Il 95% degli italiani consuma almeno una volta al mese una mozzarella, in genere, di latte vaccino. Nonostante la capillare diffusione del prodotto, pochi lo conoscono veramente perché solo una parte dei caseifici segue lo schema classico di lavorazione e utilizza i quattro ingredienti canonici: latte, fermenti, caglio e sale. Il consumatore quando si reca al supermercato trova sugli scaffali 5-6 tipi di mozzarelle vendute a prezzi variabili da 5 a 14 €/kg e fatica a capire le differenze. Per orientarsi viene in aiuto un test analitico, messo a punto all’inizio del 2010, da Michele Faccia insieme ad Aldo Di Luccia della facoltà di Agraria dell’Università di Bari. Il sistema permette di capire se il produttore usa al posto del latte fresco una cagliata refrigerata o congelata (semilavorato ottenuto sempre da latte, ma meno costoso perché prodotto in paesi molto più competitivi, e che presenta anche il vantaggio di ridurre i tempi e i costi di lavorazione).
La normativa vigente purtroppo non obbliga le aziende a riportare sulle etichette l’indicazione di origine delle materie prime e nemmeno l’obbligo di precisare l’impiego di cagliate.
– La vera mozzarella. Lo schema classico di produzione prevede l’aggiunta al latte vaccino di fermenti lattici, in modo da creare un ambiente acido, e del caglio ricavato dallo stomaco dei bovini per ottenere la cagliata. Dopo questa prima fase la cagliata riposa per 3-4 ore, lasciando così il tempo ai fermenti di agire. La seconda fase prevede l’aggiunta del sale e l’impasto in acqua bollente (la “filatura”) in modo da trasformare la cagliata in mozzarella. L’ultima operazione è il raffreddamento seguito dal confezionamento. I costi di questo sistema tradizionale sono elevati per via dei tempi morti durante la lavorazione e dell’impiego di latte fresco. Per produrre un chilo di mozzarella servono 7/8 litri di latte fresco e il caseificio deve essere dotato di un sistema di raccolta e di refrigerazione. La qualità finale dipende dalla bontà del latte e dai fermenti che determinano aroma e sapore. Queste mozzarelle si riconoscono perché sull’etichetta compaiono solo quattro ingredienti: latte, fermenti lattici, caglio e sale. I costi di produzione oscillano da 6 a 7 €/kg che raddoppiano al dettaglio.
– La mozzarella fast. Quando nel corso della produzione i fermenti lattici vengono sostituiti totalmente o in buona parte con acido citrico o acido lattico tutto diventa più semplice e, soprattutto, più rapido, perché si salta la fermentazione. C’è però un inconveniente, se l’azione dei fermenti lattici è ridotta, alla fine il formaggio ha meno sapore e si cerca di rimediare con maggiori quantità di sale. Si stima che la metà dei produttori utilizzi acido lattico e acido citrico per ridurre tempi e costi. La mozzarella fast si riconosce perché nell’elenco degli ingredienti normalmente si trova la dicitura: “correttore di acidità: acido citrico e/o acido lattico”. Il costo di produzione oscilla da 4,5 a 5 €/kg, che raddoppia al supermercato.
– La mozzarella senza latte esiste. Basta trasferire la cagliata congelata o refrigerata in acqua calda, aggiungere sale e, se necessario, un pizzico di acido citrico, filare l’impasto e infine raffreddare e confezionare. Il sistema è molto rapido, non serve il latte e i costi di produzione oscillano da 3,0 a 4,0 €/kg, che raddoppiano nel listino al dettaglio. Il prodotto non ha il sapore tipico di fresco, il colore può tendere maggiormente al giallo (ma attenzione, perchè questo non è di per sé un aspetto negativo), la struttura è meno “succosa” e, se si usa cagliata conservata da molto tempo, la mozzarella ha più il sapore del formaggio che non di latte fresco. Sull’etichetta dovrebbero essere indicati i seguenti ingredienti: “cagliata, acqua, sale, – seguiti dagli additivi: – acido citrico, lattico e, se presente, sorbato di potassio”. Tuttavia, poiché la legge non obbliga ad indicare il termine “cagliata”, raramente questa parola compare tra le diciture in etichetta.
– Le mozzarelle pizzeria (vere e finte) hanno tutte la forma di parallelepipedo e sono utilizzate da molti pizzaioli perchè contengono meno acqua. Quelle finte sono ottenute con cagliate refrigerate o congelate, miscelate con proteine del latte in polvere e in qualche caso con formaggio fuso e costano meno per via degli ingredienti meno pregiati. Il vantaggio è che quando la temperatura della pizza scende sotto i 50°C, la finta mozzarella pizzeria fila ancora e questo aspetto è molto apprezzato dai clienti. Per evitare problemi legali sulle etichette non compare la parola mozzarella, ma solo nomi di fantasia come “pizzetto”, “pizzottelo”, “pizza fast”, “pronto pizza”… Attenzione però perchè in vendita ci sono anche marche famose che propongono vera mozzarella pizzeria a forma di parallelepipedo (dal’aspetto più asciutto rispetto a quella tipica ottenuta solo da latte e fermenti). Quindi non sempre la forma rettangolare equivale alle finte mozzarelle.
Di fronte a tanta confusione è necessario ridefinire le categorie merceologiche e stabilire che la mozzarella vera si fa in un solo modo. Gli altri tipi di formaggio a pasta filata, che costano meno e rappresentano il 50% del mercato, possono essere tranquillamente commercializzati ma devono essere classificati in altri modi.
