Piccoli pellet di plastica. Micro plastica. inquinamento atmosferico Microplastiche

Le tecnologie sempre più avanzate permettono di scovare nano e microplastiche in cibi e bevande in quantità molto maggiore di quanto si pensava. La produzione mondiale di plastica si avvicina ai 400 milioni di tonnellate all’anno e sembra che ovunque gli scienziati cerchino questo materiale, nell’ambiente, lo trovino: dal fondo della Fossa delle Marianne, ai ghiacci dell’Antartide, fino alla cima del Monte Everest.
Anche gli studi condotti sugli organismi ne hanno mostrato l’onnipresenza. Minuscole particelle di plastica sono state trovate persino in esseri umani viventi, in due zone dove non erano mai state viste prima: nei polmoni di un paziente sottoposto a intervento chirurgico e nel sangue di donatori anonimi.

Microplastiche & company

Le microplastiche rappresentano, di fatto, un problema ormai noto a tutti e su cui è doveroso fare riflessioni approfondite, pur con tutte le cautele del caso. Le MP possiedono la capacità di assorbire e concentrare contaminanti ambientali (metalli pesanti, pesticidi, PCB e molto altro) per poi rilasciarli negli organismi che le ingeriscono, assieme alle sostanze di cui sono esse stesse fatte (ftalati, ritardanti di fiamma).
Secondo le statistiche si scaricano più di 30 milioni di tonnellate ogni anno nell’acqua o sulla terra. Inoltre molti prodotti realizzati con plastica, compresi i tessuti sintetici, rilasciano particelle mentre sono ancora in uso.
A differenza della materia organica naturale però, la maggior parte della plastica non si decompone in sostanze relativamente benigne. Semplicemente si divide e si ridivide in particelle sempre più piccole della stessa composizione chimica. Inoltre al di là delle singole molecole, non esiste alcun limite teorico a quanto piccole possano diventare.

acqua versata da bottiglia di plastica trasparente microplastiche
Lo studio si è concentrato sulla ricerca di nanoplastiche in tre famose marche di acqua staunitensi

Microplastiche nel corpo umano

Ma il recente, allarmante, studio condotto dal laboratorio Lamont-Doherty della Columbia University potrebbe gettare nuova luce sul problema, mettendo in discussione quello che finora sapevamo. O meglio, pensavamo di sapere. Ricorrendo a una sofisticata tecnica, con sensibilità e specificità senza precedenti, i ricercatori hanno approfondito un mondo completamente nuovo: il regno poco conosciuto delle nanoplastiche.
Derivate dalla ulteriore degradazione delle microplastiche, si ritiene che le NP siano più tossiche poiché le loro dimensioni ridotte le rendono molto più suscettibili di penetrare nel corpo umano. Secondo lo studio, sarebbero in grado di passare, attraverso l’intestino e i polmoni, direttamente nel flusso sanguigno e viaggiare da lì ad altri organi tra cui cuore e cervello.
Secondo un altro recente studio potrebbero anche essere in grado attraversare la placenta e raggiungere i corpi dei bambini non ancora nati.

Microplastiche: frammenti con dimensioni da 1 µm a 5 mm di lunghezza
Nanoplastiche: frammenti con dimensione inferiore a 1 µm

L’acqua in bottiglia

Chiaro è che sebbene i medici stiano ancora indagandone nel dettaglio i possibili effetti sull’organismo umano, già rilevarne la presenza desta non poca preoccupazione.
Lo studio americano ha approfondito la ricerca di frammenti in tre famose marche di acqua imbottigliata e commercializzata negli Stati Uniti. Si sono analizzate le particelle di plastica fino a soli 100 nanometri di dimensione. Per avere un’idea della dimensione basti pensare che i Coronavirus hanno dimensioni di 100-150 nm di diametro, circa 600 volte più piccolo del diametro di un capello umano.

