Il pane funzionale “ideato” a Bologna si aggiudica uno dei due assegni del “Premio Montana”. Il 26 settembre scorso a Roma sono stati resi noti i vincitori della sesta edizione del “Premio Montana alla Ricerca Alimentare”, il concorso istituito dal gruppo Cremonini per sostenere giovani ricercatori italiani e incoraggiare la ricerca scientifica sull’alimentazione.
Gianna Ferretti, docente all’Università Politecnica delle Marche e curatrice del blog Trashfood, ha intervistato per Il Fatto Alimentare Marco Malaguti, ricercatore del gruppo di lavoro* del Dipartimento di Biochimica “G. Moruzzi” dell’Università di Bologna, che si è aggiudicato uno dei due premi con la ricerca: “Pane funzionale per la prevenzione delle malattie cronico-degenerative”.
Fino ad oggi tra gli alimenti funzionali sul mercato italiano hanno prevalso il latte e prodotti caseari (yogurt) contenenti acidi grassi Omega 3, fibre e probiotici. Come è nato l’interesse per un pane funzionale?
L’interesse per questo cibo in particolare, nasce dalla multidisciplinarietà del nostro team.
Il gruppo di colleghi con cui abbiamo presentato il progetto comprende infatti esperti nei campi della fisiologia vegetale, della microbiologia e della biochimica, appartenenti ai dipartimenti di Scienze e Tecnologie Agroambientali e di Biochimica “G. Moruzzi” dell’Università di Bologna.
Nel loro insieme queste competenze sono fondamentali al fine di caratterizzare quelle proprietà necessarie per poter definire funzionale un alimento. È insito nella definizione di questa categoria di cibi che le proprietà preventive e protettive per la salute vengano esercitate attraverso alimenti di normale consumo, assunti nelle quantità compatibili con una regolare e bilanciata dieta.
A questo proposito, quindi, il pane si propone come ottimo esempio di alimento potenzialmente funzionale, esso infatti, è alla base della dieta mediterranea ed è regolarmente consumato dalla popolazione.
Pertanto individuare nei frumenti o nei processi di panificazione elementi tali da conferire al prodotto finito un valore aggiunto in termini di prevenzione nei confronti delle patologie cronico degenerative permetterebbe di parlare di un “pane funzionale”.
Quali composti bioattivi sono stati oggetto della vostra attenzione?
Gli aspetti attualmente investigati sono molteplici. Innanzi tutto si sta valutando il profilo di polifenoli e flavonoidi che caratterizza diverse varietà di frumento, sia moderne che antiche, e proprio queste sembrano essere particolarmente ricche di questi composti rispetto alle più recenti che, al contrario sono state selezionate proprio per il ridotto contenuto di metaboliti secondari e per la maggior produttività in termini di contenuto di carboidrati e proteine.
Un secondo aspetto oggetto di studio consiste nella selezione delle migliori combinazioni di batteri lattici e lieviti capaci di garantire il migliore processo di panificazione. La presenza di enzimi ad azione proteasica e fitasica presenti in tali batteri e lieviti contribuirà alla produzione di un pane con un ridotto contenuto di componenti allergizzanti e con meno fitati, noti agenti anti nutrizionali.
Inoltre alcuni recenti studi suggeriscono che la lievitazione con paste madri, che appunto coinvolge miscele di lieviti e batteri lattici, contribuisca alla liberazione, dalla componente proteica del frumento, di un peptide individuato anche in altri vegetali, come la soia, detto lunasina attualmente studiato per le proprietà antiossidanti, antinfiammatorie, ipotensive e chemiopreventive. Pertanto la liberazione di lunasina durante il processo di panificazione potrebbe rappresentare un ulteriore valore aggiunto di questo tipo di pane.
A quali malattie malattie cronico-degenerative è indirizzato il pane funzionale studiato nel vostro laboratorio?
Lo stress ossidativo è una caratteristica comune a moltissime malattie cronico degenerative, come quelle cardiovascolari, neurodegenerative e su base infiammatoria. Il nostro progetto avendo fra gli obiettivi quello di indagare l’effetto di un pane funzionale sulla capacità dell’organismo di contrastare lo stress ossidativo, potrebbe potenzialmente agire a livello della prevenzione di tutte quelle patologie che hanno tra le altre, anche questa causa alla base della loro eziopatogenesi.
Sono stati già condotti studi in vivo per valutare la biodisponibilità e l’efficacia dei composti bioattivi?
Il progetto prevede, nella sua parte conclusiva, anche uno studio in vivo per verificare l’efficacia sull’uomo dei nutraceutici presenti nel “Pane Funzionale”.
Quando avremo il pane funzionale sugli scaffali?
Lo studio si articola su due anni di lavoro, indagini preliminari sono già state condotte ed altre fasi del progetto sono attualmente in divenire, ci auguriamo quindi che le ricerche possano concludersi e concretizzarsi positivamente nei tempi prestabiliti.
Gianna Ferretti (Curatrice del Blog Trashfood)
Foto: Photos.com
* Il gruppo è costituito dai ricercatori: Marco Malaguti, Cecilia Prata, Ilaria Marotti, Sara Bosi, Valeria Bregola, Raffaella Di Silvestro, Loredana Baffoni e Irene Aloisio.
mi rende felice che l’onesta ricerca alimentare confermi le forti qualità nutrizionali e "funzionali" di un cibo antico e quotidiano come il pane. ovviamente, solo quello prodotto (come per secoli) con farine fresche da cereali di varietà originaria, puro "lievito madre" (o pasta acida) e acqua "vitale". senza dimenticare la passione nel farlo. grazie e buon lavoro
è il pane che facevano le nostre nonne. questi non hanno inventato nulla