 confezioni di farmaci di provenienza extra Ue).
L’indagine, avviata nel mese di aprile, ha permesso di smascherare su un vasto traffico di somatotropina bovina provenienti dal mercato nero utilizzata per aumentare fino al 20% la produzione di latte. Le perquisizioni, eseguite dai militari all’interno di aziende commerciali e zootecniche, hanno portato al sequestro probatorio di 16 allevamenti, 4.079 capi di bestiame, 55 kg di sostanze farmacologicamente attive (tipo aspirina e antibiotici) illegali e da sottoporre ad analisi oltre a centinaia di confezioni medicinali veterinari irregolari. Alla fine dell’operazione sono state deferite all’Autorità giudiziaria 26 persone.
Fonte ANSA
Sara Rossi
Foto: iStockphoto.com
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Purtroppo questa non è che la punta dell’iceberg, la somministrazione coatta di farmaci agli animali da allevamento è la norma, non l’eccezione.
Questi antibiotici vengono somministrati spesso in sovradosaggio, cosicché finiscono nei liquami, poi nei campi, infine nelle falde acquifere dove a contatto con i batteri provocano resistenze che paghiamo sulla nostra pelle quando ci ammaliamo e l’antibiotico non funziona.
Quelli che trattiamo nell’articolo sono comportamenti illeciti. Non la norma anche se il problema è diffuso come abbiamo più volte scritto in altri post. Gli antibiotici comunque sono somministrati agli animali solo in caso di malattia non come regola di allevamento.
Nei grossi allevamenti (di polli soprattutto) gli antibiotici sono somministrati regolarmente e in maniera illecita, in quanto il sovraffollamento cui sono costretti provoca l’aumento di numerose patologie.
Per gli animali da reddito, la somministrazione di farmaci obbliga l’allevatore alla comunicazione all’azienda sanitaria, nonché all’allontanamento dell’animale dal gruppo, per il tempo utile alla terapia e alla convalescenza. Questo provoca una perdita economica, che viene nascosta attraverso l’acquisto del farmaco per vie traverse e la somministrazione coatta.
Se questo fosse un caso isolato, non avremmo l’antibioticoresistenza all’80%, per alcuni tipi di farmaci. Sono del settore e vedo questi casi con i miei occhi.
Il problema dell’antibiotico resistenza è più complesso, anche se la somministrazione agli animali di medicinali è una componente importante.
Si però il trattamento dei polli e dei volatili è permesso e regolamentato e teoricamente è stato valutato per tutti i suoi aspetti.
il problema è molto ampio, a partire dall’allevatore, dalle associazioni di categoria ai caseifici che ritirano il latte e che non controllano la presenza di antibiotici perchè anche per loro è un costo.
Sono d’accordo con Roberto che il problema è molto più ampio, non ultimo il fatto che noi prendiamo farmaci in dosi elevate e con molta facilità.
Quindi, se si riducesse il numero di capi non ci sarebbe bisogno di somministrare antibiotici in quantità elevate o, peggio, di sfroso. E magari l’allevatore potrebbe scoprire che alla fine, la perdita economica (che pare giustificare sempre e tutto)sarebbe inferiore…..no?
No, perchè il problema del trattamento per sovraffollamento è legato principalemte ai polli, per i bovini si usa per scopo più che altro fraudolento.
Purtroppo la perdita economica è veramente un problema pechè il margine di guadagno dell’allevatore è veramente risicato.
questo però non giustifica nulla perchè di norma dietro ai trattamenti illeciti c’è sempre la “furbizia” e non una necessità.
Gli antibiotici nel latte sono sostanze inibenti la caseificazione, i caseifici l’interesse economico a fare i controlli ce l’hanno eccome!
Quello che dici è verissimo, ma dipende dalla concentrazione. Bisogna tenere conto che il latte di un allevatore viene tagliato con quello di altri allevamenti e la concentrazione quindi si spalma. il controllo andrebbe fatto su ogni carico, e ti garantisco che non è così frequente perchè vorrebbe dire fermare il carico per il tempo necessario al prelievo ed al risultato delle analisi.
Ho avuto le vacche da latte fino ad 8 anni fa e ti assicuro che il prelievo veniva fatto ogni giorno in tutte le stalle e nel caso in cui l’analisi per un prelievo risultava positiva l’allevatore doveva pagare l’intera cisterna. Ti assicuro anche che le cose, in questi anni non sono cambiate.
conosco abbastanza bene il panorama dell’allevamento e della produzione di latte, e quello che dici è assolutamente vero. non lo metto in dubbio, ma non tutte le cooperative di raccolta o i caseifici sono uguali, se fosse come dice tu allora davvero non avremmo problemi.
Oppure si sentirebbero più spesso arresti e sequestri.
“e nel caso in cui l’analisi per un prelievo risultava positiva l’allevatore doveva pagare l’intera cisterna” questo conferma però che non bloccano il prodotto, e per di più, ti fanno pagare la cisterna, ma il latte non lo buttano.
Sono d’acordo con te che ci sono davvero cooperative che lavorano molto bene, ma non possiamo dire che attualmte è la regola.
Basandomi sulla mia esperienza non me la sento di essere così pessimista. Essendo socio di una cooperativa che commercializzava il latte ho avuto modo di avere rapporti con molti caseifici, dalle multinazionali nestlè – galbani – parmalat ad aziende più piccole come auricchio -igor ecc. e la regola era sempre uguale. Sinceramente non so che strada prenda il latte contenente antibiotici (probabilmente non va in discarica) tuttavia mi sento di affermare che i casi sono veramente pochi, a me non è mai capitato, anche perché il dover pagare l’intera cisterna ti obbliga a stare molto ma molto attento a non commettere errori, è senz’altro meglio buttare un secchio di latte.
Beh, io non prendo antibiotici con superficialità, cerchiamo di distribuire bene le colpe. Si stima che il ruolo degli allevamenti nella genesi dell’antibioticoresistenza sia primario. Sono chimico farmaceutico e conosco bene questo tema, leggete questo articolo per saperne di più
http://www.doctor33.it/allevamento-intensivo-aumenta-rischio-di-antibioticoresistenza/clinica/news-47585.html
Attenzione Sergio, non facciamo però confusione con i paesi. Non discuto l’autorevolezza dell’articolo, però teniamo conto che si riferisce ad uno studio condotto in America, dove i regimi farmaceutici sono ben differenti dai nostri, cito :«L’80% degli antibiotici venduti negli Stati Uniti è destinato all’allevamento intensivo, con lo scopo di migliorare la crescita degli animali», ed i quantitativi utilizzati (in base al n° di capi allevati) non sono paragonabili ai nostri. Non dico che tu prenda antibiotici con superficialità, ma innegabile che in Italia questo accada. Sicuramente però l’utilizzo massiccio negli allevamenti non aiutano il problema.
Sono d’accordo con Sergio, per quanto ne so’ l ‘utilizzo degli antibiotici e’ prassi consolidata per prevenire ancor prima che per curare
Il problema è che la somatotropina non è di facile rilevazione contrariamente agli antibiotici e che con il latte proveniente da quelle stalle si fanno formaggi in cui, presumo, l’ormone si concentri. Ricordo che stiamo parlando di allevamenti nell’area di produzione del Grana…da consumatore mi chiedo quanto possiamo parlare ancora di eccellenza di un prodotto???