Un test pubblicato nel giugno 2011 dalla rivista Altroconsumo su 17 mozzarelle di latte vaccino, confermava l’esistenza di un buon livello igienico e nella prova del gusto dà un giudizio accettabile a quasi tutti i campioni. Ai primi posti Valtenera dei supermercati In’s, seguita da Granarolo, Conad e Land dei supermercati Eurospin. Negativo il parere sul sapore di Sole e Galbani Santa Lucia.
Roberto La Pira
Foto: Photos.com
Non sono tanto sicuro che la normativa vigente (il DLgs 109/92) NON OBBLIGHI ad indicare l’ingrediente "CAGLIATA" nelle mozzarelle fatte con questo semilavorato…
La CAGLIATA E’ UN
INGREDIENTE COMPOSTO (appunto da latte, caglio e sale) e pertanto andrebbe
riportata con la sua denominazione in etichetta, così come previsto
dall’art. 5, comma 11 e 12 del DLgs 109 che recita così:
"11. Un ingrediente composto può figurare nell’elenco degli ingredienti con
la propria denominazione prevista da norme specifiche o consacrata dall’uso
in funzione del peso globale, purché sia immediatamente seguito dalla
enumerazione dei propri componenti.
12. La enumerazione di cui al comma 11 non è obbligatoria:
a) se l’ingrediente composto, la cui composizione è specificata dalla
normativa comunitaria in vigore, rappresenta meno del 2 per cento del
prodotto finito; detta disposizione non si applica agli additivi, salvo
quanto disposto all’articolo 7, comma 1 (24);
b) se l’ingrediente composto, costituito da miscugli di spezie e/o erbe,
rappresenta meno del 2 per cento del prodotto finito; detta disposizione non
si applica agli additivi, salvo quanto disposto all’articolo 7, comma 1;
c) se l’ingrediente composto è un prodotto per il quale la normativa
comunitaria non rende obbligatorio l’elenco degli ingredienti".
La Cagliata, non rientrando in nessuna delle tre esenzioni, ANDREBBE QUINDI
INDICATA NELL’ELENCO DEGLI INGREDIENTI IN ETICHETTA nel seguente modo: "Ingredienti: Cagliata (latte, caglio, sale), sale, correttore di acidità : acido citrico e/o acido lattico..".
Non capisco perchè non se ne pretenda l’applicazione.
Non condivido tutto ciò che e stato scritto in quest’articolo, pure discretamente preciso. Il fatto, per esempio, d’indicare "senza latte" la mozzarella da cagliata e un errore, infatti la cagliata altro non e che il primo prodotto ottenuto dal latte in fase di caseificazione, con le successive lavorazioni la cagliata diventa pasta filata e, quindi, mozzarella. I nostri caseifici, storicamente, congelano la cagliata nei mesi di maggiore produzione di latte per poi utilizzarla quando e inferiore l’offerta di materia prima. La lavorazione con cagliata genuina, inoltre, costa mediamente più di quella con latte fresco.
Diverso e il discorso per le cagliate che, incontrollate, giungono sul mercato da ogni dove e per i derivati sintetici della caseina.
Tra le mozzarelle Esselunga, Galbani Santa Lucia, Granarolo, Vallelata, solo quest’ultimo non riporta tra gli ingredienti l’acido citrico. Ma che ci vendono senza saperlo? Ce n’è ancora di strada da fare per rendere il consumatore davvero informato! Menomale che c’è il FattoAlimentare che consente di conoscere come stanno realmente le cose.
Santa Lucia addirittura scrive sul proprio sito che "L’acido citrico è molto diffuso in natura, è presente in quasi tutta la frutta e persino nel latte. Il suo utilizzo nella produzione della mozzarella sostituisce l’aggiunta di fermenti lattici esaltando cosi il sapore dolce di latte fresco."(http://www.galbani.it/prodotti/santa_lucia/prodotti/mozzarella/index.html) Insomma è proprio buono eh..
Grazie per questo articolo!! Effettivamente c’e’ troppa poca informazione su un prodotto cosi’ delicato e fortemente utilizzato in praticamente tutto il mondo.
Premetto che non sono riuscito a leggere l’articolo completo di AltroConsumo, mi chiedo però come mai Granarolo è nei primi posti, dal momento che in etichetta non compare la dicitura "fermenti lattici". Infatti sia nella mozzarella classica Granarolo che quella fatta con latte di Alta Qualità , compare solo la dicitura caglio microbico, che non indica i fermenti lattici, bensì un prodotto di qualità scadente. Nella light Granarolo compare invece la dicitura "fermenti lattici".
Grazie
Caro consumatore
esistono due tipi di tecnologie per produrre la mozzarella: per fermentazione e per acidificazione diretta. Vi e’ poi una metodologia che prende dall’una e dall’altra ed e’ considerata pertanto una tecnologia ibrida. Non eâ
se volete la mozzarella, compratela dai caseifici,purtroppo per voi quasi tutti in alcune zone del sud, i prodotti industriali sono 1 altra cosa. Se si gira, anche al nord arriva la mozzarella fresca ogni giorno, costa ma ogni tanto mangerete della vera mozzarella.
tutto vero quello che dice il Sig Vittori riferito all acidificazione diretta e indiretta , ma la vera differenza la fa’ il latte nel sapore e i bravi casari che sanno il momento giusto della filatura ecc ecc detto da un casaro grazie.
io credo dopo aver letto i vari commenti, il tutto si può risolvere indicando il luogo di produzione del latte (eslatte della murgia barese, o latte estero)e non indicare la dicitura sololatte. grazie