Secondo i dati della Columbia University, in media un litro d’acqua contiene circa 240.000 frammenti di plastica, da 10 a 100 volte in più rispetto alle stime precedenti che consideravano principalmente particelle di plastica più grandi. Lo studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), ha anche cercato di identificare la natura delle plastiche rilevate. Ne sono state individuate ben sette tra cui ovviamente il PET, polimero tipicamente usato per realizzare i contenitori di bevande. Ma la plastica rilevata in maggior quantità è stata, sorprendentemente, la poliammide: un tipo di nylon utilizzato nei filtri che purificano l’acqua prima che venga imbottigliata.

Sono state identificate anche altre materie plastiche (polistirolo, polipropilene, polietilene, polimetilmetacrilato e PVC) e a inquietare è la nota conclusiva presente nello studio. I sette tipi di plastica rilevati rappresentano solo circa il 10% di tutte le nanoparticelle trovate nei campioni e i ricercatori non hanno idea di cosa possa essere il resto.
Se tutte fossero nanoplastiche, ciò significherebbe che i frammenti realmente presenti potrebbero essere decine di milioni per litro.

© Riproduzione riservata. Foto: AdobeStock, Depositphotos

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gianni
gianni
29 Gennaio 2024 20:03

Siamo così allarmati, e già da decenni, che non succede quasi nulla, se ne produce sempre di più e molte delle nuove attività che salveranno il mondo ne fanno ampio uso…..si vede dal colore del fumo quando brucia una qualche azienda.
Forse non è chiaro che è l’uso della plastica a rilasciare le particelle, l’uso regolare e la dispersione da cattivo recupero e riciclo è solo una delle numerose aggravanti.
Ma forse non fa male mangiare e respirare le particelle, questa è la nostra unica speranza.

Sandro kensan
29 Gennaio 2024 23:08

Mi sono posto il problema e ho optato per usare l’acqua del rubinetto ma per problemi tecnici sto usano un filtro con un lunghissimo tessuto di materiale plastico. Mi sono informato e non c’era niente di meglio. Ho però presente da molto tempo che quella è una fonte di micro e nano plastiche. Ho pensato di usare dei filtri a carboni attivi sotto il lavello ma ho scartato la soluzione. I filtri hanno sempre il lato negativo.

Roberto La Pira
Reply to  Sandro kensan
30 Gennaio 2024 08:51

I sistemi di filtrazione hanno l’inconveniente della manutenzione

giova
giova
Reply to  Roberto La Pira
13 Febbraio 2024 09:55

sì, e di non sapere mai quanto ha assorbito, con il rischio incontrollabile di un rilascio delle sostanze trattenute

Antonio
Antonio
11 Febbraio 2024 10:17

Tanto bla bla e aria fritta contro la plastica in tanti anni ma in realtà la santifichiamo ogni giorno con pubblicità martellante di acque minerali miracolose. E’ ipocrisia allo stato puro parlare dei problemi collegati all’uso di contenitori e imballaggi di plastica e poi riempire i supermercati di bancali stracolmi di acque e bibite di ogni genere. I produttori fanno il loro interesse ma i Governi dove sono? Cosa fanno realmente per contrastare questo soffocamento del Pianeta? O sono disattenti, o incapaci o peggio conniventi.

franco
franco
12 Febbraio 2024 10:17

Non c’è obbligo di acquistare prodotti in bottiglia di plastica, ce la propinano in tutte le varianti per qualsiasi imballaggio di qualsiasi prodotto, solo e sempre plastica e polistirolo, ci vuole un cambio di rotta alla base della grande distribuzione ma aspetta e spera…

giova
giova
13 Febbraio 2024 09:51

Un articolo sintetico e ben scritto, molto chiaro, esplicativo, con esempi che che aiutano la comprensione.
E sconfortanti informazioni a me nuove; come, ad es., “Le MP possiedono la capacità di assorbire e concentrare contaminanti ambientali (metalli pesanti, pesticidi, PCB e molto altro) per poi rilasciarli negli organismi che le ingeriscono, assieme alle sostanze di cui sono esse stesse fatte (ftalati, ritardanti di fiamma).