Il Consiglio dei ministri il 12 ottobre 2015 ha esaminato preliminarmente la direttiva europea 2014/63/UE sul miele, in attesa dell’approvazione definitiva delle Commissioni competenti di Camera e Senato. In etichetta i consumatori non noteranno grandi cambiamenti perché rimane l’obbligo di indicare il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto e, nel caso si tratti di miscela di mieli provenienti da più Paesi, specificare se si tratti di nazioni Ue, extra Ue o entrambi.
La vera novità riguarda la proibizione eliminare o aggiungere qualunque componente specifica del miele, incluso il polline e a definire quest’ultimo. Nel testo della direttiva infatti viene espressamente specificato che il polline, solitamente presente nel prodotto in misura poco rilevante (0,5% circa), non è “un ingrediente” ma una “componente naturale” del miele. Si legge: “le api sono all’origine della presenza di polline nel miele. I granuli pollinici cadono nel nettare raccolto dalle api. Nell’alveare, il nettare raccolto e contenente granuli pollinici è trasformato in miele dalle api. Stando ai dati disponibili, il polline aggiuntivo nel miele può provenire dal polline sui peli delle api, dal polline nell’aria all’interno dell’alveare e dal polline immagazzinato dalle api in celle e rilasciato in seguito all’apertura accidentale di tali celle durante l’estrazione del miele da parte degli operatori alimentari.”
Secondo Coldiretti la scelta di definire una volta per tutte questa sostanza comporta delle ripercussioni soprattutto per quanto riguarda la quantità di polline Ogm ammesso. L’associazione spiega: “Un conto è calcolare il residuo dello 0,9% sull’ingrediente*, un’altra cosa è valutarlo sull’intero prodotto. Ad esempio, in un vasetto di miele da 1 kg che contiene in totale un grammo di polline l’obbligo di etichettatura si applica solo con la presenza di ben 9 grammi di polline transgenico e, quindi ciò non avverrebbe praticamente mai anche se tutto il polline fosse transgenico”.
Una preoccupazione che non condivide Raffaele Cirone, presidente della Federazione apicoltori italiani (Fai) «È da considerarsi forviante l’indicazione che suggerisce al consumatore il rischio di assunzione di miele italiano contenente polline geneticamente modificato, anche in virtù della scelta recente che l’Italia ha fatto collocandosi tra quegli Stati membri dell’UE sul cui territorio è vietata la coltivazione e la sperimentazione con OGM in agricoltura».
Nessun problema quindi per chi sceglie miele prodotto in Italia o negli altri Paesi che hanno deciso di non coltivare piante geneticamente modificate.
«La vera battaglia, – continua Raffaele Cirone – è da combattere contro le contraffazioni e le adulterazioni, ancora diffuse. Tra queste la vendita di miele straniero spacciato per italiano oppure dichiarare un miele monoflora, ottenuto prevalentemente da una specie botanica, quando ciò non corrisponde al vero. Per avere informazioni oggettive sull’origine botanica e geografica di un miele, l’analisi melissopalinologica rappresenta l’unica soluzione. Solo analisi accurate possono tutelare consumatorie e produttori».
* Lo 0,9% di tracce di OGM è la soglia massima consentita per i prodotti alimentari (anche biologici) se la loro presenza è involontaria e tecnicamente inevitabile.
© Riproduzione riservata. Foto: Valentina De Santis
Le donazioni si possono fare:
* Con Carta di credito (attraverso PayPal): clicca qui
* Con bonifico bancario: IBAN: IT 77 Q 02008 01622 000110003264
indicando come causale: sostieni Ilfattoalimentare
Giornalista, redattrice de Il Fatto Alimentare, con un master in Storia e Cultura dell’Alimentazione
Sono favorevole a queste nuove direttive ed anche al controllo contro eventuali furbetti.
Ho solo un dubbio però: come si fa a rilevare un OGM? Lascia davvero qualche traccia?
Nel caso le api abbiamo bottinato anche piante geneticamente modificate, questo si può scoprire analizzando il polline che è un componente naturale del miele. Per questo è importante che non ci siano interventi dell’uomo ad aggiungere o togliere questo componente. Per avere informazioni oggettive sull’origine botanica e geografica di un miele, l’analisi melissopalinologica rappresenta l’unica soluzione.
Non pensavo fosse possibile.
Grazie per aver chiarito il mio dubbio.
Scusate l’intervento, forse un pò banale.
Ma come utente finale, cioè come consumatore che si reca al supermercato, mi devo porre tutte queste domande e fare, oltre alla scansione ottica solita dell’etichetta, ora anche l’analisi melissopalinologica?
Forse il sistema migliore per un miele naturale è limitarsi all’acquisto di prodotti che vengono elaborati solo sul territorio vicino a casa? In qualsiasi caso non posso conoscere cosa cade dal cielo assieme alla pioggia o cosa viene riversato nella falda freatica, ma del resto questo è valido per qualsiasi altro alimento.
L’analisi melissopalinologica viene fatta da tecnici esperti a tutela anche dei consumatori. Quello che può fare Lei è una scelta informata.
La ringrazio per l’immediata risposta. Grazie anche a voi sto cercando di fare “scelte informate”, anche se non vedo la luce in fondo al tunnel. L’utopia è che sarebbe bello poter comperare al negozietto sotto casa, quanto al supermercato, senza dover essere obbligati a fare una scansione ottica dell’etichetta tutte le volte. Un’onestà verso gli altri ormai persa irrimediabilmente.
Se in Italia sono vietate le coltivazioni di geneticamente modificati, per i mieli italiani non dovrebbe esistere il problema del polline inquinato da questa mutazione.
Infatti se si sceglie miele italiano, o dei paesi europei che non permettono coltivazioni ogm i problemi di contaminazione sono ridotti al minimo